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  • Storage in USA: nel secondo trimestre 2022 oltre 2 GWh di nuova capacità

    Parola d’ordine: accumulo. Un’indicazione che negli Stati Uniti sembra essere stata colta senza indugio. Lo dimostrano i dati raccolti nell’ultimo rapporto US Energy Storage Monitor, pubblicazione trimestrale di Wood Mackenzie Power & Renewables e dell’American Clean Power Association (ACP). Nel secondo trimestre del 2022 il mercato statunitense dell’accumulo di energia ha stabilito un nuovo record di installazioni, per un totale di 2,6 GWh. Un risultato dovuto in larga parte allo Stato del Texas, che ha contribuito per il 60 per cento alla capacità installata nel trimestre e nonostante altri progetti per 1,1 GW già programmati abbiano subito ritardi e andranno quindi a ricadere nella contabilità della seconda parte dell’anno. “Negli Stati Uniti - ha dichiarato Jason Burwen, vicepresidente Energy Storage in ACP - il settore dell’accumulo di energia sta raggiungendo la piena maturità, con oltre 1 GW installato regolarmente ogni trimestre”. Un effetto ottenuto anche grazie all’approvazione da parte del Congresso USA dell’estensione del credito d’imposta sugli investimenti solari e sullo stoccaggio autonomo come parte dell’Inflation Reduction Act. “Con i nuovi crediti d’imposta disponibili dall’Inflation Reduction Act - prosegue ancora Jason Burwen - la domanda per gli investitori e gli operatori di rete ora non è se implementare l’accumulo, ma quanto distribuirlo e quanto velocemente”. Elementi che secondo Wood Mackenzie consentiranno di aggiungere 59,2 GW di capacità di accumulo di energia entro il 2026.

  • Australia, in vista nuovo impianto di accumulo da 1 GW

    La generazione di energia da fonti rinnovabili, per loro natura non programmabili, deve essere supportata da adeguati sistemi di accumulo, in modo da garantire la sicurezza e la stabilità della rete. In Australia il Regional Joint Development Assessment Panel (JDAP) della Contea di Collie - un organo decisionale indipendente composto da esperti, tecnici e rappresentanti del governo locale - sta ora ultimando l’iter autorizzativo che consentirà la realizzazione di un nuovo sistema di accumulo di energia a batteria (BESS) con una capacità di 1 GW/4 GWh. Il progetto della batteria di Collie, come è stato ribattezzato e che sarà avviato nei pressi della cittadina che dista circa 215 km da Perth, prevede uno sviluppo in cinque fasi da 200 MW/800 MWh e sarà realizzato su un’area di 12,5 ettari. Una volta in servizio, il BESS sarà collegato al South West Interconnected System (SWIS), la principale rete elettrica statale, e contribuirà alla sicurezza del sistema in termini di inerzia, controllo della frequenza, potenza del sistema e controllo della tensione. Una volta completata la prima fase, il sistema di storage sarà in grado di fornire una capacità di stoccaggio sufficiente a coprire per un’ora il fabbisogno energetico medio di 260.000 famiglie. Sempre nell’ambito del progetto, è prevista la realizzazione di una nuova sottostazione con trasformatori di potenza e una linea di cavi aerei da 330 kV.

  • Dai porti della Germania un treno carico di…. idrogeno!

    Se l’idrogeno - quello verde, ovviamente - sembra ormai essere una delle opzioni su cui l’Europa punta per traguardare gli obiettivi di decarbonizzazione, rimangono da risolvere problemi come l’alto costo di produzione e la sua distribuzione. In Germania DB Cargo, la divisione di Deutsche Bahn specializzata nel trasporto merci e leader in Europa con il 21 per cento di quota di mercato, ha sviluppato una soluzione per trasportare grandi quantità di idrogeno su rotaia. Un sistema alternativo, in attesa della realizzazione dei gasdotti, per trasferire l’idrogeno dai porti tedeschi ai clienti industriali situati nell’entroterra. In particolare, l’H2 che arriverà in Germania via mare in forma liquida sarà trasportato da carri cisterna già predisposti per gli impieghi dell’industria chimica. “L’idrogeno - ha dichiarato Sigrid Nikutta, responsabile di DB Cargo - svolgerà un ruolo importante nel futuro mix energetico. Abbiamo sviluppato una soluzione che lo trasporta in modo facile ed efficiente dai porti ai consumatori, in particolare ai nostri clienti industriali. È così che possiamo creare una catena di approvvigionamento sicura ed efficiente per l’economia tedesca”. DB Cargo sta contestualmente lavorando allo sviluppo di particolari contenitori da utilizzare nella distribuzione su piccola scala. Il governo federale tedesco stima che entro il 2030 la domanda di idrogeno nel Paese raggiungerà i 100 TWh l’anno.

