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  • In Turchia soffia forte il vento: 75 GW il potenziale dell’eolico offshore

    La Turchia, che dipende per il 74 per cento dalle importazioni per soddisfare la propria domanda di energia, punta a sviluppare l’eolico e il solare per aumentare la quota di fonti rinnovabili nel proprio mix energetico. Istituita il 5 aprile scorso con l’obiettivo di promuovere gli investimenti negli impianti eolici offshore, la Offshore Wind Energy Association (DURED - Denizüstü Rüzgar Enerjisi Derneği) stima in circa 75 GW il potenziale totale dell’energia eolica offshore del Paese. In particolare, la regione dell’Egeo - dove il vento raggiunge velocità di anche 9 metri al secondo (20 miglia all’ora) - ha un potenziale di 25 GW, seguita dalla regione della Marmara e del Mar Nero. “Uno sviluppo - ha dichiarato Murat Durak, presidente di DURED – considerato anche dal Piano strategico del Ministero dell’energia e delle Risorse naturali turco che prevede per i prossimi anni 10 GW di nuovi progetti per l’energia eolica offshore”. Secondo l’Associazione turca per l’energia eolica (TUREB), a fine 2019 erano 198 le centrali eoliche attive nel Paese, con una produzione di oltre 8.000 MW.

  • Nel mix bulgaro rallentano le FER

    Non tutto il mondo è Paese. Un detto che si ritaglia come un abito di Caraceni per la Bulgaria. Se in gran parte dell’Europa le fonti rinnovabili acquistano sempre più quota nel mix energetico, la produzione della nazione balcanica va decisamente controcorrente. Secondo i dati resi noti da Elektroenergien Sistemen Operator (ESO), il gestore del sistema di trasmissione dell’energia elettrica bulgaro, nella produzione di elettricità del primo trimestre del 2021 la quota delle fonti rinnovabili è diminuita. In particolare, i dati indicano che nel periodo tra l’1 gennaio e il 18 aprile 2021, la quota di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili è calata del 14,4 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020, a fronte di un aumento della produzione totale del 7,6 per cento e di un maggior consumo dell’1,39 per cento. Attualmente, le centrali a carbone generano ancora circa il 40 per cento dell’elettricità della Bulgaria.

  • FER al 16,5 per cento nel 2025 in Cina (supportate dai turbogas...)

    Entro la fine del 14° Piano quinquennale, che copre il periodo 2020-2025, il governo cinese prevede che il 16,5 per cento della produzione energetica del Paese sarà generata da eolico e fotovoltaico. In particolare la National Energy Administration (NEA), responsabile della formulazione e dell’attuazione dei piani di sviluppo energetico e delle politiche industriali cinesi, afferma che alla fine del 2021 l’energia eolica e solare rappresenteranno l’11 per cento della produzione, rispetto al 7 per cento del 2020, per aumentare ulteriormente fino al 2025. Aumento di generazione rinnovabile che, sempre secondo la NEA, comporterà però la necessità di impianti di accumulo e centrali elettriche a gas per supportare i momenti di picco, al fine di rendere il sistema elettrico cinese flessibile e sicuro. A margine del summit per il clima organizzato per festeggiare la Giornata della Terra, il presidente cinese Xi Jinping ha inoltre annunciato che la Cina aumenterà a circa il 25 per cento la quota di combustibili non fossili entro il 2030, nel quadro delle azioni che impegnano il Paese a ridurre le emissioni di carbonio.

  • La decarbonizzazione nei Caraibi? È in alto mare...

    L’Estado Libre Asociado de Puerto Rico, l’isola caraibica che ufficialmente è uno Stato associato degli USA e che punta a diventare il 51° Stato americano, è decisamente indietro nel proprio programma di decarbonizzazione al 2050 che prevede, come obiettivo intermedio, il 40 per cento di energia rinnovabile al 2025. L’Energy Information Administration (EIA) degli Stati Uniti ha infatti rilevato come il contribuito delle rinnovabili a Porto Rico nel 2020 sia stato solo del 2,5 per cento, mentre il resto dell’elettricità nell’isola è stata generata per il 29 per cento da gas naturale, per il 19 per cento da carbone e per la rimanente parte da gasolio. È quindi indispensabile, continua l’analisi della EIA, che vengano previsti finanziamenti per installare nuova capacità rinnovabile, oltre a quelli necessari per il miglioramento della rete. Il Puerto Rico Energy Public Policy Act (PREPA), convertito in legge nel maggio 2019, prevede una tabella di marcia oltremodo ambiziosa per qualsiasi Paese: 40 per cento di rinnovabili entro il 2025, 60 per cento entro il 2040, per giungere al 100 per cento nel 2050.

