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  • Ridurre le emissioni delle auto? Prima accordiamoci sul calcolo

    Sebbene negli ultimi trent’anni l’UE sia riuscita a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, quelle prodotte dal settore dei trasporti hanno continuato ad aumentare. Secondo una relazione della Corte dei Conti Europea (ECA), gli obiettivi di riduzione dell’UE per le auto nuove non saranno raggiungibili finché mancheranno alcuni prerequisiti importanti. All’origine dell’aumento delle emissioni di CO₂ legate alle vetture c’è il numero di auto attualmente in uso. Sulla base dei dati Eurostat e Odyssee-Mure, in 10 anni il parco circolante nell’UE è aumentato del 20 per cento, passando da 211 milioni nel 2010 a 253 milioni nel 2021. Anche se, per contro, la distanza media annuale percorsa è diminuita del 13 per cento, passando da 13.000 km nel 2004 a 11.300 km nel 2019. Nonostante le grandi ambizioni europee e i requisiti stringenti, per la maggior parte delle vetture che circolano sulle strade dell’UE le emissioni calcolate in condizioni reali si sono ridotte di poco (-4,6 per cento per le auto a benzina). Il progresso tecnologico in termini di efficienza del motore è purtroppo annullato dall’aumento della massa dei veicoli (in media circa +10 per cento) e della potenza dei motori stessi (in media +25 per cento). Tutto ciò, nonostante le norme contenute nel regolamento sui livelli di performance in materia di emissioni di CO₂ delle vetture nuove, l’atto legislativo di riferimento a livello UE adottato nel 2009 e oggetto di modifiche importanti nel 2019. Dal 2010 il regolamento ha fissato un valore-obiettivo di anno in anno decrescente in capo ai produttori automobilistici per le emissioni medie di CO₂ relative alle auto immatricolate nell’anno. Ogni casa automobilistica è tenuta a dichiarare le emissioni di CO₂ di un veicolo sul certificato di conformità (CdC) e deve pagare un’indennità se non raggiunge valori-obiettivo specifici. I costruttori possono ridurre le emissioni producendo auto che consumano minori quantità di carburante, o veicoli a zero emissioni (allo scarico, aggiungiamo noi) o combinando le tecnologie (ad esempio, con auto ibride ricaricabili). Ai fini del regolamento, il calcolo delle emissioni di CO₂ prodotte dalle singole auto è basato sulle misurazioni effettuate in condizioni di laboratorio standardizzate. Ricordiamo, peraltro, che le emissioni effettive dipendono grandemente dall’uso degli autoveicoli: maggiori saranno le percorrenze, maggiori saranno consumi ed emissioni, benché la proporzione dipenderà dall’efficienza. La Corte dei Conti Europea, esaminato il quadro normativo UE in materia di omologazione dei veicoli (il cui scopo è assicurarsi che le emissioni misurate in laboratorio corrispondano ai livelli dichiarati dai costruttori), si aspettava che le autorità di omologazione degli Stati membri eseguissero controlli adeguati sui valori di CO₂ dichiarati nei CdC e che la Commissione disponesse di informazioni sufficienti a riguardo. L’ECA ha invece riscontrato debolezze nei controlli degli Stati Membri sui valori di CO₂ dichiarati sul CdC. Le autorità di omologazione sono tenute ad assicurarsi che i costruttori abbiano verificato le emissioni di CO₂ di un numero minimo di veicoli prodotti; si tratta, nello specifico, di effettuare almeno una prova in laboratorio ogni 5.000 prodotti in ciascuna famiglia di veicoli. La qualità di queste verifiche deve essere garantita dalla presenza fisica delle autorità durante almeno una di queste prove per ogni costruttore nell’arco di tre anni. La Commissione è tenuta a effettuare valutazioni ogni cinque anni. Nonostante il quadro normativo sia in vigore dal settembre 2020, a metà del 2023 la Commissione non aveva né effettuato né programmato alcuna valutazione e i contatti tra la Commissione e le autorità di omologazione nazionali si sono limitati a poche riunioni all’anno nel “Forum per lo scambio di informazioni sull’applicazione”. Le debolezze nei controlli effettuati dalle autorità di omologazione, unite al fatto che la Commissione non sa come questi vengano svolti, si traducono in garanzie insufficienti circa l’esattezza dei valori di CO₂ indicati nei CdC. Ai sensi del regolamento sulle emissioni di CO₂ delle auto, la Commissione è adesso tenuta a raccogliere informazioni sul consumo reale di carburante di tutte le auto nuove immatricolate dal 2021 e a pubblicarle in forma aggregata. Informazioni chiare e mirate sulle (effettive) emissioni e dunque sui consumi di carburante (reali) dei veicoli sarebbero anche d’aiuto nelle decisioni d’acquisto dei consumatori.

