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  • Pinto (Energia Libera): “Completare la liberalizzazione per proteggere i consumatori”

    “È necessario completare rapidamente la liberalizzazione del mercato retail, senza ulteriori ritardi, anche alla luce dell’esperienza maturata nell’attuale fase caratterizzata da un’impennata dei prezzi”. Così si è espresso Salvatore Pinto, Presidente di Energia Libera, intervenendo alle audizioni periodiche dell’Autorità per l’energia (ARERA). “Grazie alla possibilità di stipulare contratti a prezzo fisso, il mercato libero ha espresso la sua piena potenzialità di offrire reale protezione ai consumatori. Per quanto riguarda il gas, invece, auspichiamo che l’Autorità individui meccanismi per mitigare gli effetti sui clienti finali del rialzo dei prezzi sui mercati internazionali”. L’Associazione guidata da Pinto ritiene inoltre essenziale prevedere “strumenti di mercato adeguati e stabili che consentano di mantenere in efficienza le centrali a ciclo combinato, per garantire l’adeguatezza e la sicurezza del sistema elettrico”, messe alla prova dal crescente sviluppo delle fonti rinnovabili. Per questo dovrebbe essere dato maggiore rilievo a soluzioni impiantistiche di storage, tra cui anche i pompaggi, in grado di aiutare le centrali a ciclo combinato nell’integrazione delle fonti intermittenti.

  • USA, prima wind farm offshore su larga scala

    A Barnstable, nel Massachusetts, si è svolta la cerimonia inaugurale per la realizzazione del primo parco eolico offshore su larga scala degli Stati Uniti. Il progetto, da 806 MW, sarà realizzato a 15 miglia al largo della costa di Martha’s Vineyard e, una volta in funzione, porterà elettricità a oltre 400.000 tra case e aziende dello Stato americano, consentendo inoltre di evitare l’emissione di 1,6 milioni di tonnellate l’anno di CO2. “Questo progetto – ha dichiarato Deb Haaland, segretario del Dipartimento degli Interni degli Stati Uniti - rappresenta una pietra miliare per lo sviluppo della produzione di energia pulita della nostra nazione, perché creerà economie di scala solide e sostenibili garantendo alle generazioni future un pianeta vivibile”. La prima fase dei lavori prevede la posa di due cavi di trasmissione che collegheranno il parco eolico Vineyard Wind 1 alla rete, mentre il prossimo anno prenderanno il via i lavori offshore con l’installazione di fondazioni e turbine eoliche – 62, da 13 MW ciascuna. La wind farm inizierà a fornire energia pulita al Massachusetts nel corso del 2023.

  • L’Olanda sempre più col vento in poppa

    Per la sua configurazione, con acque relativamente basse e la presenza costante di vento, il Mare del Nord è diventato il terreno preferito per l’installazione di parchi eolici offshore. A questo proposito i Paesi Bassi, per raggiungere i nuovi e più ambiziosi target europei, hanno rilasciato l’Additional Design Program North Sea 2022-2027, che va a integrare ed estendere il Programma in essere che delineava in 11,5 GW installati lo sviluppo dell’eolico offshore al 2030. Pubblicato dal Ministero delle infrastrutture e della gestione delle risorse idriche olandese, l’Additional Design Program North Sea 2022-2027 individua otto aree del Mare del Nord dove realizzare nuovi impianti e sarà adottato nel marzo 2022, dopo un periodo di consultazione, come appendice al National Water Program 2022-2027. Con questa integrazione, il governo olandese punta alla realizzazione di ulteriori 27 GW di capacità eolica offshore. Compito non semplice, in uno dei mari più frequentati al mondo e dovendo al contempo salvaguardare la pesca sostenibile e lo spazio per la navigazione. Il Paese punta a ottenere entro il 2030 il 40 per cento del proprio fabbisogno di elettricità dall’eolico offshore per arrivare ad essere carbon neutral entro il 2050.