  • Off-taking? Yes, please!

    Usiamo la fantasia e immaginiamo che potrebbe essere stata questa, sintetizzata in uno slogan, la risposta che AREN ha dato a Falck Next Energy quando - per la seconda volta consecutiva - ha scelto di rinnovare la partnership con l’azienda della divisione Next Solutions di Falck Renewables per il ritiro e il dispacciamento degli oltre 150 GWh/annui prodotti dai suoi 22 impianti a fonte rinnovabile. Questi tipi di contratto, ormai molto diffusi, permettono a tutti i produttori di vendere la propria energia a un acquirente (il cosiddetto off-taker) negoziando le migliori condizioni economiche e rappresentano un’alternativa offerta dal mercato libero rispetto al Ritiro Dedicato del Gestore dei Servizi Energetici (GSE). “Abbiamo scelto nuovamente Falck Next Energy perché abbiamo trovato un partner affidabile e di grande esperienza.” ha dichiarato Gabriele Gentili, amministratore delegato di AREN. “Non si sono limitati all’acquisto dell’energia, ma ci hanno fornito un’assistenza a 360 gradi, affiancando un servizio di consulting, comprensivo di strumenti di analisi di mercato” ha aggiunto Laura Masini, a capo del dipartimento Trading di AREN. Secondo l’accordo appena siglato, Falck Next Energy non solo acquisterà l’energia prodotta dagli impianti AREN (12 fotovoltaici, 4 idroelettrici, 6 eolici), ma si farà carico della responsabilità della partecipazione ai mercati e degli oneri di sbilanciamento che, attraverso una corretta analisi e gestione delle performance, saranno ridotti al minimo. “Grazie al servizio di outlook sui mercati offerto dal nostro team di specialisti e attraverso l’utilizzo di strumenti proprietari di Asset Management - spiega Marco Cittadini, CEO di Falck Renewable - Next Solutions - effettueremo il monitoraggio delle performance dell’impianto, massimizzando il prezzo di vendita e riducendo al minimo il rischio - e quindi il costo - di sbilanciamento rispetto alla media pagata ad altri operatori”.

