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  • Energy storage e batterie, un’opportunità per l’Europa

    Con l’auspicata crescita dei veicoli elettrici e il continuo sviluppo della generazione rinnovabile è in forte aumento in tutto il mondo la domanda di batterie per l’energy storage. Un settore - quello dell’accumulo di energia - che in Europa dipende fortemente dall’approvvigionamento di materie prime critiche concentrate in pochissimi Paesi. Il mutare di piani strategici o geopolitici dei Paesi fornitori può mettere a serio rischio la produzione europea di tecnologie green, come dimostra la recente decisione della Cina - che fornisce alla UE il 98 per cento di terre rare - di porre nuove restrizioni sull’esportazione di alcuni tipi di grafite. Unione Europea che prevede al 2030 un fabbisogno 18 volte maggiore di litio e 5 volte di cobalto rispetto ai livelli attuali per la fabbricazione di batterie per veicoli elettrici e per l’energy storage; numeri che cresceranno ulteriormente al 2050. Uno scenario che se da una parte ha già costretto le aziende europee a ottimizzare le fasi di produzione, dall’altra può anche rappresentare un’opportunità di sviluppo. La ricerca di nuove tecnologie, il riciclo e riuso dei materiali rappresentano infatti una strada per ridurre la dipendenza. Secondo il Fraunhofer Institute for Systems and Innovation Research (ISI), tecnologie come le batterie agli ioni metallici, metallo-zolfo, metallo-aria e a flusso redox potrebbero ridurre la pressione su mercati, così come le batterie allo stato solido, (che si prevede compiranno progressi importanti già nel 2024) o agli ioni di sodio. Come emerge dal report Alternative Battery Technologies Roadmap 2030+, secondo i ricercatori del Fraunhofer ISI alcune tecnologie - come le batterie sodio-zolfo e a flusso redox ad alta temperatura - sono già in uso, mentre nel prossimo futuro le batterie agli ioni di sodio potrebbero essere sempre più utilizzate nella mobilità elettrica, soprattutto nelle auto di piccole dimensioni. In un’ottica di medio termine, le batterie al litio-zolfo troveranno applicazione nei droni e quelle allo zolfo-sodio o agli ioni di zinco per usi stazionari. Ma anche tecnologie meno sviluppate, come le batterie allo zinco, al magnesio o agli ioni di alluminio, le batterie RT al sodio-zolfo o le batterie zinco-aria hanno un elevato potenziale, grazie soprattutto alla disponibilità di grandi risorse in Europa. Il crescere della domanda di batterie per auto avrà come conseguenza anche un incremento di quelle da riciclare. Sempre secondo il Fraunhofer ISI, la quantità aumenterà di cinque volte dal 2030 al 2040, anche se si desse una seconda vita alla maggior parte di queste come accumulatori stazionari per la stabilizzazione della rete. Riciclo delle batterie e recupero dei materiali che, sebbene al momento non risulti particolarmente redditizio, potrebbe però in un prossimo futuro rappresentare un altro pilastro per l’industria europea, aumentandone la sostenibilità e la competitività. Innovazioni tecnologiche, ultime tendenze e sviluppi di mercato saranno in mostra a Monaco di Baviera, che ospiterà dal 19 al 21 giugno 2024 la nuova edizione di ees Europe, la fiera più grande d’Europa per batterie e sistemi di accumulo, e di Power2Drive, la manifestazione internazionale per le infrastrutture di ricarica e la mobilità elettrica. Organizzate da Solar Promotion, ees e Power2Drive fanno parte di The Smarter E Europe, la più grande piattaforma europea per il settore dell’energia, che comprende anche le fiere settoriali EM-Power e Intersolar.

  • Germania e HVDC, pubblicato il nuovo Piano di sviluppo della rete elettrica

    Lo sviluppo della generazione rinnovabile può risultare inutile se non supportato da adeguate infrastrutture di trasmissione. In Germania la Bundesnetzagentur - l’Agenzia federale per le reti - ha pubblicato il Piano di sviluppo 2023-2037/2045 per una rete di trasmissione climate-neutral che delinea il quadro di espansione necessario per completare la transizione. Il Piano prevede la realizzazione di circa 4.800 chilometri di nuove linee e il potenziamento di circa 2.500 chilometri di reti esistenti. I nuovi progetti di rete elettrica riguardano 5 linee in corrente continua ad alta tensione (HVDC), ognuno con capacità di trasmissione di 2 GW: tre collegheranno la Bassa Sassonia all’Assia, alla Sassonia e al Baden-Württemberg, mentre due porteranno elettricità dallo Schleswig-Holstein al Meclemburgo-Pomerania Anteriore e al Baden-Württemberg. Nel Piano di sviluppo della rete elettrica è presente inoltre l’indicazione degli interventi necessari per collegare la crescente produzione dei parchi eolici offshore nel Mar Baltico e nel Mare del Nord. La Bundesnetzagentur ha confermato la necessità di realizzare altre 35 linee entro il 2045, per una capacità totale di trasmissione di 70 GW, in conformità all’obiettivo fissato dall’Offshore Wind Energy Act. Alla fine maggio 2024 l’Agenzia pubblicherà anche il rapporto sull’impatto ambientale dei progetti confermati nel Piano di sviluppo della rete.