  • 3 milioni di dollari per la sostenibilità dei piccoli Stati del Pacifico

    Con il Framework for Energy Security and Resilience in the Pacific 2021-2030, i Paesi in via di sviluppo del Pacifico hanno fissato ambiziosi obiettivi per le infrastrutture di produzione e distribuzione di energia green, al fine di ridurre le emissioni di CO2 e aumentare la sicurezza energetica. Nonostante questo impegno, la quota di energia rinnovabile nella sub-regione è aumentata in misura inferiore del 20 per cento dal 2015 e il gasolio rimane una delle voci primarie del mix energetico nella maggior parte di questi Stati, con costi di importazione di oltre 1,5 miliardi di dollari l’anno. Per contribuire a raggiungere gli obiettivi del Piano, l’Asian Development Bank (ADB) ha approvato un nuovo progetto - Preparing Clean and Renewable Energy Investments in the Pacific - da 3 milioni di dollari per finanziare investimenti in energia pulita. In particolare, ADB supporterà il Climate Resilient Energy and Water Project degli Stati federati di Micronesia, il progetto di elettrificazione delle Isole Marshall e il programma per lo sviluppo dell’energia solare delle Isole Salomone. Con oltre 50 anni di esperienza e di lavoro nella regione, l’Asian Development Bank continua a svolgere un ruolo fondamentale e, nonostante la pandemia, nel 2020 ha approvato 4,3 miliardi di dollari di finanziamenti per il clima e la sostenibilità.

  • Un corridoio verde per far respirare le città

    Secondo la World Meteorological Organization (WMO) il clima urbano – quello che si genera localmente nel perimetro cittadino – è molto cambiato rispetto a quello delle aree circostanti “a causa dello sviluppo infrastrutturale e delle emissioni generate”. Una delle caratteristiche tipiche di questo microclima è la cosiddetta isola di calore, caratterizzata dalla notevole differenza di temperatura dell’aria tra la città - più calda - e i suoi dintorni, più freschi. Con conseguenze che si ripercuotono sul modo in cui viviamo, lavoriamo e sulla salute, in particolare su quella dei soggetti più fragili. Per contrastare questo fenomeno la città tedesca di Mannheim, che nel 2015 si è dotata del programma Climate Protection Alliance, ha deciso di creare un corridoio verde. Frutto di una analisi che ha disegnato una mappa delle aree urbane più calde e più fredde e la loro interrelazione, il Northeast Green Corridor prevede nei prossimi tre anni la demolizione di 60 edifici dismessi e la piantumazione di circa 1.800 alberi che saranno in grado, tra l’altro, di assorbire 236 tonnellate di CO2 l’anno. Che le isole di calore siano un problema sempre più evidente e critico delle nostre città lo dimostra anche la pubblicazione di una vera e propria guida, presentata a margine della COP26 di Glasgow, dal titolo Beating the Heat: A Sustainable Cooling Handbook for Cities. Frutto di una collaborazione tra United Nations environment programme (Unep), Cool Coalition, Global Covenant of Mayors for Climate & Energy (GCoM), Mission Innovation e Clean Cooling Collaborative, lo studio vuole aiutare le città di tutto il mondo ad affrontare il problema del riscaldamento, che colpisce in maniera maggiore proprio le aree urbane.

  • Giana (ATM): “Finanziamenti al tpl? Superiamo il criterio di distribuzione”

    “Il criterio di distribuzione dei finanziamenti nel trasporto pubblico deve superare il concetto di distribuzione storica su base parametrica. Si tratta di progetti complessi, con costi di investimento molto alti: va privilegiato il finanziamento dei progetti e non l’ampiezza dei bacini di trasporto o il chilometraggio. Concentriamo le risorse dove i progetti ci sono, sono completi e hanno un orizzonte temporale di medio-lungo termine”. Così si è espresso Arrigo Giana, direttore generale ATM, a margine dell’incontro organizzato da GREEN - il centro di ricerca sulla geografia, le risorse naturali, l’energia, l’ambiente e le reti dell’Università Bocconi - per presentare scenari e prospettive dell’elettrificazione del trasporto pubblico su strada. Attraverso un’innovativa analisi di benchmark, il centro di ricerca - in collaborazione con Enel Foundation - ha infatti sviluppato una metodologia che permette di analizzare differenti modelli gestionali e alternative di alimentazione (diesel, full electric, CNG, GNL, biometano e idrogeno) per il tpl, con scenari al 2025 e al 2030 in una logica TCRO (Total Cost and Revenues of Ownership). Oltre ai costi di investimento e a quelli operativi, sono presi in considerazione anche i possibili ricavi derivanti dalla valorizzazione a fine vita delle batterie e dal bus2grid. “Lavori come questo risultano decisivi - ha proseguito Giana - in un frangente nel quale le aziende del tpl, che hanno culture molto conservative, stanno prendendo decisioni cruciali spesso senza avere tutte informazioni necessarie. Il tema delle competenze è essenziale: il settore soffre di una serie di carenze strutturali complessive”. ATM, l’azienda di trasporto pubblico milanese che gestisce anche la rete metropolitana di Copenhagen, tre anni fa ha fatto una scelta radicale: elettrificazione. Un processo che culminerà nel traguardo full electric per tutta la flotta entro il 2030. Una scelta industriale non banale, perché di fatto non significa sostituire un autobus ma cambiare i processi, oltre che le competenze progettuali e manutentive.