  • Dalla geotermia il litio per le batterie: negli USA nuove riserve

    La crescita della produzione di vetture elettriche (con il conseguente aumento della domanda di batterie) e lo sviluppo di impianti eolici e solari richiede una sempre maggiore quantità di minerali, a partire dal litio. Una tendenza che porterà nei prossimi decenni a un probabile deficit dell’offerta. Secondo uno studio condotto dai ricercatori del Lawrence Berkeley National Laboratory su incarico del DoE, il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, la cosiddetta Salton Sea Known Geothermal Resource Area (KGRA), nel sud della California, potrebbe contenere le più grandi riserve di litio del Paese. In particolare, i risultati della ricerca hanno mostrato che le acque geotermiche nell’area del Salton Sea, un lago salato di quasi 900 km quadrati, contengono 3,4 milioni di tonnellate di litio, sufficienti per 375 milioni di batterie per veicoli elettrici: un numero maggiore di tutte le auto, camion e furgoni che circolano attualmente sulle strade degli Stati Uniti. I ricercatori hanno stimato che il contenuto totale di litio disciolto nella porzione del bacino geotermico di Salton Sea ammonta a 4,1 milioni di tonnellate di carbonato di litio equivalente. Riserve che potrebbero aumentare a 18 milioni di tonnellate se si sarà in grado di accedere all’intero bacino geotermico di Salton Sea per la produzione di elettricità e di estrarre completamente il litio dalle salamoie geotermiche risultanti. Secondo il DoE, la combinazione con la produzione di energia geotermica rende maggiormente fattibile l’estrazione del litio e il pieno sfruttamento dell’area consentirebbe di soddisfare la domanda globale di litio per alcuni decenni. Attualmente a Salton Sea sono installati 400 MW di capacità geotermica, ma il potenziale stimato è di 2,95 GW. I risultati della ricerca stanno tuttavia suscitando grande preoccupazione tra gli abitanti della zona; si teme infatti che i progetti di estrazione del litio possano peggiorare la già carente situazione idrica di quest’area desertica.

  • Eolico offshore, in Germania due progetti per 1,2 GW

    Per promuovere l’eolico offshore, l’Agenzia federale marittima e idrografica della Germania (BSH) ha concesso ai TSO - i gestori della rete di trasmissione - di installare nuove connessioni di rete nelle zone economiche tedesche del Mare del Nord e del Mar Baltico. I nuovi sistemi autorizzati prevedono il collegamento diretto a 66 kV: un nuovo standard che consente la connessione direttamente alla piattaforma di conversione tramite cavi sottomarini. In questo ambito, l’Agenzia ha autorizzato due progetti, per una capacità totale di 1,2 GW. Il primo prevede l’installazione della sottostazione Jasmund, a circa 42 km al largo del nord-est di Rugen, nel Mar Baltico, che riceverà direttamente l’elettricità delle turbine del parco eolico offshore Ostwind 3 tramite cavi sottomarini lunghi 100 km. Il sistema di connessione, che entrerà in servizio nell’autunno 2026, potrà trasmettere fino a 300 MW di elettricità. Nel Mare del Nord sarà invece costruita la piattaforma DolWin Delta, a circa 45 km a nord di Norderney, che grazie a cavi sottomarini con una lunghezza totale di 60 km potrà ricevere l’elettricità proveniente direttamente dalle turbine delle installazioni offshore della zona. La messa in servizio è prevista entro l’autunno 2028 e avrà una capacità di 900 MW. Entrambe le piattaforme, oltre alla possibilità di accesso via nave, sono dotate di ponti di atterraggio per elicotteri. Il governo tedesco si è posto come obiettivo di installare 70 GW di nuova capacità eolica offshore entro il 2045.