  • Idrogeno verde, in Australia un progetto da 50.000 tonnellate

    Il Governo australiano, che punta a far diventare il Paese uno dei principali hub mondiali per la produzione di idrogeno verde, ha annunciato un finanziamento di 1,7 milioni di dollari australiani (poco più di 1 milione di euro) a sostegno dello studio di fattibilità per un nuovo progetto da 850 MW nella regione di Kimberley, zona a maggioranza indigena. L’East Kimberley Clean Energy and Hydrogen Project prevede la realizzazione di un impianto per la produzione su larga scala di idrogeno rinnovabile e ammoniaca alimentato da un parco fotovoltaico da 1 GW e da circa 20 MW di energia idroelettrica proveniente dalla centrale sul lago Argyle. Una volta in funzione, l’impianto sarà in grado di produrre ogni anno 50.000 tonnellate di idrogeno verde che sarà trasportato - tramite un gasdotto di 120 chilometri - nella località di Balanggarra per essere convertito in ammoniaca rinnovabile da utilizzare come fertilizzante dagli agricoltori locali e per l’esportazione in Asia. Lo studio di fattibilità, avviato dall’Aboriginal Clean Energy Partnership (ACEP), sarà completato in cinque mesi con un costo previsto di 3,3 milioni di dollari australiani. Nella regione di Kimberley la maggioranza dei proprietari terrieri sono nativi, con diritti e interessi riconosciuti sulle terre e sulle acque. ACEP è composta da quattro soci paritetici: i gruppi di proprietari Balanggarra Ventures, MG Corporation e Kimberley Land Council e la società di consulenza su clima e natura Pollination. ACEP supervisionerà tutto il processo di sviluppo, con la consegna di rapporti e approvazioni relative al patrimonio e all’ambiente. Il costo complessivo dell’East Kimberley Clean Energy and Hydrogen Project è stimato tra 2,7 e 3,2 miliardi di dollari australiani.

  • Fotovoltaico: Edison punta su Sicilia e sole (ma inaugura sotto la pioggia)

    Edison inaugura in Sicilia, ad Aidone (EN), l'impianto fotovoltaico da 41 MW “Solecaldo” (sic!). La strategia di crescita del Gruppo - che ha un forte legame con la regione, dove è presente con tutti i principali business - punta a incrementare la capacità rinnovabile installata in Italia, passando dagli attuali 2 GW a 5 GW (2 GW di fotovoltaico e 1 GW di eolico) al 2030. Catania ci accoglie coperta di nuvole basse e grigie, cariche di pioggia: un cielo che qui non ti aspetti e che sullo sfondo piatto fa apparire azzurra mamma Etna (eh già, perché per chi conosce bene il Vulcano, l’Etna è femmina ed è anche madre). Ci spostiamo verso Aidone attraverso montagne placide, tinte di giallo ocra e variegate tonalità di verde. Tutto sembra fermo, eccezion fatta per le pale eoliche che girano placide sui crinali. Siamo qui per l’inaugurazione del parco fotovoltaico di Edison, che con i suoi 41 MW potrà generare in media 71,5 GWh di energia elettrica l’anno, soddisfacendo il fabbisogno energetico equivalente di circa 26.500 famiglie. I lavori, iniziati a novembre 2020, sono durati due anni e mezzo impiegando 45 imprese fornitrici. L’entrata in esercizio è del dicembre 2023. Per riqualificare il territorio in prossimità dell’impianto, Edison ha piantato 10.600 ulivi distribuiti su 17 ettari; ora resta da trovare chi se ne prenderà cura. Annamaria Raccuglia, Sindaca di Aidone, racconta una terra fatta di sole, vento e storia antichissima. “Questo impianto rappresenta un primato per Aidone, che in passato si è battuto con successo per il rientro di importanti reperti archeologici trafugati dal territorio (come la magnifica Dea di Morgantina, ndr). Oggi la tecnologia si coniuga con la storia, l’arte e la tutela dell’ambiente”. Non solo cultura, dunque, ma anche tecnologia e transizione ecologica. E ricadute positive in termini occupazionali. “La presenza dell’impianto - conclude Annamaria Raccuglia - darà l’opportunità alle scolaresche e ai nostri giovani di accrescere la consapevolezza sulla transizione ecologica e capire la grande scommessa delle fonti rinnovabili”. Nella prassi operativa di Edison il consenso dal basso è fondamentale. Le aree sulle quali costruire sono individuate insieme ai territori, in base a criteri che soddisfino il requisito di minimo impatto ambientale e visivo. “Con Aidone c’è stata subito intesa - commenta Marco Stangalino, Vice Presidente Esecutivo Power Asset Edison. Il Comune è sempre stato al nostro fianco, in una regione tra le più virtuose nell’autorizzare impianti a fonti rinnovabili”. “Con l’impianto di Aidone - fino ad ora il più grande di Edison - diamo avvio a una robusta pipeline di crescita. Vogliamo essere uno dei player di riferimento anche nel fotovoltaico - conclude Marco Stangalino - un ambito nel quale abbiamo importanti target di sviluppo”. Gli oltre 90.000 pannelli solari (91.056, per amore di precisione) e l’allaccio elettrico hanno fatto la parte del leone all’interno dell’investimento di “alcune decine di milioni di euro. La manutenzione su una superficie così estesa è effettuata con droni dotati fotocamera termica che rileva l’efficienza del pannello. La Sicilia ha un ruolo di primo piano nella transizione energetica nazionale e nella strategia di sviluppo di Edison: qui nei prossimi tre anni il Gruppo prevede di costruire ulteriori 300 MW da fonti rinnovabili (attualmente Edison gestisce quattro parchi eolici da 104 MW nelle province di Trapani, Enna e Messina). “Grazie al nuovo impianto di Aidone rafforziamo ulteriormente la nostra presenza nella regione, aumentando la quota di energia da fonti rinnovabili a disposizione del territorio” ha dichiarato Nicola Monti, amministratore delegato di Edison, arrivato in leggero ritardo per difficoltà nei trasferimenti (“in Sicilia la viabilità è complessa”) e a causa della pioggia che ha ulteriormente ostacolato gli spostamenti. “Grazie per averci fatto trovare il tipico clima milanese - ha commentato divertito Nicola Monti - che per inaugurare un impianto fotovoltaico è l’ideale. Ma bagnato è fortunato”. Per quanto riguarda il fotovoltaico, all’impianto di Aidone da 41 MW e a uno da 5 MW in funzione ad Agira (sempre in provincia di Enna) si aggiungono un nuovo cantiere a Tudia, Palermo (un agrivoltaico da 55 MW) e altri tre impianti FV tradizionali da 60 MW già autorizzati. Sono in corso gli iter per ulteriori sei parchi fotovoltaici (220 MW complessivi) e sette eolici da 330 MW. Nel primo trimestre 2024 il Gruppo ha aperto cantieri per 110 MW di nuove realizzazioni di eolico e fotovoltaico in tutta Italia, e ha in corso di autorizzazione 0,8 GW di fotovoltaico e 1,6 GW di eolico, metà dei quali relativi a progetti di ricostruzione integrale. Insomma, alla chiamata della decarbonizzazione del settore energia i territori rispondono “presente!” e le aziende pure: ora tocca alla rete stare al passo.