  • Dalle rinnovabili un aiuto per ridurre i costi energetici del settore della plastica

    Offrire alle imprese dell’industria della plastica soluzioni al problema del caro energia, fornendo le informazioni necessarie a comprendere quale sia la proposta impiantistica più efficace in funzione delle esigenze produttive di ogni specifica azienda del settore. Questo il cuore del protocollo di collaborazione tra ANIE e Unionplast. Un passo in avanti verso l’abbattimento dei costi energetici e, insieme, verso la sostenibilità. L’accordo firmato dal presidente Filippo Girardi per ANIE - Federazione che associa 1.400 aziende delle filiere dell’elettrotecnica e dell’elettronica, con circa 500.000 occupati e un fatturato aggregato di 76 miliardi di euro - e da Marco Bergaglio, presidente di Unionplast - l’Unione Nazionale dei trasformatori di plastica, associazione nata nel 1945 che conta 283 aziende e occupa 21.000 addetti - mira proprio ad accelerare il processo di transizione verso l’uso di fonti alternative. Attraverso il protocollo si intende sviluppare presso i soci Unionplast un percorso congiunto per favorire la diffusione di investimenti verdi finalizzati a realizzare impianti di produzione da fonti rinnovabili. Avvalendosi delle competenze di ANIE Rinnovabili e ANIE Servizi integrati, gli interventi saranno concentrati su tre pilastri: informazione, formazione e consulenza, relazioni istituzionali. L’industria italiana della trasformazione della plastica rappresenta un settore di primaria importanza nel panorama industriale e una eccellenza a livello internazionale, seconda in Europa solo alla Germania. Questo significa circa 6 milioni di tonnellate di polimeri trasformati ogni anno e 100.000 occupati in aziende di taglia piccola e media. Il settore ha intrapreso da anni un percorso di circolarità sul lato materiali - 1 milione e 200mila tonnellate dei 6 lavorati è plastica riciclata - con un processo ben avviato e consolidato. “L’accordo siglato con ANIE consentirà di ridurre i costi energetici che gravano sulle nostre aziende, prevedendo percorsi di formazione per i nostri soci - commenta Marco Bergaglio, presidente di Unionplast - che acquisiranno maggiore consapevolezza sulle tecnologie offerte dalle rinnovabili, contribuendo a velocizzare lo sviluppo di questi impianti per il raggiungimento dei target di transizione ecologica del Paese”. Se, da una parte, l’impulso alla decarbonizzazione dato dall’adozione del vettore elettrico per i processi di fusione dei materiali e di affinamento ha portato maggiore efficienza, oggi il settore si trova a fare i conti con una bolletta energetica pesante. Da qui, l’avvio di un processo che porti a una maggiore indipendenza, sostenibilità e risparmio.