  • I giovani neozelandesi fanno causa ai… neozelandesi!

    Se Greta Thunberg ha commentato con un bla, bla, bla gli accordi raggiunti dai 197 Paesi che hanno partecipato alla COP26 di Glasgow, un gruppo di studenti universitari della Nuova Zelanda ha deciso di portare in causa il proprio ministro dell’Energia. Secondo Phoebe Nikolaou, co-fondatrice di Students for Climate Solutions, la decisione di rilasciare due nuovi permessi di esplorazione petrolifera nell’area di Taranaki sarebbe incompatibile con gli obblighi che il Governo neozelandese ha preso con lo Zero Carbon Act. Un documento che, tra l’altro, consente ai neozelandesi di chiedere al governo di rendere conto delle azioni messe in atto per contrastare i cambiamenti climatici. “La nostra attuale sicurezza energetica - ha dichiarato al riguardo James Shaw, ministro per il Cambiamento climatico della Nuova Zelanda - dipende ancora dall’uso di combustibili fossili. Non è una buona cosa e non mi piace, ma prima di poterli metterli offline, dobbiamo disporre di energie rinnovabili”. Sempre in Nuova Zelanda, l’Università di Waikato ha istituito la prima laurea al mondo sul Climate Change; il corso, della durata triennale, combinerà la conoscenza scientifica con la comprensione dei sistemi economici, sociali e politici.

  • Iraq e Arabia energeticamente insieme?

    Per liberarsi dalla dipendenza dal gas e dall’elettricità iraniana, e realizzare pienamente il potenziale della propria industria petrolifera, l’Iraq starebbe trattando con l’Arabia Saudita una cooperazione per condurre esplorazioni di nuovi giacimenti di gas naturale nella provincia occidentale di al-Anbār. La cooperazione tra i due Paesi si svilupperà anche nella costruzione di impianti di desalinizzazione dell’acqua e di parchi solari. Il governo di Teheran, a cui dal 2018 gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni, oggi fornisce un terzo del fabbisogno energetico dell’Iraq.

  • Tra le piantagioni degli States crescono le rinnovabili

    Nel variegato mondo dei vari Stati federati americani, il Mississippi sta portando avanti la propria politica per aumentare il contributo della generazione da rinnovabili nel proprio mix energetico. In accordo con la linea dello Stato, Entergy Mississippi, uno dei principali operatori energetici locali, ha annunciato il programma Economic Development with Green Energy (EDGE) attraverso il quale prevede di sostituire nei prossimi cinque anni alcuni vecchi impianti a gas naturale con 1.000 MW di energia rinnovabile, soprattutto solare. Il progetto prevede di aggiungere al portafoglio rinnovabile 500 MW entro il 2025 e altri 500 MW entro il 2027. “Il piano EDGE - ha dichiarato Tate Reeves, governatore dello Stato - aiuterà il Mississippi nei suoi sforzi per diventare indipendente dal punto di vista energetico e creerà nuovi posti di lavoro”. In agosto nella contea di Sunflower, sempre in Mississippi, è stato avviata la realizzazione di un nuovo impianto solare da 100 MW che alimenterà circa 16.000 abitazioni a partire dal 2022.

  • Anche la Giordania si "butta" sull’idrogeno

    A margine della partecipazione alla COP26 di Glasgow, Muawieh Khalid Radaideh, ministro dell’Ambiente della Giordania, ha annunciato il via libera a uno studio di fattibilità per un importante progetto per la produzione di idrogeno verde. Il piano prevede lo sfruttamento di due aree prossime a una zona industriale che ospiterebbe il sito produttivo: una di 450 km 2 dove realizzare impianti solari e una di 1.000 km 2 dove costruire un parco eolico. “La Giordania – ha dichiarato Muawieh Khalid Radaideh – ha il potenziale per diventare un leader nella produzione ed esportazione di idrogeno e ammoniaca green”. Il ministro ha però sottolineato l’importanza del sostegno internazionale e delle banche multilaterali per consentire alla Giordania di raggiungere gli obiettivi condivisi di riduzione delle emissioni di gas serra del 30 per cento entro il 2030. In questo contesto, la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo ha recentemente finanziato con un miliardo di dollari, attraverso il Green Investment Fund, lo sviluppo di nuovi progetti green in 7 Paesi, tra cui appunto la Giordania.