  • Idrogeno: in Austria il treno dei desideri all’incontrario va...

    Finisce nel cestino il progetto della Zillertal Railway di sostituire le locomotive diesel con quelle a idrogeno, annunciato nel 2018 e rimasto nel cassetto per anni. Questione di costi: studi indipendenti dell’Università di Vienna affossano l’H2 e promuovono l’elettrico a batteria o in mix con nuovi elettrodotti. Si allargano i ripensamenti anche in Germania. Chi non cambia mai idea è uno stolto o un fanatico, ci dice la saggezza popolare (o secondo almeno tre altre diverse attribuzioni illustri, mescolate sul web a citazioni dalla paternità incerta). Il cambio di binario della Zillertal Railway sulla sostituzione dei treni diesel con l’idrogeno è dunque una buona notizia? Non del tutto, anche perché è stato innescato quasi per caso, come riporta Hydrogen Insight, e da un’occorrenza piuttosto spiacevole. Secondo i quotidiani locali Franz Hörl, presidente del consiglio di vigilanza della compagnia ferroviaria della piccola linea tirolese - 32 km coperti da locomotive diesel, automotrici e trenini a vapore, utilizzata principalmente da turisti e pendolari locali - avrebbe spinto sull’idrogeno incurante delle critiche sui costi eccessivi dell’opzione H2. “Non si può chiudere in un cassetto un progetto proprio in dirittura d’arrivo”, commentava Hörl dopo l’annuncio ufficiale nel 2018, mentre i Verdi insistevano sull’alternativa meno costosa dell’elettrificazione. Non è chiaro a quale dirittura d’arrivo Franz Hörl si riferisse; dall’epoca delle dichiarazioni, i treni a idrogeno non sono proprio usciti né dal cassetto né dalla fabbrica: l’ordine a Stadler per le prime cinque unità, per un costo complessivo di 75 milioni di euro, non è mai partito, tantomeno il traguardo del 2022 per l’avvio preliminare del servizio. Per il governo statale e federale sono troppe le incertezze su come finanziare l’operazione. Non finisce qui: Helmut Schreiner, direttore tecnico della Zillertal Railway e demolitore delle tesi dei Verdi, finisce sotto inchiesta per aver millantato un titolo accademico specialistico acquisito solo nel 2023 e con una tesi quasi interamente plagiata, riporta la stampa austriaca. Schreiner viene rimosso dall’incarico nello stesso anno in cui consegue davvero il dottorato. I Verdi insorgono: il progetto va cancellato. La sorte del treno ad H2 è affidata all’Università di Vienna, chiamata a fornire una valutazione indipendente di sei diversi tipi di trazione alternativa in grado di decarbonizzare la tratta. Con una limitazione: non tutta la linea potrà avvalersi di cavi sospesi, per questioni relative alla proprietà dei terreni attraversati. A inizio aprile 2024 il report dell’Università non è ancora pubblico, ma l’amministrazione locale ha già i primi dati: i treni elettrici a batteria sono senza dubbio l’opzione con il miglior rapporto costi-benefici. Conclusioni eleganti: la scelta dell’idrogeno era quella giusta nel 2018, ma è ormai superata dalla tecnologia a batteria. Al via, dunque, il nuovo progetto di elettrificazione della linea, che parte con la pianificazione delle infrastrutture di ricarica. L’orizzonte di realizzazione è il 2025-2030. Momentaccio per l’idrogeno anche in Germania. Stadler, storico costruttore svizzero di veicoli ferroviari - anche a idrogeno e a batteria - dichiara che la manutenzione complessa, costosa e frequente (le celle a combustibile vanno sostituite ogni tre anni) fanno dell’idrogeno un perdente sicuro in tutti i match tedeschi contro l’elettrico a batteria, eletto a passe-partout della decarbonizzazione ferroviaria. Questo esito dipende anche dalla lunghezza delle linee, per la maggior parte tra i 40 e gli 80 km: un’estensione che elimina il principale vantaggio dell’idrogeno, più adatto a chilometraggi maggiori. Chi ha già deciso - e se ne è pentito - cerca di rimediare come può: in aprile e maggio 2024 si viaggerà gratis sulla RB15 - una delle quattro linee della rete ferroviaria di Taunus che collega Francoforte a Wiesbaden - per rabbonire l’utenza, vittima di quello che il presidente del Consiglio di Supervisione stesso definisce “un completo fallimento”. Lo switch da diesel a idrogeno ha comportato una sfilza di problematiche sfociate nella cancellazione del 19 per cento dei treni in partenza sulla linea nel 2023. Ritardi sulle consegne del materiale rotabile hanno ritardato anche la formazione degli operatori; un terzo dei ferrovieri ha presentato le dimissioni, in fuga da turni di lavoro estenuanti ripensati per far fronte all’emergenza. Nel disastro generale, sui treni a idrogeno tedeschi non funzionano nemmeno le toilette. Persino il pioniere dell’H2 su rotaia - LNVG, operatore statale della Bassa Sassonia - ha detto stop all’idrogeno a metà 2023, in favore dell’elettrico. Almeno in Germania e Austria il treno a idrogeno resta, per il momento, solo un treno dei desideri. Ahimè, non realizzati. Carolina Gambino