  • Quando il price cap non tutela i consumatori. Il caso della Gran Bretagna

    Una delle soluzioni suggerite, o paventate, per calmierare i costi di gas e luce è l’introduzione di un tetto ai prezzi, che potrebbe essere imposto dal Governo. Una soluzione controversa che ha già dimostrato tutte le sue falle nel mercato britannico. Un’accurata analisi pubblicata sul numero in distribuzione di Nuova Energia prova a spiegarne i motivi. “Il Regno Unito - scrive Carolina Gambino su Nuova Energia - è il Paese con le minori riserve di gas, l’1 per cento delle scorte totali europee e i Britons sono quindi in balia dell’import. E dei relativi prezzi”. Inoltre, nella patria delle liberalizzazioni ci sono ancora undici milioni di utenti domestici che non hanno mai switchato, o che non hanno scelto nessuna particolare opzione, e a cui viene pertanto applicata una default tariff, la tariffa base di un fornitore, generalmente la più svantaggiosa. È proprio per tutelare questa fascia di consumatori, vincolati a offerte che l’Autorità definisce troppo costose a fronte di quanto effetti­vamente fornito, che è stato introdotto un tetto massimo al prezzo per unità di energia applicabile e agli oneri fissi. In particolare, il cap è determinato dall’Ofgem (Office of Gas and Electricity Markets) due volte l’anno, a febbraio e agosto, ed entra in vigore in aprile e in ottobre per la durata di sei mesi. Ma se l’introduzione del tetto è stata salutata con gioia dalle associazioni per la tutela dei consumatori - continua l’analisi di Carolina Gambino - l’industria è, per usare un eufemismo, meno entusiasta. Il cap, nella migliore delle ipotesi, erode i margini a livelli pericolosi e molti si affrettano a dirottare i clienti, in modi più o meno ortodossi, verso piani tariffari più redditizi. Non solo; il meccanismo semestrale non è abbastanza elastico per riflettere le variazioni di prezzo di un mercato ipermutevole e le piccole aziende sono incapaci di bloccare i prezzi acquistando in anticipo e riducendo l’esposizione alle fluttuazioni. E anche se il price cap continuerà, fino al 2023, a far parte del nuovo ordine del mercato, istituzioni e associazioni di categoria come Energy UK si chiedono se sia ancora utile persino per i consumatori, dal momento che non riesce comunque a proteggerli dai rincari. Secondo John Penrose, il primo parlamentare a proporre il price cap alla House of Commons, il meccanismo non sarebbe più adatto allo scopo per cui è stato creato. Governo, associazioni e industria sono all’opera per studiare una exit strategy e alternative per il futuro.

  • Caro energia UK, con la strage di provider cresce la povertà energetica

    Il caro bollette non colpisce solo l’utente finale, industriale o domestico che sia. Una conseguenza altrettanto dirompente ricade su chi, questa elettricità, la commercializza: i cosiddetti provider, molti a rischio fallimento. Caso emblematico, quello della Gran Bretagna, uno dei mercati più liberalizzati al mondo. L’analisi di Nuova Energia. È metà di settembre 2021 - inizia così l’approfondimento di Carolina Gambino - quando il Segretario di Stato per gli affari economici, l’energia e la stra­tegia industriale del Regno Unito riunisce una serie di incontri mini­steriali di emergenza con i fornitori di energia e l’Autorità di regolazio­ne per sondare la profondità di una crisi che, si spera, non significherà un inverno al freddo e al buio. Il messaggio delle dichiarazioni pubbliche a corollario degli incon­tri è: niente panico. La sicurezza delle forniture non è in discussio­ne, non ci si aspetta emergenze in questo senso nell’inverno a venire. Invece, a febbraio 2022 la moria di sup­plier è già a quota 31 e serviranno 2,7 miliardi di sterline per dirottare verso aziende più solide i due milioni e mezzo di clienti dei provider falliti; costi che andranno ad appesantire le bollette già poco sostenibili di tutte le famiglie inglesi. National Energy Action - continua Carolina Gambino su Nuova Energia - nell’aprile 2022 stimava che 6,5 milioni di famiglie britanniche stessero vivendo in condizioni di povertà energetica, un peggioramento rispetto i 4 milioni dell’ottobre 2021. Ma quel che preoccupa di più è la previsione: i poveri dell’ener­gia potrebbero salire a 8,2 milioni, certo a causa della crisi energetica globale ma anche dei meccanismi particolari di un mercato nazionale dove in un circolo vizioso i provider falliscono a causa dei costi eccessivi, diventando a loro volta fonte di ulteriori costi.

  • In Gabon nuovo impianto solare da 120 MW

    Con il Piano di bilancio a medio termine 2022-2024 il governo del Gabon ha confermato gli obiettivi previsti dal Piano di Accelerazione della Trasformazione per favorire lo sviluppo di impianti rinnovabili. In questo contesto, sei mesi dopo l’approvazione da parte del Ministero dell’Energia e delle risorse idrauliche, ha preso il via la realizzazione del nuovo impianto solare di Ayémé, da 120 MW. L’impianto, che sarà costruito in due fasi, è situato su un’area di 250 ettari a circa 30 chilometri dalla capitale Libreville e sarà completato entro luglio 2023. La prima fase del progetto prevede l’installazione di pannelli fotovoltaici per un totale di 60 MW, oltre a un sistema di accumulo di energia con una capacità di 15 ore. Il nuovo impianto consentirà di soddisfare il crescente fabbisogno energetico della capitale e della provincia dell’Estuaire, nel nord ovest del Paese, oltre a contribuire a ridurre le emissioni di CO2 di circa 100.000 tonnellate l’anno già durante la prima fase. Grazie a un accordo di acquisto di energia a lungo termine (PPA) siglato dal governo del Gabon, per i prossimi 25 anni tutta l’elettricità prodotta sarà venduta alla Société d’énergie et d’eau du Gabon (Seeg). Il Gabon si è posto come obiettivo di avere l’80 per cento di energia rinnovabile nel proprio mix energetico al 2030.