  • Biocarburanti e low carbon fuels, benzina verde per la decarbonizzazione

    Sembra ormai appurato che la piena decarbonizzazione nei trasporti difficilmente potrà essere raggiunta con la sola opzione “tutto elettrico”. Anche perché l’andamento attuale delle immatricolazioni delle e-car, pur registrando incoraggianti incrementi, non compensa la flessione delle altre alimentazioni. Lo spiega qui, numeri alla mano, Antonio Sileo, Vicedirettore di Nuova Energia. “In Italia, dove le immatricolazioni di auto elettriche si attestano intorno al 4 per cento del totale, se si volesse sostituire l’intero parco circolante occorrerebbero teoricamente circa trent’anni”. Per questo è necessario un nuovo approccio tecnologicamente neutrale, partendo ad esempio dallo sviluppo e utilizzo dei biocarburanti avanzati, prodotti senza nulla togliere alle colture alimentari. “I Low Carbon Fuels, rispetto all’idrogeno ma anche rispetto all’energia elettrica, presentano il rilevante vantaggio di poter essere utilizzati direttamente tramite le infrastrutture esistenti non solo dai mezzi nuovi, ma dalla generalità dei veicoli in circolazione: autovetture, veicoli commerciali leggeri, pesanti, autobus e motocicli”. Biocarburanti che, proprio per la caratteristica di poter decarbonizzare una parte rilevante dei veicoli in circolazione, meriterebbero maggiore favor normativo riguardo agli obiettivi in capo ai produttori automobilistici. O, almeno, pari a quello già previsto per gli e-fuel.

  • Incentivi auto, a ruba i fondi per le non elettriche

    Fondi pressoché dimezzati in 24 ore. Quasi 2,5 milioni l’ora il ritmo delle richieste dei 120 milioni di euro disponibili. Questa la misura della corsa all’accaparramento degli incentivi per l’acquisto di auto - benzina, gasolio, Gpl e metano - ibride e non, purché con emissioni di CO2 inferiori a 135 g/km e prezzo non superiore a 42.700 euro (IVA inclusa). Il ritmo delle richieste è più che raddoppiato rispetto al 2023, ma va detto che quest’anno la piattaforma su cui concessionari e rivenditori prenotano il contributo è stata attivata 13 giorni dopo. L’importo unitario dell’incentivo è piuttosto modesto - 2.000 euro - e l’erogazione è subordinata alla contestuale rottamazione di una Euro 0, 1, 2, 3 o 4. E ad andare a ruba, come successo negli anni scorsi, sono solo gli incentivi destinati alle vetture senza spina. È anche vero che per le auto elettriche e ibride plug-in (queste ultime anche lo scorso anno più acquistate delle prime) si aspettano i nuovi e più generosi incentivi che verosimilmente non arriveranno prima di fine febbraio. Tuttavia, è un fatto che nel 2023, come e più di quanto accaduto in precedenza, i fondi destinati alle “a zero e basse emissioni” - per usare l’opinabile terminologia dei regolamenti dell’Unione Europea - sono restati in gran parte non richiesti: più di 94,3 milioni di euro per le elettriche, oltre 198,7 per le ibride ricaricabili, in tutto più di 293 milioni. Un valore che si commenta da sé e dice moltissimo sulle preferenze - ed evidentemente anche sulle esigenze - degli Italiani. Di cui, numeri alla mano, si dovrebbe tenere maggior conto. Mentre infatti ci si perde in chiacchere sulla valenza miracolistica degli incentivi, il parco circolante - in Italia come nel resto dei Paesi dell’Unione - continua placidamente a crescere e invecchiare. a.s. P.S. Naturalmente chi volesse beneficiare dell’incentivo per le auto più richieste farebbe bene a correre in concessionaria. Tuttavia, come rispondiamo a parenti e amici, quello che conta davvero è il (vero) prezzo finale, meglio se scontato.