  • Tempo, supporto economico e cultura: il welfare sostenibile di A2A

    Secondo il Rapporto dell’Università Bocconi La natalità e le sfide della genitorialità in Italia, si assiste a un calo preoccupante del numero dei nati. Nel 2080 gli abitanti del nostro Paese potrebbero scendere a 45,8 milioni. Presentato a Milano A2A Life Caring, progetto che rafforza i programmi di welfare della multiutility con un piano a supporto della genitorialità. Decarbonizzazione e contrasto al cambiamento climatico sono tra le priorità che i Paesi europei hanno messo in cima ai propri programmi, ma non sono le uniche. Anche se non è quasi mai sotto le luci della ribalta, il declino demografico rappresenta una sfida non solo cruciale ma anche urgente da affrontare. Con una media di fecondità ben al di sotto del tasso di sostituzione di 2,1 necessario per mantenere stabile la popolazione, in Europa si sta assistendo a un progressivo invecchiamento e a una conseguente riduzione della forza lavoro. Cambiamenti demografici che vanno a incidere in modo significativo sui sistemi di welfare, sulla produttività economica e sulla sostenibilità dei modelli sociali europei. In Italia, secondo il Rapporto La natalità e le sfide della genitorialità in Italia: il ruolo delle aziende per un nuovo modello di welfare sostenibile curato dall’Università Bocconi con il supporto di A2A, si assiste a un calo preoccupante dei tassi di natalità che potrebbe portare a 45,8 milioni gli abitanti nel nostro Paese nel 2080. Numeri che già oggi fanno dell’Italia uno dei Paesi con la più alta percentuale di anziani: nel 2050 gli over 65 anni costituiranno il 34,5 per cento della popolazione. Se le cause di questo calo demografico sono multifattoriali - riconducibili a scelte personali e a mutamenti nelle condizioni culturali, economiche e sociali - il Rapporto evidenzia come le politiche attuate possano influenzare e invertire i trend demografici. In particolare, risulta evidente come l’approccio del settore privato può giocare un ruolo decisivo. Con il programma Life Caring, A2A mira proprio a promuovere una nuova cultura di responsabilità sociale d’impresa, con l’obiettivo di contribuire attivamente al benessere e allo sviluppo sostenibile del Paese, contrastando così il cosiddetto inverno demografico. “Il crollo demografico - ha dichiarato Renato Mazzoncini, CEO di A2A - è una delle sfide più urgenti e complesse che l’Italia deve affrontare. Siamo consapevoli che le aziende hanno una responsabilità sociale a cui non possono sottrarsi”. Secondo Mazzoncini, è importante che realtà come A2A contribuiscano a supportare la pubblica amministrazione nel portare avanti politiche che garantiscano le migliori prospettive alle persone. “L’auspicio - conclude Mazzoncini - è che la nostra esperienza possa essere di esempio per favorire un cambio culturale su questi temi ”. A2A Life Caring, frutto di un accordo con le rappresentanze sindacali, prevede investimenti per 120 milioni di euro al 2035 e vuole favorire la diffusione di un nuovo approccio al tema della conciliazione vita-lavoro, senza precludere la crescita professionale. Il Piano prende in considerazione tutte le dimensioni della genitorialità e si sviluppa lungo tre direttrici: tempo, supporto economico e cultura, con percorsi di sensibilizzazione rivolti al management e ai neogenitori, che si aggiungono alle attività di divulgazione interne già in corso su fertilità e procreazione, sui risvolti medico-psicologici nei percorsi di maternità/paternità, sull’importanza di operare scelte consapevoli.