  • Nucleare: come Chernobyl segnò la fine di Arturo

    Ricorre oggi l’anniversario della tragedia di Chernobyl, ricordata come uno degli incidenti più gravi legati al nucleare per uso civile. La storia del reattore sovietico si intreccia con la nostra, e in particolare con quella della centrale di Caorso, in provincia di Piacenza. Arturo, come era soprannominato all’epoca l’impianto di Caorso, è rapidamente passato da gigante buono a pericolo a cielo aperto. La vicenda di Arturo (e le conseguenze che l’incidente di Chernobyl ha avuto sul nucleare italiano) è raccontata dai protagonisti dell’epoca nel libro Piacenza, capitale dell’energia - una storia lunga diversi secoli, di cui pubblichiamo un estratto. «Era il 26 aprile 1986 quando, nei pressi di Chernobyl, la popolazione avvertì alcuni boati provenienti da uno dei reattori della vicina centrale nucleare: a causa di un incidente avvenuto durante un test del turboalternatore era “saltato” il reattore a uranio-grafite numero quattro. [...] Quel 26 aprile la grafite contenuta nel nocciolo del reattore andò letteralmente in fiamme e i detriti radioattivi fuoriuscirono dall’impianto per giorni e giorni, quelli più pesanti ricaddero al suolo solo dopo alcuni chilometri, mentre i gas radioattivi e le polveri più leggere furono trascinati dai venti, contribuendo così a contaminare i cieli di mezza Europa. Il giorno successivo il fotoreporter Igor Kostin sorvolava in elicottero il luogo dell’incidente. “La radioattività - disse in seguito in una concitata intervista - era così forte che quasi tutte le fotografie diventarono nere. La pellicola sembrava coperta da uno strato opaco. Quasi tutti i negativi erano neri, come se l’apparecchio fosse stato aperto e la pellicola esposta alla luce. Maria Curie aveva fatto la stessa esperienza quando aveva isolato il radio”. Una soltanto di quelle fotografie si salvò. Il mondo venne a conoscenza dell’incidente di Chernobyl solo tre giorni dopo. Radio Mosca diede infatti l’allarme non prima del 28 aprile, dopo che i centri di controllo di una centrale nucleare svedese, rilevando livelli di radioattività più alti del normale, avevano ipotizzato una perdita in una centrale sovietica. Con l’annuncio ufficiale del disastro le autorità dei singoli Stati europei preposte alle emergenze nucleari rilasciarono raccomandazioni sanitarie alle popolazioni. Se, come in Francia, non vennero prese misure particolari (non lo ritennero necessario), in Italia furono invece comunicati suggerimenti atti ad affrontare l’emergenza: ad esempio si suggerì di evitare il consumo di verdure a foglia larga, pesci, funghi, latte fresco e relativi derivati, oltre a non acquistare generi alimentari provenienti dall’Est». Pierluigi Filippi – anima, primo motore e promotore del volume Piacenza, capitale dell’energia - una storia lunga diversi secoli - per una circostanza casuale si trovava a Mosca il giorno dell’incidente. Pierluigi ci ha lasciato nel 2016; ci piace ricordarlo così, con il suo racconto di quei giorni, riportato nel libro. «Avevo ricevuto dal presidente della cooperativa Val d’Arda di Fiorenzuola l’invito a partecipare ad una gita sociale, dal 26 aprile al 3 maggio, in Unione Sovietica, con visita a Mosca e Leningrado. Accettai volentieri, anche perché non ero mai stato in Unione Sovietica. Arrivammo a Mosca alle 23 dello stesso 26 aprile. All’aeroporto trovammo una fila infinita. Controlli accuratissimi, lenti, la guida che ci accompagnava non si capacitava, non era mai successo. Arrivammo all’albergo Rossia alle 3.30 del mattino. Al risveglio ci servirono una colazione abbondante, con yogurt e latte. Il 28 aprile sparirono latte, yogurt e verdure. Nessuno ci sapeva spiegare perché. La sera del 29 partimmo per Leningrado, dove sentimmo da alcuni turisti italiani che era scoppiata una centrale nucleare a Chieti. I conti non tornavano. Il ritiro del latte e delle verdure, il silenzio delle guide... Il 30 aprile telefonai a Piacenza a Sandro Fabbri, dirigente del servizio di radioprotezione del Pmp. Mi comunicò che era saltata la centrale nucleare di Chernobyl, vicino a Kiev (non Chieti), e che la nube radioattiva era già arrivata in Italia. La guida russa mi confermò la notizia, ma disse che non era accaduto nulla di grave, c’erano stati solo 2 morti ed era in corso un’evacuazione entro il raggio di 30 chilometri dalla centrale. Mi venne un colpo».