  • Petrucci (Falck Renewables): “La prevedibilità in futuro avrà un valore”

    Nonostante la pandemia non smetta di fare paura, le attività produttive sono in ripresa e i consumi stanno risalendo. Parrebbe una buona notizia, se le imprese non si trovassero a vivere una situazione paradossale... Se, da un lato, la ripartenza dà nuova speranza per il futuro, dall’altra il costante rincaro delle materie prime - gas ed energia elettrica in primis - grava pesantemente sui bilanci. Quali sono le possibili strade da intraprendere per le PMI che si trovano a gestire un picco produttivo, ritrovandosi a pagare prezzi insostenibili per le commodity energetiche? Ne abbiamo parlato con Stefano Petrucci, Head of BtoB Solutions di Falck Renewables - Next Solutions. “La soluzione dell’autoproduzione con il fotovoltaico rappresenta in questo momento la soluzione più immediata, anche rispetto all’efficienza energetica – spiega Petrucci - perché a differenza di quest’ultima non impatta sul sistema produttivo e non richiede cambi di paradigma. L’impresa non deve cambiare il modo con cui produce, né le abitudini con le quali produce”. Se poi l’imprenditore decidesse di affidarsi ad un operatore terzo, cedendogli il diritto di superficie del proprio tetto, potrebbe godere dei benefici economici e ambientali liberandosi dalla gestione dei rischi e dal farsi carico dell’investimento in prima persona. Se poi sul tetto in questione ci fosse anche da rimuovere la copertura in presenza di amianto, il costo della bonifica sarebbe quasi interamente coperto dalla somma riconosciuta a seguito dell’accordo di cessione. In aggiunta, il fotovoltaico per autoconsumo abbinato allo storage è una soluzione interessante anche dal punto di vista della rete. La necessità di flessibilità diventerà infatti sempre più rilevante - e remunerativo - e il tema degli accumuli da questo punto di vista è decisivo. Il consumatore - e quello industriale ancor di più - tipicamente è un soggetto che non ama sentir parlare di flessibilità, perché vuole consumare energia quando ne ha bisogno. “Lo storage avrà un ruolo rilevante per garantire la flessibilità a parità di consumo all’interno del sito industriale - conclude Petrucci. E quando anche la mobilità elettrica sarà più diffusa e le flotte aziendali saranno totalmente green, abbinare lo storage al fotovoltaico con colonnine di ricarica in sito sarà utile per ridurre la potenza di picco di prelievo dalla rete, rendendo i consumi più facilmente stimabili. In futuro la prevedibilità avrà un valore”.

  • Australia, terra di canguri e (nel 2030) di… idrogeno!

    Se i trasporti sono tra i maggiori responsabili delle emissioni climalteranti, l’idrogeno – quello verde, ovviamente – sembra ora essere la panacea di tutti i mali, nonostante costi ad oggi ancora elevati e difficoltà di trasporto da risolvere. Il governo della Tasmania, lo Stato insulare dell’Australia a sud di Melbourne, ha pubblicato il Tasmanian Renewable Hydrogen Action Plan, con l’obiettivo di far diventare l’isola uno dei leader nella produzione di idrogeno green su larga scala. Con una tempistica ben delineata che ne prevede entro il 2024 la produzione e per il 2027 l’esportazione commerciale, per arrivare al 2030 a essere tra i maggiori produttori di idrogeno rinnovabile. Ora, anche grazie alle sovvenzioni del programma National Energy Resources Australia Regional Hydrogen Technology Cluster, è allo studio la costruzione di un impianto per la produzione di idrogeno verde da 250 MW a Bell Bay, il più grande distretto industriale della Tasmania. L’impianto avrà la capacità di produrre 250.000 tonnellate di ammoniaca verde l’anno e creare oltre 500 nuovi posti di lavoro. Sempre in Tasmania è in fase di studio di fattibilità un ulteriore impianto da 500 MW mentre nel Queensland, un altro Stato dell’ Australia, è in costruzione un impianto per produrre elettrolizzatori.