  • Fotovoltaico, il ruolo chiave dello storage

    I sistemi di accumulo rappresentano una soluzione indispensabile per massimizzare l’efficienza e l’affidabilità delle fonti rinnovabili, intermittenti e non programmabili. Hanno un ruolo talmente fondamentale che l’Associazione tedesca per l’energia solare (BSW) propone di considerarli come il quarto pilastro del sistema elettrico. Grazie allo storage è possibile immagazzinare l’elettricità in eccesso e reimmetterla in rete quando serve, permettendo di aumentare la flessibilità e la sicurezza del sistema elettrico. Non solo; è possibile proteggere la rete stessa dal sovraccarico e fornirle servizi aggiuntivi per la stabilità, come il controllo del carico. E proprio in Germania il mercato dell’accumulo sta registrando una continua crescita. Secondo i dati di BSW, nel 2023 sono stati installati più di mezzo milione di nuovi sistemi, residenziali e commerciali, portando il numero totale a oltre un milione e a una capacità complessiva di 12 GWh. Capacità che - in teoria - potrebbe coprire il consumo medio giornaliero di elettricità di circa 1,5 milioni di famiglie tedesche composte da due persone. Includere lo storage nell’installazione di nuovi impianti fotovoltaici sta diventando la norma anche in Italia. Secondo i dati di ANIE Federazione, a giugno 2023 risultavano connessi nel nostro Paese un totale di 382.422 sistemi di accumulo, con una capacità di 4,89 GWh e per il 99,6 per cento abbinati a un fotovoltaico residenziale. Numeri che, sebbene parziali, attestano una crescita importante rispetto alla fine del 2022 quando, secondo l’Osservatorio Sistemi Accumulo di ANIE, in Italia risultavano installati 227.477 sistemi, per una capacità di 2,75 GWh. La taglia più diffusa (37,2 per cento) è quella compresa tra i 10 e i 15 kWh, la meno gettonata quella tra 100 e 500 kWh (0,02 per cento). Dati che evidenziano la preferenza per soluzioni più leggere e flessibili. Trend positivi che, tuttavia, secondo gli analisti non sono sufficienti. In Germania, ad esempio, la capacità di accumulo dovrebbe aumentare di 25 volte; scenario difficilmente raggiungibile, secondo l’Associazione tedesca per l’energia solare, senza nuovi interventi legislativi e un aumento dei fondi per la ricerca. Il settore è in rapido sviluppo e metterà in mostra le ultime soluzioni e le nuove tecnologie a ees Europe, la più importante manifestazione europea per batterie e sistemi di accumulo, dal 19 al 21 giugno 2024 a Monaco di Baviera, all’interno di The Smarter E. Con il motto Innovating energy storage, ees Europe rappresenta un’opportunità di networking per i principali attori del settore, che potranno confrontarsi su tendenze e sviluppi del mercato.

  • Le interviste FEEM@COP28. In dialogo con Marcia Rocha su ambizioni climatiche e contributi nazionali

    Le interviste FEEM alla COP28. Una proposta informativa interessante, per spiegare la transizione energetica in modo semplice, grazie ad agili testi accompagnati da brevi video. Valeria Zanini ha intervistato Marcia Rocha, capo dell’Unità Climate change expert group dell’OECD, sulle ambizioni climatiche globali e i contributi dei singoli Paesi. L’articolo 14 dell’Accordo di Parigi, firmato alla COP21 nel 2015, istituisce il Global Stocktake (GST), un bilancio globale dei progressi collettivi nella direzione del raggiungimento degli obiettivi fissati, al fine di riflettere sui progressi compiuti e offrire indicazioni alle Parti su ciò che ancora occorre fare per traguardare i target dell’Accordo. A dicembre alla COP28 è stato presentato il primo GST (i prossimi saranno ogni 5 anni), in cui le Parti hanno concordato sul fatto che la rotta attuale porterà a un aumento delle temperature ben superiore al 1,5 °C. È stata quindi concordata la necessità di rinegoziare una serie di obiettivi per aumentare l’ambizione climatica (e, in parte, lo stesso GST lo ha fatto, riconoscendo “il bisogno di profonde, rapide e sostenute riduzioni delle emissioni di gas serra in linea con l’obiettivo di 1,5 °C”). Allo stesso tempo, però, i trattati e le dichiarazioni sotto l’UNFCCC non contengono un linguaggio specifico su come rendere operativi gli obiettivi concordati. Per questo, l’OECD - Organisation for Economic Co-operation and Development- ha un’Unità, il Climate Change Expert Group, che negli ultimi anni ha tradotto gli obiettivi dell’Accordo di Parigi in criteri misurabili, con cui vengono filtrati gli scenari di mitigazione dei cambiamenti climatici per misurare l’allineamento agli obiettivi di Parigi. Marcia Rocha, a capo dell’Unità CCXG, spiega che i risultati dei loro studi confermano che l’ambizione climatica globale non è sufficiente. Le ricerche più recenti mostrano infatti che molti dei tipping point - le soglie critiche che, quando oltrepassate, possono portare a cambiamenti accelerati e spesso irreversibili nel sistema climatico - possono essere superati già a livelli di riscaldamento globale molto più bassi di quanto pensato, e già a temperature che sono in linea con l’Accordo di Parigi. “È solo limitando il superamento della soglia di un grado e mezzo che si può evitare di varcare queste soglie - commenta Marcia Rocha - e questo dipenderà da quanta CO2 sarà immessa in atmosfera da qui al 2030. Quello che abbiamo davanti è un decennio critico per prevenire gli impatti più pericolosi del cambiamento climatico”. L’architettura dell’Accordo di Parigi è basata sul fatto che ogni Paese firmatario si impegna a condividere volontariamente un piano di ciò che farà per affrontare il cambiamento climatico e contribuire agli obiettivi collettivi sanciti nell’Accordo. I documenti tramite cui i Paesi firmatari dichiarano le proprie ambizioni climatiche e le proprie strategie per ridurre le emissioni nazionali e adattarsi agli impatti del climate change si chiamano Nationally Determined Contributions (NDC). L’Accordo di Parigi prevede che ogni Parte comunichi all’UNFCCC gli NDC che intende raggiungere, con una prima serie aggiornata entro il 2020 e successivamente ogni cinque anni, indipendentemente dai rispettivi tempi di attuazione. Il 2024 sarà l’anno in cui si riapriranno le negoziazioni sulle caratteristiche degli NDC, in vista della presentazione dei nuovi NDC che avrà luogo durante la COP30 a Belèm (Brasile) nel 2025. Uno dei temi sul tavolo sarà l’obiettivo di migliorare la qualità degli NDC e la loro trasparenza. Uno dei punti principali della discussione (e politicamente più controversi) riguarderà l’ipotesi di concordare su caratteristiche comuni agli NDC di tutti i Paesi: convincere a riconciliare gli obiettivi nazionali con quelli collettivi di lungo termine in un sistema coerente non sarà semplice.