  • Fotovoltaico in Africa, nuovi progetti per 50 MW in Sierra Leone

    Lo sviluppo della generazione rinnovabile in Africa continua, almeno sulla carta. A margine della COP28 di Dubai è stata infatti annunciata la realizzazione di quattro nuovi impianti solari in Sierra Leone, uno degli Stati africani con il minor tasso di accesso all’elettricità. I quattro parchi fotovoltaici avranno una capacità complessiva di 51,5 MW e beneficeranno di un pacchetto di finanziamenti per 52 milioni di dollari (circa 47,5 milioni di euro) da parte di alcune istituzioni finanziarie internazionali, tra cui la Netherlands Development Finance Company, la British International Investment e Proparco, il braccio finanziario del settore privato dell'Agenzia francese per lo sviluppo. Più nel dettaglio, un impianto da 25 MW sarà costruito a Makoth e sarà collegato alla linea di trasmissione a 161 kV Freetown - Bambuna, così da aumentare la fornitura di elettricità alla capitale. Le centrali di Bo-Kenema, con una capacità di 12 MW, di Kono (10 MW) e di Port Loko (4,5 MW) forniranno invece elettricità alle regioni di Bo, Port Loko e Koidu. In Sierra Leone oggi la rete copre unicamente la capitale Freetown e le aree di Bo-Kenema e Makeni, mentre nelle zone rurali, dove risiede la maggior parte delle persone, l’accesso all’elettricità è praticamente inesistente. Secondo i dati di IRENA, nel 2021 solo il 28 per cento della popolazione aveva accesso all’elettricità. Una volta in funzione, si stima che i quattro parchi solari potranno aumentare del 30 per cento la fornitura di elettricità nel Paese. Un ambizioso obiettivo del governo della Sierra Leone prevede che entro il 2030 il 90 per cento degli abitanti abbia accesso all’elettricità, grazie soprattutto alla realizzazione di mini grid.

  • Trasporto marittimo, in Belgio il primo rimorchiatore con motore a idrogeno

    Una delle conseguenze della globalizzazione è la costante crescita dei viaggi da una parte all’altra del mondo. L’aumento dei flussi sia di persone sia di merci, in porti e aeroporti ha importanti effetti anche sul fronte dell’inquinamento. Il porto di Anversa-Bruges, il più grande in Europa per traffico di container e che punta a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, ha annunciato la messa in servizio del rimorchiatore Hydrotug 1, il primo al mondo alimentato da motore a combustione interna che brucia idrogeno in combinazione con il carburante tradizionale. La nuova imbarcazione, insieme ad altri rimorchiatori a propulsione elettrica in prossima consegna, contribuirà a rendere più ecologica la flotta in servizio nell’area portuale. Hydrotug 1, completamente realizzato in Europa, utilizza motori da 2 MW BeHydro V12 a doppia alimentazione a media velocità, con post-trattamento conforme EU Stage V (SCR e filtro antiparticolato). L’imbarcazione può immagazzinare 415 kg di idrogeno compresso in 54 bombole installate in 6 contenitori sul ponte, con una riduzione del 65 per cento del consumo di carburante tradizionale (diesel) che consente di diminuire drasticamente le emissioni climalteranti. Ogni anno le navi effettuano ogni anno oltre 300.000 movimenti nell’area portuale e nei primi nove mesi del 2023 hanno fatto scalo nel porto di Anversa-Bruges 15.316 navi container e 133 navi da crociera, con un traffico totale di 204,4 milioni di tonnellate di merci.

  • Simona Alberini (ABB) “La sostenibilità è questione di trasparenza e integrità”