  • Anche il climate change incide sul mix delle rinnovabili

    Il cambiamento climatico non solo impatta fortemente sull’andamento dei prezzi dell’energia, ma incide anche sul mix energetico rinnovabile. A giugno le temperature torride hanno fatto registrare un meno 38 per cento di produzione da idroelettrico e hanno spinto il PUN - Prezzo Unico Nazionale a 271,31 euro/MWh, con punte di 368 euro/MWh. Quello che emerge scorrendo il report dei prezzi del secondo trimestre 2022 redatto da Falck Renewables Next Solutions è proprio il rapporto biunivoco tra rinnovabili e cambiamento climatico. Nonostante l’aumento delle installazioni e il maggiore irradiamento solare abbiano portato a un aumento del 20 per cento della produzione fotovoltaica, la siccità record - la peggiore degli ultimi 70 anni in Europa - ha fatto mancare l’apporto hydro tra maggio e giugno, periodo in cui solitamente questo è più marcato. Il crollo dell’idroelettrico - con un calo di 2.100 GWh - ha fatto sì che a giugno il Residual Load - ovvero lo scarto tra la domanda e la produzione rinnovabile - si attestasse a 13.655 GWh, 2.000 GWh in più rispetto alla media degli ultimi cinque anni (2018 - 2022). Anche il perdurare della guerra in Ucraina continua a incidere in maniera significativa sul mercato dell’energia, confermando il trend generale di crescita dei prezzi con il conseguente aggravio dei costi per gli utenti finali. “Siamo tutti consapevoli della centralità delle rinnovabili nello sviluppo di una società più sostenibile e nel contrasto al cambiamento climatico” dichiara Luca Prosdocimi, Head of Trading di Falck Renewables Next Solutions. “Ciò che emerge con chiarezza è come questo rapporto sia biunivoco, ossia quanto il cambiamento climatico possa a sua volta modificare il nostro modo di produrre energia”. I dati del report diventano ancora più significativi se riflessi nell’ottica delle previsioni al rialzo sul terzo trimestre 2022. Con un livello di tensione così alto tra gli operatori, dove ogni news ha un impatto spropositato sui prezzi delle commodity energetiche, è difficile immaginare un autunno privo di volatilità e incertezza.

  • Treni a idrogeno? Il caso studio della Sardegna

    I trasporti sono un settore fortemente energivoro e, soprattutto, ancora dipendente dall’utilizzo di combustibili fossili. Il dibattito è soprattutto incentrato sul possibile blocco al 2035 alla produzione di auto a combustione interna, ma non vanno dimenticati altri vettori, come aerei, navi e treni. Sul numero in distribuzione di Nuova Energia viene presentato un interessante studio di RSE - Ricerca sul Sistema Energetico su una possibile riconversione a idrogeno della rete ferroviaria sarda, non elettrificata e caratterizzata da un sistema di trazione a diesel. Terza regione per estensione, con 377 comuni dislocati in quattro provincie, la Sardegna ha una rete ferroviaria lunga 1.035 chilometri ma poco utilizzata per gli spostamenti, che avvengono per il 99,9 per cento su gomma. Lo studio di RSE propone un’analisi comparativa, a parità di domanda e offerta di mobilità della rete ferroviaria sarda, per analizzare, rispetto alla situazione attuale, quali effetti ne deriverebbero in termini di consumi energetici e di impatto ambientale, senza trascurare la sostenibilità economica. “Il caso studio - affermano i ricercatori di RSE - evidenzia un potenziale vantaggio dell’utilizzo di idrogeno come combustibile nel trasporto ferroviario in termini di emissioni evitate, mentre dal punto di vista della sostenibilità economica non si riscontra evidenza di convenienza rispetto alla elettrificazione delle tratte attualmente servite da motrici alimentate con diesel”. Va notato che il fondo complementare al PNRR ha già previsto 140 milioni di euro per il progetto pilota di collegamento a idrogeno Alghero centro - Alghero aeroporto.