  • Australia, al via un nuovo parco eolico da 1,5 GW

    Il governo del Nuovo Galles del Sud, il più popoloso degli Stati che compongono l’Australia, ha annunciato il via libera alla realizzazione di un nuovo parco eolico da 1,5 GW. Il progetto Yanca Delta Wind sarà realizzato a circa 10 km a nord-ovest della città di Jerilderie e sarà uno dei più grandi impianti di questo tipo presenti nel Paese. Costituito da 208 turbine, sarà collegato alla rete di trasmissione già presente nella regione e supportato da un sistema di accumulo da 800 MW con batterie agli ioni di litio. L’inizio dei lavori è previsto per la fine del 2025, mentre la messa in funzione è attesa in più fasi, tra il 2027 e il 2029. Una volta a pieno regime, il parco eolico, potrà soddisfare il fabbisogno equivalente di 700.000 abitazioni nel Nuovo Galles del Sud, permettendo di evitare ogni anno l’emissione di cinque milioni di tonnellate di CO2. L’approvazione alla costruzione del nuovo parco eolico riveste importanza ancora maggiore in vista della prossima chiusura della centralea carbone di Eraring, prevista per l’estate 2025. In funzione dal 1984 e con una capacità di 2,9 GW, Eraring è la centrale elettrica più grande dell’Australia e fornisce circa il 25 per cento del fabbisogno del Nuovo Galles del Sud.

  • India, siglato un PPA per un aeroporto sempre più green

    È il terzo aeroporto indiano per traffico passeggeri e merci, con più di 300 milioni di passeggeri in transito dal 2008, e uno degli scali in più rapida crescita nel mondo. Ora, l’aeroporto internazionale di Bangalore (BIAL), nel Sud dell’India, punta a diventare anche tra i più green del Paese. La società che gestisce lo scalo ha sottoscritto un Power Purchase Agreement (PPA) per l’acquisto di energia rinnovabile prodotta da un impianto ibrido, eolico-solare, da 46 MW sito a Jagaluru, nello stato del Karnataka, a circa 250 chilometri dall’aeroporto. La centrale, composta da un parco eolico con una capacità di 36 MW e da un impianto solare da 9,9 MW, potrà soddisfare l’intero fabbisogno annuo dell’aeroporto, stimato in quasi 90 GWh. L’impianto ibrido fornirà ogni anno 58,3 GWh di energia solare e 31 GWh di energia eolica. In termini ambientali, l’iniziativa consentirà di evitare ogni anno 55.000 tonnellate di CO2. Il PPA sottoscritto avrà una durata di 25 anni. La centrale ibrida fa parte del più vasto parco eolico-solare di Jagaluru, da 290 MW di capacità complessiva.

  • Le interviste FEEM@COP28. In dialogo con Gernot Laganda su climate change e conflitti