  • Il Portogallo si accende con le FER

    Se il traguardo deve essere la carbon neutrality e la strada da seguire uno sviluppo più deciso della generazione da rinnovabili, il Portogallo si sta ben posizionando in questa particolare classifica. Secondo i dati rilasciati da REN - Redes Energéticas Nacionais, il TSO del Paese lusitano, nei primi 10 mesi del 2021 la produzione da FER ha fornito il 59 per cento del consumo elettrico, per oltre 24.000 GWh. In particolare, il 25 per cento è stato prodotto da idroelettrico, il 24 per cento da eolico, il 6 per cento da biomassa e il 4 per cento da fotovoltaico. Solo il 31 per cento dei consumi elettrici, circa 13.000 GWh, è stato soddisfatto da gas naturale (29 per cento) e carbone (2 per cento), mentre le importazioni hanno coperto il restante 10 per cento. Sempre secondo le ultime rilevazioni di REN, nel periodo gennaio-ottobre 2021 i consumi di elettricità sono cresciuti dell’1,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020, mentre si registra un calo dell’1,9 per cento rispetto al 2019. Nel solo mese di ottobre 2021, si è invece registrato un calo dello 0,9 per cento su base annua.

  • Myanmar, in asta 320 MW di energia solare

    Il nuovo governo militare insediatosi lo scorso inverno in Myanmar (la ex Birmania) ha lanciato un ambizioso programma per la realizzazione di nuovi parchi fotovoltaici per una capacità totale di generazione di 320 MW. In particolare, sono state avviate le aste per la costruzione di 12 impianti da realizzare nel centro del Paese, con una taglia che va dai 20 ai 40 MW ciascuno. Si prevede però, come è avvenuto per le precedenti aste indette dalla giunta militare, che la maggior parte degli investitori statunitensi, europei e giapponesi non parteciperà alla gara, per le crescenti pressioni da parte dei rispettivi Governi al fine di non sostenere il golpe. Va inoltre notato come prima del Covid si stimava che la domanda elettrica del Myanmar sarebbe cresciuta del 15-19 per cento l’anno. La pandemia e, soprattutto, l’interruzione delle maggiori attività economiche e degli scambi commerciali a seguito del colpo di stato, hanno invece determinato un forte calo della domanda di elettricità, sollevando dubbi sulla fattibilità di qualsiasi nuovo investimenti energetico.

  • Nel nucleare la Svizzera promossa a pieni voti

    A margine dell’incontro dei Ministri europei dell’energia, indetto per affrontare il “caro bollette”, più voci hanno chiesto di inserire nella tassonomia verde anche il nucleare, ritenuto necessario per la transizione energetica. In Svizzera, dove sono presenti cinque centrali nucleari, si è conclusa la missione dell’ Integrated Regulatory Review Service (IRRS), un team di esperti che periodicamente sono inviati dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) per controllare, migliorare e sviluppare la sicurezza nucleare in tutto il mondo. La missione dell’IRRS, che ha esaminato le strutture e le attività regolate dall’Ispettorato federale per la sicurezza nucleare elvetico (IFSN), ha stabilito che il sistema di sicurezza nucleare soddisfa gli standard internazionali dell’attuale quadro normativo dell’AIEA. “Da una parte - ha dichiarato Marc Kenzelmann, direttore dell’IFSN - la valutazione esterna ci permette di assicurare che stiamo attuando tutti i requisiti dell’AIEA nel nostro sistema di sorveglianza. D’altro canto, le raccomandazioni degli esperti internazionali sui temi in cui possiamo migliorare sono molto preziose per il nostro lavoro”. Attualmente nel Paese sono cinque gli impianti nucleari (Beznau I & II, Mühleberg, Gösgen e Leibstadt) che generano il 35 per cento dell’elettricità svizzera, a cui si sommano tre reattori di ricerca (all’Istituto Paul Scherrer di Würenlingen, al Politecnico federale di Losanna e all’ Università di Basilea) e il deposito nazionale per le scorie radioattive ZWILAG di Würenlingen. La centrale nucleare di Mühleberg è stata disattivata nel dicembre 2019 ed è ora in fase di smantellamento.

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