  • Economia circolare: dai reflui, un camion (anzi, 40) di biometano liquido

    In questi casi citare De Andrè è scontato, ma lo faremo ugualmente: dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori. E a Truccazzano, in provincia di Milano - dove Air Liquide e Dentro il Sole hanno inaugurato la loro prima unità produttiva di biometano in Italia - nascono fiori preziosi come lo è il gas di questi tempi. Con un investimento di circa 10 milioni di euro, l’impianto lombardo valorizza circa 150 tonnellate/giorno di scarti agricoli e zootecnici delle aziende limitrofe e contribuisce alla decarbonizzazione del settore trasporti producendo biometano tramite digestione anaerobica biogas, che garantisce un’impronta carbonica ridotta rispetto al gas naturale estratto da fossili. Attraverso le tecnologie di Air Liquide il biogas viene purificato in biometano e quindi liquefatto per essere utilizzato come combustibile. La capacità di produzione è pari a 1.600 tonnellate/anno di biometano liquido, che corrispondono grosso modo al rifornimento di 40 camion che percorrono 100.000 km l’anno. L’unità di Truccazzano è altresì dotata di una tecnologia specifica che purifica il digestato, un sottoprodotto della produzione del biometano, che può essere utilizzato dagli agricoltori come fertilizzante avanzato, sia sotto forma liquida sia solida. Una circolarità totale del processo, vero e proprio esempio virtuoso di economia circolare. “Sono entusiasta di essere con voi a inaugurare la nostra prima unità di produzione di biometano in Italia - ha dichiarato Christiane Muller, Vice President Air Liquide Global Markets & Technologies - la prima di molte altre che seguiranno. Sono convinta che il biometano abbia un futuro brillante davanti a sé: è una soluzione già disponibile, testata ed efficace per la decarbonizzazione. Riduce la dipendenza dai combustibili fossili - e questo nella situazione attuale diventa ancora più pregnante - valorizza i reflui, aggiunge valore al settore agricolo e origina posti di lavoro sul territorio”. Replicando il medesimo modello di business Air Liquide ha già avviato la costruzione di altri due impianti produttivi, a Fontanella e a Covo, in provincia di Bergamo, che saranno operativi entro la fine del 2022. Il Gruppo ha competenze lungo l’intera catena del valore del biometano: dalla produzione di biogas dai rifiuti e scarti alla sua purificazione in biometano, dalla liquefazione allo stoccaggio e al trasporto fino alla distribuzione. A livello globale, conta oggi 22 unità produttive (saranno 25 entro la fine del 2022) in Europa, negli Stati Uniti e in Cina, per una capacità annua di 1,6 TWh. “Questo impianto è il primo di una lunga serie che Air Liquide ha in animo di costruire - ha dichiarato GianLuca Cremonesi, Direttore Generale di Air Liquide Biogas Solution Italy - principalmente nel Nord Italia. Il nostro piano industriale prevede un discreto numero di progetti: oltre ai due che saranno avviati entro la fine dell’anno, ne abbiamo altri due per i quali abbiamo già i permessi e di cui abbiamo iniziato la fase progettuale”. Air Liquide replicherà lo schema progettuale messo in opera a Truccazzano - individuare i partner agricoli, selezionare l’ubicazione più indicata per l’impianto, costituire una società di scopo dedicata - su una ventina di nuovi progetti. Società che comprende, oltre agli agricoltori, i due partner industriali: Dentro Il Sole (DIS), il cui know-how tecnologico consente di ricavare il biogas da letame e da scarti agro-zootecnici, e Air Liquide che si occupa del gas to liquid e che trasforma il biogas in biometano liquido. Dal campo alla stalla, dalla stalla alla strada per poi tornare al campo sotto forma di fertilizzante avanzato (e anche - perché no! - come carburante per i mezzi agricoli). Insomma, come ha chiosato Giuliano Mattavelli, General Manager di DIS, si tratta proprio di economia circolare che “fa più di un giro completo. Quasi un giro e mezzo!”.