    Le interviste FEEM alla COP28. Una proposta informativa interessante, per spiegare la transizione energetica in modo semplice, grazie ad agili testi accompagnati da brevi video. Valeria Zanini ha intervistato Gernot Laganda, Direttore dell’Unità Climate and Disaster Rsk Reduction del World Food Programme delle Nazioni Unite. Sebbene i ricercatori siano generalmente d’accordo sul fatto che il cambiamento climatico non sia direttamente correlabile ad un aumento dei conflitti, è ampiamente riconosciuto che indirettamente potrebbe aumentarne il rischio. Uno dei canali principali tramite cui influenza la probabilità di insorgenza di conflitti è la scarsità di risorse. Se le risorse naturali sensibili al clima - come l’acqua - diventano scarse in una certa area e ci sono diversi gruppi di sussistenza che dipendono dalla stessa risorsa - come, ad esempio, agricoltori e pastori nel Sahel - si possono creare tensioni sociali e conflitti. Un altro fattore di rischio è dato dallo sfollamento: gli eventi climatici estremi portano allo spostamento forzato di grandi gruppi di persone che entrano in contatto con altre comunità, nel loro stesso Paese o attraversando i confini politici: questo può aprire la strada a tensioni sociali o sfociare in veri e propri conflitti. Inoltre, nelle aree già colpite dalle guerre, i cambiamenti del clima possono esacerbare e prolungare la violenza, indebolendo le istituzioni e i meccanismi di coping della popolazione. La COP28 è stata la prima nella quale è stata posta all’ordine del giorno la questione dell’azione per il clima in contesti fragili e colpiti da conflitti, attraverso la Dichiarazione COP28 sul soccorso climatico, la ripresa e la pace; un passo importante per riconoscere che i più vulnerabili vivono in luoghi dove eventi climatici estremi e conflitti si intersecano. Tra i 25 Paesi che sono riconosciuti più vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico, 18 sono attualmente in guerra e sono destinatari di più della metà degli aiuti umanitari internazionali. Per favorire l’azione climatica in questi Paesi bisogna prendere in considerazione le differenze imposte dal lavorare in un tessuto sociale intaccato dal conflitto. Gernot Laganda, Direttore dell’unità Climate and disaster risk reduction del World Food Programme delle Nazioni Unite, spiega che nei luoghi fragili e colpiti da conflitti l’azione per il clima deve essere ancorata agli attori locali. “La principale differenza nelle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici in contesti in pace o in guerra - racconta Laganda - risiede nelle modalità: top-down e bottom-up”. Nei contesti di pace, la strategia di adattamento al climate change è normalmente guidata a livello nazionale, nel tentativo poi di portare i soldi al livello locale, in un approccio top-down. In contesti fragili, invece, con un tessuto sociale e politico intaccato dal conflitto, bisogna lavorare dal basso, con un approccio bottom-up. Con questo fine, il World Food Programme sfrutta i propri percorsi umanitari - normalmente utilizzati per fornire aiuti alimentari o sostegno economico - come connettori con le istituzioni locali. Per implementare l’azione climatica in contesti in conflitto è necessario costruire una terza linea di difesa. Accanto alla mitigazione al cambiamento climatico - politiche di decarbonizzazione per ridurre le emissioni climalteranti - e l’adattamento al cambiamento climatico - cosa dobbiamo fare oggi per preparare le società, i sistemi economici e le infrastrutture per un mondo che sarà (almeno) 1,5 gradi più caldo - serve la cosiddetta climate protection, che ha un focus molto più immediato. Infatti, in contesti fragili non c’è il tempo necessario per costruire programmi di adattamento con strumenti come il Green Climate Fund, i cui progetti richiedono uno o due anni per essere preparati e poi altri quattro o cinque per essere realizzati. Servono programmi con una funzione protettiva immediata, per ridurre le perdite e i danni già nella prossima stagione climatica e non l’anno successivo. “Per essere efficaci in contesti di conflitto - conclude Laganda - i programmi di climate protection devono essere basati su ripristino, anticipazione e protezione finanziaria”. Una combinazione tra la protezione dell’ecosistema e delle infrastrutture, abbinata all’accesso a sistemi di allarme rapido, preparazione alle catastrofi, pianificazione di emergenze e protezione finanziaria.

  • Al contadino francese non far sapere che il fotovoltaico rende più delle pere

    Nelle campagne francesi la corsa al fotovoltaico mette a rischio l’agricoltura. Deciso il Governo: il solare deve fornire supporto all’attività agricola, non sostituirla. Esperti al lavoro per studiare le combinazioni migliori (l’equivalente energetico del proverbiale abbinamento culinario). Per alcune zone è già troppo tardi: di pere non c’è più nemmeno l’ombra. Secondo l’Agenzia Francese per la Transizione Ecologica, nel 2022 dal sole sono arrivati in rete 16 GW di elettricità, 1,3 dei quali prodotti da impianti realizzati su terreni agricoli. Nei piani del Governo francese, le rinnovabili dovranno coprire almeno il 33 per cento entro il 2030, anche se si parla persino di raggiungere l’ambizioso 42,5 per cento del target europeo. Benvenuti dunque i nuovi progetti, per rimpolpare la percentuale di partenza. Non sempre, però, le azioni sono buone come le intenzioni: qualcosa non va nello sviluppo del fotovoltaico tra i campi francesi e il Governo si sente in dovere di correre ai ripari. Risale a un anno fa il decreto che obbliga i progetti solari a rendere qualche tipo di servizio complementare all’attività agricola: fornire ombra, proteggere dalle gelate e dagli agenti atmosferici. In nessun caso l’impianto può avere prevalenza sull’attività agricola che lo ospita. Il tentativo è mettere un freno alla corsa al pannello, resa più intensa dal ribasso dei costi e dalla crescente redditività della tecnologia, riporta Nature a febbraio 2024. In Francia, affittando i propri appezzamenti un coltivatore può guadagnare da 10 a 100 volte di più che lavorando la terra. La legge del 2023 mira al compromesso, vitale in Francia dove i terreni agricoli coprono la metà del territorio nazionale e rappresentano l’ubicazione più favorevole agli impianti solari, banditi da regioni urbanizzate, boschive o tutelate da vincoli ambientali o paesaggistici. Al lavoro gli agronomi dell’INRAE - Istituto nazionale di ricerca in campo agricolo, alimentare ed ambientale - a Montpellier. Esperimenti sul campo già in atto in Occitania, dove i pannelli mostrano di poter mitigare le temperature rese innaturalmente alte dal cambiamento climatico. Coinvolti anche gli sviluppatori di sistemi mobili in grado di seguire il sole, che assicurano un aumento della produttività per le colture francesi tradizionali come vigneti o alberi da frutto. La collaborazione si allarga ai 56 partner del cluster di imprese radunate dall’INRAE, che include anche le aziende energetiche. Le premesse per una collaborazione reciprocamente vantaggiosa sembrano buone. L’abbinamento colture-pannelli sembra appetitoso a prima vista, ma non mancano gli scettici: l’agrivoltaico rende meno del solare tradizionale, cui non è richiesto di variare l’orientamento dei pannelli; ed è più costoso: 10 volte di più di un campo fotovoltaico tradizionale, per stessa ammissione del direttore di ricerca del cluster targato INRAE. Gli sforzi per soddisfare i palati di aziende energetiche ed agricole proseguono: il Governo è al lavoro su diverse bozze di legge che includono l’imposizione di sanzioni per gli imprenditori agricoli che non rispettino dei livelli minimi di produttività. Al cuore delle dispute anche la definizione di una percentuale massima di terreno ricopribile con i pannelli. Le aziende energetiche spingono per un 40 per cento, contro il parere degli agronomi che indicano il 25 per cento come limite massimo oltre il quale la produttività agricola è in pericolo. Chissà se l’abbinata fotovoltaico-coltivazione riuscirà gustosa come quella del celebre proverbio. Di sicuro, i contadini del dipartimento francese dei Pirenei Orientali hanno mostrato di gradire di più i pannelli che le pere: dal 2000, nei due terzi delle serre della regione sono comparsi i pannelli solari e scomparsi del tutto gli alberi da frutto. Carolina Gambino