    La transizione ecologica impatta su ogni aspetto della nostra quotidianità e su tutti i processi industriali, che vanno ripensati. L’approccio sostenibile dell’azienda, gli obiettivi che si pone e i risultati raggiunti sono alcuni tra i temi toccati nell’intervista di copertina a Simona Alberini, Country Holding Officer e presidente del Consiglio di Amministrazione di ABB. “Incorporiamo la sostenibilità in tutto ciò che facciamo, per creare valore a lungo termine.  Per noi è una questione di trasparenza e integrità, perché in ABB non conta solo ciò che facciamo, ma come lo facciamo”. Strategia di sostenibilità al 2030 di ABB che si basa in particolare su tre pilastri: ridurre le emissioni di CO2, preservare le risorse, promuovere il progresso sociale; principi legati tra loro dalla determinazione di agire con integrità e trasparenza lungo tutta la catena del valore. “Abbiamo ridotto i rifiuti, aumentato la riutilizzabilità dei materiali ma soprattutto abbiamo reso i nostri prodotti più durevoli. Con ABB EcoSolutions garantiamo la piena trasparenza sugli impatti ambientali dell’intero ciclo di vita dei prodotti che riportano questa etichetta”. Oggi, circa il 40 per cento dei siti di ABB ha smesso di inviare rifiuti alle discariche e gli stabilimenti di Frosinone e di Santa Palomba - che assieme a quello di Dalmine hanno ottenuto il riconoscimento del Ministero delle Imprese e del Made in Italy come Lighthouse Industry 4.0 - hanno già raggiunto l’obiettivo di zero rifiuti industriali smaltiti in discarica. Decarbonizzazione e sostenibilità hanno come grande alleato anche il risparmio energetico. Quali gli strumenti a disposizione, le applicazioni possibili e gli sviluppi futuri? “Le tecnologie ABB si rivolgono a quei settori - industria, edifici, trasporti e infrastrutture - che rappresentano tre quarti del consumo energetico globale. Per questo vogliamo aiutare clienti e fornitori a migliorare l’efficienza e ridurre le emissioni, ottimizzando i consumi”. Tecnologie che permettono ad esempio di controllare e ottimizzare i consumi degli impianti elettrici degli edifici e il corretto dimensionamento dei macchinari, così da evitare sprechi di energia, e che sono fondamentali per l’elettrificazione dei trasporti. “Siamo impegnati non solo nella mobilità elettrica su strada, ma anche nell’elettrificazione del trasporto ferroviario e di quello nautico. Forniamo a tutte le ferrovie europee componenti per i sistemi di trazione dei treni, soluzioni di stoccaggio di energia per batterie e servizi di ammodernamento”. ABB è inoltre pioniere per le soluzioni di shore connection delle navi in porto, con sistemi per traghetti, navi da crociera e portacontainer. Grazie a questa tecnologia una nave da crociera può spegnere i motori, collegandosi a una rete elettrica di terra, eliminando il rumore e le vibrazioni, e riducendo le emissioni di CO2 fino al 35 per cento durante la sua sosta in porto.

  • Fine Maggior Tutela, AIGET a confronto con il Ministro Pichetto Fratin

    Il superamento del regime dei prezzi amministrati nei mercati dell’energia elettrica e del gas è tema di stringente attualità, affrontato anche in trasmissioni televisive di taglio generalista (alcune sere fa anche il presidente ARERA Stefano Besseghini, ospite di Bruno Vespa a Cinque Minuti su Rai1, ha affrontato la questione dei possibili aumenti per i consumatori). A partire dai più recenti sviluppi di questo a lungo atteso passaggio, il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin ha ricevuto Leonardo Santi, presidente AIGET, insieme ai vicepresidenti Giuseppe Alfano, Luca D’Ago, Antonio Ponzo Pellegrini e Piergiacomo Sibiano, per un momento di aggiornamento e di confronto. Secondo l’Associazione Italiana di Grossisti di Energia e Trader, che rappresenta gran parte degli operatori del mercato libero, il superamento delle tutele di prezzo “si sta confermando una importante opportunità di risparmio e di libera scelta per tutti i consumatori”. Il presidente Santi ha ringraziato il Ministro per l’utile occasione di scambio e rinnovato l’apprezzamento per l’effettuazione delle aste per la transizione al nuovo Servizio a Tutele Graduali. “Le prime informazioni sugli esiti, per quanto ufficiose - ha dichiarato Loenardo Santi, presidente AIGET - confermano quanto sostenuto da AIGET riguardo alle possibilità di una reale concorrenza, con i connessi benefici sui prezzi per i clienti finali”. AIGET valuta positivamente anche le soluzioni adottate dal Decreto Energia in tema di gestione semplificata e automatizzata delle domiciliazioni bancarie e di gestione delle possibili ripercussioni della cosiddetta «clausola sociale»; miglioramenti che hanno contribuito ad aumentare ulteriormente la concorrenza nel processo di assegnazione del Servizio a Tutele Graduali. Riguardo al tema dell’efficienza energetica in edilizia nel contesto del progressivo superamento del Superbonus, AIGET ha confermato le proposte già avanzate al MASE: la necessità di stabilizzare il quadro normativo, prorogandone la validità almeno al 2030, oltre a riconsiderare la strutturazione delle opzioni di cessione del credito almeno per le progettualità che accedono al regime ordinario, introducendo opportune limitazioni e correttivi per evitare possibili distorsioni.