  • Nichel e cobalto, un nuovo futuro per il Botswana

    Non sempre la ricerca di risorse minerarie significa solo sfruttamento di Paesi in via di sviluppo. Durante l’ultima riunione dei capi di governo del Commonwealth, il Canada ha infatti annunciato il via del nuovo progetto di Process Research Ortech (PRO) realizzato in joint venture con il Botswana Institute for Technology Research and Innovation (BITRI). Il progetto, del valore di 129 milioni di dollari canadesi (circa 100 milioni di dollari americani), prevede la realizzazione di un impianto per la produzione di 30.000 tonnellate/anno di Sali di nichel e cobalto di alta qualità da utilizzare per i veicoli elettrici e i sistemi di accumulo. E punta a garantire che le risorse naturali locali siano utilizzate per creare attività di filiera a monte e a valle per una crescita dell’economia locale. Il BITRI è stato istituito nel 2012 dal Ministero dell’istruzione, della ricerca, della scienza e della tecnologia del Botswana proprio per sviluppare o adattare soluzioni tecnologiche che forniscano soluzioni innovative in linea con le priorità e le esigenze nazionali del Paese. La joint venture tra PRO e BITRI rappresenta inoltre una grande opportunità per la rivitalizzazione e ammodernamento dell’estrazione di nichel in Botswana.

  • Transizione ecologica, arriva il nuovo Decreto biometano

    Se il gas naturale scarseggia, il biometano guadagna terreno. Il ministro Cingolani ha firmato l’atteso Decreto che stanzia 1,7 miliardi di euro del PNRR destinati alla costruzione di nuovi impianti e al revamping o repowering degli impianti di biogas esistenti. Le prime procedure competitive pubbliche entro fine anno. Dopo che la Commissione Europea ha riconosciuto la compatibilità con la normativa in materia di aiuti di Stato, il Decreto biometano è tornato sulla scrivania di Roberto Cingolani, ministro della transizione ecologica, per la firma. Le misure individuate, si legge nell’atto, naturalmente sono in linea con la politica di decarbonizzazione, riduzione della dipendenza dal gas estero e sviluppo dell'economia circolare delineata dalla normativa europea e dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La versione definitiva del testo prevede un contributo in conto capitale del 40 per cento sulle spese sostenute, come anticipato lo scorso luglio. Il Decreto biometano prevede inoltre un incentivo sulla produzione di questa fonte green, stabilendo tariffe differenziate in base ai costi degli impianti e fissa contingenti di potenza annui per valorizzare il potenziale delle riconversioni degli impianti di biogas esistenti e la nascita di nuove produzioni. I prossimi passi saranno la registrazione presso la Corte dei Conti e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Entro fine anno dovrebbero dunque partire le aste pubbliche competitive al ribasso sulle tariffe incentivanti, che si chiuderanno nel 2024 e, in ogni caso, quando si esauriranno i fondi del PNRR.

  • In arrivo in Italia il primo data center a energia geotermica

    Larderello, frazione del Comune di Pomarance, provincia di Pisa. Siamo nella terra della geotermia, dove questo tipo di fonte energetica è stata usata per la prima volta in Italia a livello industriale. Una risorsa che può essere utilizzata anche in ambiti diversi da quelli termoelettrici, sempre con grandi benefici per il territorio, come dimostra l’innovativo progetto di Geoveda, start-up toscana che si appresta a realizzare a Larderello un data center in cui le sale server e i dispositivi di backup saranno alimentati e raffrescati grazie al calore della terra. L’energia geotermica servirà infatti sia per alimentare i server e i dispositivi primari e di backup, sia per abbattere le elevate temperature che queste apparecchiature raggiungono per l’elaborazione dei dati. Con un sostanziale beneficio, oltre alla sostenibilità: i costi del processo sono decisamente inferiori a quelli che si avrebbero utilizzando energia elettrica prodotta con altre fonti. Come riporta il sito di AIRU, l’Associazione Italiana Riscaldamento Urbano, Geoveda ha scelto Larderello, dove sarà utilizzata un’area di 6.000 m2, proprio per alcune caratteristiche ritenute ideali: la risorsa geotermica in primo luogo; la presenza della fibra ottica - posata tre anni fa grazie a un progetto finanziato dal MiSE e dalla Regione Toscana; e il basso rischio sismico, determinante per la costruzione di una struttura così importante. Questo progetto pilota rappresenta il primo esempio di climatizzazione e di raffreddamento da geotermia 24 ore su 24 in un contesto industriale e potrà essere replicato in altre aree geotermiche. Una volta realizzato, il Green Data Center farà di Larderello un modello non solo a livello nazionale, in un’ottica di diversificazione della risorsa geotermica, di valorizzazione del territorio e di nuovi insediamenti industriali a basso impatto ambientale.