  • Geotermia, fattore chiave per la transizione energetica

    La decarbonizzazione degli usi elettrici e del calore costituiscono un obiettivo prioritario e ineludibile. Una sfida che deve essere affrontata anche utilizzando la geotermia, una risorsa rinnovabile e flessibile che per diversi motivi non è stata ancora adeguatamente sviluppata. A questo proposito, il nostro Paese ha un sottosuolo caratterizzato da una inesauribile produzione di calore naturale legato alla giovane evoluzione geodinamica, che rende possibile anche l’estrazione di minerali strategici dai fluidi geotermici. Sul tema interviene Bruno Della Vedova, presidente UGI-ETS, Unione Geotermica Italiana, sul numero di Nuova Energia in distribuzione. “L’European Geothermal Energy Council - esordisce Bruno Della Vedova - ha stimato che la geotermia ha tutte le caratteristiche e potenzialità di risorsa e di mercato per essere un attivatore chiave della transizione energetica”. In Europa potrebbe infatti contribuire a soddisfare il 10 per cento dei consumi elettrici e più del 25 per cento dei consumi termici, mediante un’adeguata roadmap di tutti i Paesi dell’Unione per raggiungere gli obiettivi fissati al 2030 e 2050. Una fonte che in Italia, nonostante rivesta un’importanza strategica (Legge 134/2012), resta purtroppo ancora largamente sottoutilizzata. “La produzione geotermoelettrica - prosegue il presidente UGI-ETS - rappresenta solo il 2,1 per cento della produzione nazionale, mentre proviene dalla risorsa geotermica solo l’1,35 per cento del consumo di calore da FER, sebbene le sue potenzialità potrebbero offrire un contributo assai più rilevante”. In Europa intanto qualcosa si muove, con diversi Paesi che stanno pianificando uno sviluppo strutturale e duraturo del settore geotermia.

  • Mercato elettrico, il gas sarà ancora protagonista

    In linea con la necessità di contrastare il cambiamento climatico, il ruolo delle fonti rinnovabili nel mix di generazione è destinato a diventare preponderante rispetto a quello di qualsiasi altra tecnologia esistente, come gas, carbone e nucleare. Tuttavia, ad oggi, è stata fatta poca luce su quali driver governeranno la fissazione del prezzo elettrico. Questo, in particolare sui mercati spot, un benchmark di riferimento sia per le decisioni di investimento in nuovi impianti rinnovabili sia per i sempre più diffusi Power Purchase Agreement (PPA). Approfondisce il tema Andrea Zaghi, senior advisor Afry Management Consulting, su Nuova Energia. “Il gas sarà un protagonista di questi mercati ancora per molto tempo. Il prezzo internazionale del gas non solo ha determinato negli ultimi anni quello italiano wholesale dell’elettricità (Prezzo Unico Nazionale, PUN) ma continuerà a farlo, direttamente o indirettamente, anche nei prossimi decenni”. Affermazione che, nel breve periodo, è diretta conseguenza del fatto che i fondamentali di mercato non saranno molto diversi dagli attuali. “Le rinnovabili - spiega Zaghi - non hanno ancora raggiunto percentuali elevate nel mix elettrico, tali da spiazzare la produzione termoelettrica a gas, e occorreranno ancora alcuni anni affinché le tante semplificazioni autorizzative introdotte dagli ultimi Governi permettano al settore di spiccare il volo”.

  • Fotovoltaico, in Australia 10 milioni di dollari per sistemi di accumulo

    Per sfruttare il potenziale dell’energia rinnovabile - eolica e solare in particolare - è necessario implementare sistemi di accumulo. Nel Queensland, Stato dell’Australia con il più alto tasso di impianti fotovoltaici sui tetti del Paese, annunciato un nuovo piano da 10 milioni di dollari australiani (circa 6 milioni di euro) a sostegno dell’installazione di batterie. Il programma Battery Booster consentirà ai consumatori domestici con un impianto fotovoltaico da almeno 5 kW, nuovo o già in uso, di ottenere un rimborso compreso tra 3.000 e 4.000 dollari per l’acquisto di un sistema di batterie da almeno 6 kWh. Il contributo, legato al reddito complessivo del nucleo familiare, sarà di 3.000 dollari per coloro che dichiarano un imponibile compreso tra 66.667 e 180.000 dollari, e di 4.000 dollari con un reddito inferiore a 66.667 dollari. Secondo il Ministero dell’Energia del Queensland - dove ogni giorno si contano 150 nuove installazioni solari sui tetti - saranno 2.000 le famiglie che potranno usufruire dei contributi, erogati a condizione che siano coinvolti installatori qualificati e sistemi di batterie certificati. Con il Queensland Energy and Jobs Plan lo Stato australiano prevede di avere nel proprio mix energetico l’80 per cento di energia rinnovabile entro il 2035.

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