  • La fotografia del teleriscaldamento in Italia nell’Annuario AIRU 2023

    L’Associazione Italiana Riscaldamento Urbano - AIRU ha pubblicato la nuova edizione dell’Annuario Il Riscaldamento Urbano sulla situazione del teleriscaldamento in Italia. Completo di schede tecniche di dettaglio relative a oltre 150 reti presenti sul territorio, è l’unico volume che offre una completa, dettagliata e aggiornata overview del settore. I numeri parlano di 231 centri urbani raggiunti dal servizio, 279 reti - che diventano 429, se includiamo nel novero anche quelle di piccole dimensioni - per oltre 5.000 chilometri di tracciato, 393 milioni di metri cubi riscaldati e 11.515 GWh termici consegnati all’utenza.  Cifre che hanno consentito al nostro Paese di evitare l’emissione di circa 1,8 milioni di tonnellate di CO2 e risparmiare 0,5 Mtep in termini di energia primaria. Risultati, tuttavia, ben al di sotto del potenziale del teleriscaldamento in Italia che secondo l’analisi del Politecnico di Milano ed Elemens potrebbe raggiungere i 59 TWh di energia termica erogata, alle condizioni di mercato dell’energia previste per il 2030. “Gli studi promossi - scrive Ilaria Bottio, segretario generale dell’AIRU - certificano che il teleriscaldamento italiano è pronto a intervenire in un contesto su cui opera già da molto tempo. Basta che sia permesso al settore di esprimere il proprio potenziale”. L’edizione 2023 dell’Annuario conta circa 53 chilometri di nuove reti e un incremento di quasi 68 chilometri di quelle esistenti, per una crescita totale di 122 chilometri rispetto al 2022. Reti che continuano a migliore la propria efficienza e a contribuire alla transizione ecologica con un uso sempre maggiore di bioenergie, del recupero di calore di scarto industriale, del solare termico e della geotermia.

  • Tasmania: sole, vento e nuove interconnessioni (anche sott’acqua!)

    Il Ministro dell’Energia e delle rinnovabili della Tasmania, Stato insulare dell’Australia caratterizzato dalle molte riserve naturali, ha annunciato la realizzazione di quello che sarà il più grande parco fotovoltaico del Paese. Il Northern Midlands Council ha approvato un progetto da 288 MW nei pressi del piccolo borgo agricolo di Cressy. L’impianto sarà composto da 670.000 pannelli fotovoltaici e integrato con un sistema di accumulo a batteria. Il progetto prevede la realizzazione di una nuova linea di trasmissione da 220 kV che collegherà la centrale alla rete che già serve la città di Launceston, distante circa 35 chilometri. La costruzione del parco fotovoltaico dovrebbe iniziare nel 2025 e, una volta in funzione, concorrerà al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità dello Stato insulare. In Tasmania, dove il mix energetico è caratterizzato per oltre il cinquanta per cento dall’idroelettrico, sono in corso di realizzazione altri importanti progetti rinnovabili, come i parchi eolici di North East Wind - 210 turbine e una capacità di 1,26 GW - e di Robbins Island, con una potenza installata di 900 MW. Inoltre, è in fase di sviluppo il Marinus Link, una nuova interconnessione elettrica sottomarina da 1,5 GW che migliorerà il collegamento tra la Tasmania e lo Stato australiano di Victoria.