  • Passante (Hitachi Energy): “Cambia il panorama dei consumatori di energia”

    La connessione tra la generazione di energia - preferibilmente rinnovabile - da una parte e il consumo di energia dall’altra, verso vecchi e nuovi uti­lizzatori (data center e trasporti in primis). Da oltre cento anni - anche se con altre denominazioni - Hitachi Energy intercetta tutti gli ambiti in cui l’elettricità può avere un peso. Una realtà industriale che si pone in Italia come uno dei principali attori, radicata sul territorio con tre unità produttive a Monselice, Lodi e Santa Palom­ba (Roma), che conosce perfettamente il mondo industriale e le sue esigenze, fornendo le migliori soluzioni in tema di Power Transmission, HV­DC, Power Quality, Substation e Power Supply. In occasione dell’inaugurazione del nuovo headquarter di Milano Filippo Passante, Operating Unit Manager, business unit Grid Integration di Hitachi Energy Italy ha aperto le porte di questa eccellenza a Nuova Energia, parlando dei nuovi paradigmi determinati dalla transizione energetica. “Abbiamo voluto ampliare il campo d’azione perché sta cambiando il panorama dei grandi consumatori di energia. I data center e i trasporti pub­blici locali, per esempio, sono nuovi player che si affacciano sul mercato e che solo pochi anni fa non eravamo abituati a considerare. In particolare, la parte di data center merita una men­zione, perché siamo di fronte a nuovi consumatori sicuramente energivori”. Power Supply significa fornitura di potenza a vecchi e nuovi consumatori e nel caso della mobilità elettrica siamo sicuramente di fronte a un nuovo consumatore. Per quanto riguarda il trasporto su gomma di passeg­geri e merci, Hitachi Energy si rivolge soprattutto alla mobilità elettrica legata alle flotte: gli autobus, ovviamente, ma anche i veicoli com­merciali adibiti al trasporto per il last mile. Senza dimenticare il trasporto ferroviario o navale, dove Hitachi Energy propone soluzioni per l’interconnessione delle navi portacontainer o da crociera alla rete elettrica portua­le in modo da consentirne lo spegnimento dei motori quando sono ormeggiate alla banchina.

  • Myanmar, le terre rare minacciano l’ambiente

    Impianti eolici, veicoli elettrici e semplici smartphone hanno fatto delle terre rare il nuovo oro nero, dando il via a una corsa senza confini alla ricerca e allo sfruttamento delle miniere. Con conseguenze spesso disastrose a livello sociale e ambientale. Nel rapporto Myanmar’s Poisoned Mountains rilasciato da Global Witness - organizzazione con sede nel Regno Unito che si batte per i diritti umani nel mondo - è mostrato come nella ex Birmania l’estrazione di terre rare è aumentata in modo considerevole, soprattutto dopo il colpo di stato militare del 2021, con un impatto devastante sugli ecosistemi locali. Ciò avviene in particolare nella zona di Kachin, dove circa 16.000 cittadini cinesi si sono trasferiti dalla provincia di Jiangxi per lavorare nelle miniere birmane, nelle quali anche i bambini sono impiegati per svolgere i lavori manuali più pesanti. “Le immagini satellitari hanno rilevato che l’estrazione di terre rare è passata da un piccolo numero di siti a più di 2.700 centri di raccolta mineraria in quasi 300 località, su un’area delle dimensioni di Singapore”. Operazioni che nella maggior parte dei casi prevedono processi di estrazione altamente inquinanti, con avvelenamento dei corsi d’acqua locali. “I rifiuti pericolosi dell’area mineraria - si legge nel rapporto - scorrono direttamente nel fiume N’Mai Kha, un affluente dell’Ayeyarwady, il fiume più importante del Myanmar e anche le colture coltivate vicino alle miniere sono contaminate”. Da notare che il bacino del fiume Ayeyarwady ospita i due terzi della popolazione del Myanmar, che conta 54 milioni di persone.

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