  • Rinnovabili, dalla UE 75 milioni di euro per i Balcani

    Continua il sostegno delle istituzioni europee allo sviluppo della generazione di energia rinnovabile nei Balcani occidentali. Nell’ambito del sesto pacchetto di investimenti del Piano economico e di investimenti per la regione balcanica, l’Unione Europea ha approvato una sovvenzione di 75,4 milioni di euro a beneficio di progetti in Albania e Bosnia-Erzegovina. L’intervento della UE andrà a sostegno di un impianto solare in Albania e di due parchi eolici nella Bosnia-Erzegovina, per un valore complessivo stimato di 333 milioni di euro. La wind farm di Poklečani, con un costo stimato di oltre 200 milioni di euro, riceverà un contributo di 44,1 milioni di euro. Una volta completato, l’impianto avrà una capacità di 132 MW e una produzione annua di 436 GWh. La messa in funzione è prevista per il 2027. Sempre la Bosnia riceverà un finanziamento di 21,7 milioni di euro per il parco eolico di Vlašić, che ha un costo stimato di 90,9 milioni di euro. Con una potenza installata di 50 MW e una produzione annua attesa di 112 GWh, questo impianto - situato a nord-ovest della città di Travnik - dovrebbe essere completato entro il 2028. Il terzo progetto, che riceverà 9,6 milioni di euro dalla UE, è il parco solare di Belshi, in Albania, che dovrebbe essere completato entro il 2026. Con un costo totale previsto di 41,8 milioni di euro, la centrale fotovoltaica produrrà 79 GWh l’anno consentendo di soddisfare il fabbisogno elettrico equivalente di 16.000 famiglie. Oltre ai fondi della UE, i progetti potranno contare su prestiti erogati dalla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo e dalla Banca Europea per gli Investimenti. Il sesto pacchetto di investimenti del Piano economico e di investimenti per i Balcani occidentali comprende anche due progetti ferroviari in Albania e Montenegro.

  • Idrogeno, testato il prototipo di elettrolizzatore di Ansaldo Green Tech

    Idrogeno, vettore del futuro. Se ne parla da tanto e nei contesti più disparati - l’altra mattina perfino al bar ho assistito a una lezione sui vantaggidell’H2. Ma oltre a discutere di progetti e di relativi colori (per non perdere le occasioni di costruire una filiera industriale italiana, sarebbe più efficace concentrarsi non solo sui toni di verde), l’idrogeno è necessario produrlo. Ed è quello su cui sta lavorando Ansaldo Green Tech, che nell’ambito del programma di sviluppo di elettrolizzatori a membrana a scambio anionico ha concluso con successo i propri test sui prototipi. Il traguardo raggiunto porterà la società del gruppo Ansaldo Energia ad avere uno short stack commerciale da 1 MW (lo stack è la cellula dell’impianto dove le molecole d’acqua vengono scisse in ossigeno e idrogeno). I prototipi, le cui celle elettrochimiche hanno un’area attiva di diverse migliaia di centimetri quadrati, sono stati testati fino al raggiungimento della piena potenza, superando le attese in termini di densità di corrente ed efficienza. L’elettrolizzatore di Ansaldo Green Tech è caratterizzato da un minore utilizzo di materie prime critiche e di elettroliti, da una elevata flessibilità (che lo rende idoneo a seguire la ciclicità delle fonti rinnovabili) e dalla possibilità di produrre idrogeno in pressione. Rispetto alle tecnologie tradizionali, gli elettrolizzatori AEM riducono sensibilmente l’utilizzo di materiali critici quali platino e iridio, risultando quindi potenzialmente più competitivi, e non lavorando in ambiente alcalino sono anche più sicuri e rispettosi dell’ambiente. Il programma prevede ora il completamento della test facility per continuare la fase di verifica delle prestazioni e poter procedere verso l’obiettivo di industrializzazione del prodotto e successiva commercializzazione. In parallelo, proseguono le attività di ricerca e sviluppo finalizzate al miglioramento delle performance di elettrodi e membrane. Lo sviluppo di elettrolizzatori di nuova generazione rappresenta un importante contributo all’evoluzione green del portafoglio di Ansaldo Energia, volta ad ampliare il perimetro di attività del Gruppo e a supportare il processo di decarbonizzazione del Paese, offrendo nuove tecnologie di generazione e conservazione dell'energia. La produzione di idrogeno a prezzi sostenibili e a basso impatto ambientale è infatti elemento essenziale nella transizione energetica; processo che vede Ansaldo Energia all’avanguardia nella produzione di turbogas capaci di bruciare idrogeno in proporzioni significative. In prospettiva, gli elettrolizzatori potranno anche essere proposti sul mercato nucleare per la produzione di pink hydrogen. Questo risultato di ricerca è frutto della collaborazione con l’Università degli Studi di Genova, partner di Ansaldo Energia nel progetto NEMESI (Nuovi Elettrodi e Membrane per Elettrolizzatori a Scala Industriale) per la ricerca sull’idrogeno, supportato dai fondi PNRR con un finanziamento di 4 milioni di euro e sviluppato da Ansaldo Green Tech con il contributo scientifico del Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica e Ambientale (DICCA) della Scuola Politenica dell’Università di Genova, NEMESI - che ha l’obiettivo di sviluppare elettrodi e membrane innovativi per la produzione di idrogeno in elettrolizzatori di taglia industriale basati sulla tecnologia AEM (Anion Exchange Membrane) - segna il ritorno del Gruppo nello sviluppo di componenti elettrochimici, dopo la precedente esperienza di Ansaldo Fuel Cell, e rappresenta per Ansaldo Green Tech il primo passo del percorso per diventare Original Equipment Manufacturer nel settore dell’elettrolisi. “Gli obiettivi europei al 2030 rendono imperativo agire prontamente a favore della transizione ecologica. L’impegno di Ansaldo Energia e dell’Università di Genova rappresenta un segnale concreto in questa direzione - ha dichiarato Federico Delfino, Rettore dell’Università di Genova -  oltre che essere un esempio vincente di sinergia ricerca-industria”.

  • Elettricità e rinnovabili: al Bangladesh 160 milioni di dollari per la rete

    In ogni parte del mondo prosegue la crescita della generazione da fonti rinnovabili. Con un corollario: la necessità di intervenire sulle infrastrutture di trasporto e distribuzione per mantenere il sistema elettrico sicuro, efficiente e stabile. L’Asian Development Bank (ADB) ha approvato un prestito di 160 milioni di dollari (circa 149 milioni di euro) al Bangladesh per contribuire all’adeguamento della rete di distribuzione elettrica di Dhaka, migliorandone l’efficienza e l’affidabilità. In particolare, grazie al sostegno di ADB, saranno realizzate otto sottostazioni e 150 chilometri di nuove linee aeree, oltre a circa 100 chilometri di cavi sotterranei. La nuova infrastruttura fornirà energia affidabile a 1,3 milioni di abitanti della capitale, di cui 200.000 nuovi utenti, e al nuovo terminal aeroportuale. Gli interventi serviranno inoltre a migliorare la capacità operativa della Dhaka Electric Supply Company, la società elettrica nazionale, e a proteggere la rete elettrica dai rischi legati a eventi metereologici, come le inondazioni. Una volta ultimato, il progetto contribuirà ad evitare l’emissione di 14.700 tonnellate di CO2 ogni anno. In Bangladesh, dove si sta assistendo a una rapida e massiccia urbanizzazione, si prevede che nella capitale la domanda di energia aumenterà del 10 per cento ogni anno fino al 2042. Il governo di Dhaka si è posto come obiettivo di raddoppiare la capacità di generazione di energia entro il 2030.

  • In Angola nuovo impianto FV da 150 MW (ma niente eolico)

    Prosegue lo sviluppo di progetti rinnovabili in Africa. A margine della COP28 svoltasi a Dubai, il Ministero dell’Energia e dell’Acqua dell’Angola ha annunciato la prossima costruzione di un impianto solare fotovoltaico da 150 MW nel sud del Paese. La centrale sarà costruita nella regione di Quipungo e una volta in funzione sarà in grado di soddisfare il fabbisogno elettrico di 90.000 abitazioni della regione, consentendo inoltre di evitare ogni anno l’emissione di 224.000 tonnellate di CO2. Il parco solare di Quipungo contribuirà al raggiungimento degli obiettivi al 2025 del governo di Luanda, che punta ad avere il 70 per cento di capacità rinnovabile e di raggiungere un tasso di accesso all’elettricità del 60 per cento della popolazione, contro il 43 per cento del primo trimestre 2023. Attualmente, il mix energetico del Paese vede l’idroelettrico al 59,7 per cento, seguito da gas e petrolio (35,7 per cento complessivo) e dal solare al 3,8 per cento. Sempre in Angola è in corso anche un ampio programma di elettrificazione rurale, che secondo il governo consentirà di portare entro il 2027 l’energia elettrica in 126 località, soddisfacendo il fabbisogno di circa tre milioni di persone. Da notare come, nonostante molte zone del Paese presentino condizioni favorevoli di vento, al momento non è in programma la costruzione di parchi eolici onshore.

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