  • Ma tu ce l’hai un profilo (di sostenibilità)? Ecco quello di E.ON

    Il 70 per cento delle emissioni di gas serra è legato all’energia. Basta questo dato, unito il continuo aumento dei consumi energetici a livello mondiale, per capire come il settore si trovi a giocare un ruolo da protagonista nel processo verso l’auspicata decarbonizzazione. Non solo attraverso l’impiego di fonti rinnovabili, ma promuovendo un consumo intelligente, grazie anche alla digitalizzazione e reti sempre più smart. Anche E.ON Italia, tra i principali operatori energetici nel nostro Paese con oltre 1,1 TWh di energia verde fornita nel 2020, ha disegnato un proprio modello di business più responsabile e sostenibile, e ha scelto di raccontare il proprio impegno ambientale nella prima edizione del suo Profilo di Sostenibilità. Si parte dai principali traguardi - economici, ambientali e sociali - raggiunti lo scorso anno; un anno che, nonostante la crisi sanitaria ed economica, ha visto E.ON crescere e sviluppare quei progetti di sostenibilità ed efficienza energetica che da sempre identificano il Gruppo. “La sostenibilità è al centro del nostro modello di business – ha dichiarato Marcello Donini, Corporate Social Responsibility Manager di E.ON Italia - e crediamo che solo con un impegno concreto e condiviso riusciremo a costruire insieme un futuro sostenibile per tutti. Il lavoro svolto con la matrice di materialità e lo stesso Profilo di Sostenibilità sono un ulteriore tassello della nostra visione orientata al coinvolgimento degli stakeholder in una comunità di individui consapevoli, dove promuovere la diffusione di comportamenti sostenibili”. Oltre a mettere il luce i 1.700 impianti fotovoltaici residenziali installati nel 2020 (il doppio rispetto al 2018), il Profilo di Sostenibilità di E.ON sottolinea quei progetti integrati che, grazie a tecnologie all’avanguardia, hanno permesso alle aziende sia un risparmio del 20-40 per cento sui costi energetici, sia di abbattere la prorpia Carbon Footprint. L’integrazione della cogenerazione con il solare addizionale, ad esempio, ha evitato l’emissione di 60.000 tonnellate di CO2, che si stima potranno diventare 100.000 entro il 2022, quando saranno in funzione gli impianti oggi ancora in costruzione. E se le città riuniscono oltre il 75 per cento della popolazione europea contribuendo per circa l’80 per cento alle emissioni di CO 2 , ecco che il Progetto MIND può essere assunto davvero come esempio di best practice: dare vita a soluzioni energetiche efficienti, innovative e ad alto contenuto tecnologico per ridurre costi e consumi nei centri urbani. Ed è ciò che farà E.ON in qualità di partner energetico di MIND (Milano Innovation District, il distretto dell’innovazione che sorgerà nell’area dell’ex sito di Expo 2015): svilupperà e gestirà una soluzione innovativa per fornire vettori termici di calore e raffrescamento, basata sulla tecnologia ectogrid™ che, grazie al suo sistema di gestione digitale automatizzata ectocloud™, recupererà e riciclerà l’energia di scarto tra le diverse utenze, massimizzando così la collaborazione con il territorio. Tanti progetti messi sul tavolo. Ora spetta a consumatori e prosumer in pectore attivarsi. Infatti, secondo l’Eurobarometro 2019 rilasciato dalla Comunità Europea, oltre il 67 per cento degli europei ritiene che ancora oggi i cittadini non facciano abbastanza per proteggere l’ambiente e il 33 per cento è convinto che la soluzione risieda nel modificare i propri stili di consumo. Insomma, adesso tocca a noi!

  • Teleriscaldamento per una città sostenibile? Anche in Tagikistan!

    Le città ospitano più della metà della popolazione mondiale e sono i luoghi dove maggiore è il consumo energetico. Con un corollario: i centri abitati sono responsabili di circa il 60 per cento delle emissioni di gas serra. Proprio per questo, lo sviluppo urbano sostenibile è stato messo al centro delle agende di tutti gli Stati, con il punto 11 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite che testualmente mira a rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili entro il 2030. Un processo che, per compiersi, necessita però di ingenti investimenti, non sempre conciliabili con le possibilità economiche di molti Paesi; difficoltà oggi aumentate a causa della crisi economica mondiale dovuta alla pandemia. La Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS), istituita nel 1991 per favorire la transizione dei Paesi dell’Europa centro-orientale e dell’ex-Urss verso un’economia di mercato, per allinearsi con gli obiettivi delle Nazioni Unite e a quelli definiti dall’accordo di Parigi ha stabilito di dedicare la maggior parte dei nuovi investimenti a sostegno di progetti per un’economia verde. In particolare, il programma BERS Green Cities, istituito nel 2016, identifica e favorisce quelle amministrazioni che investono in infrastrutture sostenibili e in politiche ambientali, concentrandosi su strumenti operativi che le autorità cittadine possono mettere in campo entro un orizzonte temporale di cinque anni. Già attivo in 45 città - dovrebbero diventare 100 entro il 2024 - il programma supporta ora, con un investimento di 10 miliardi di dollari, l’ammodernamento e l’estensione del sistema di teleriscaldamento a Dushanbe, la capitale della Repubblica del Tagikistan. La rete di Dushanbe, composta da 125 km di condutture, è infatti obsoleta e ha perdite di calore comprese tra il 40 e il 50 per cento, causate da una carente manutenzione. All’interno del più articolato Green City Action Plan (GCAP), l’efficientamento della rete di teleriscaldamento consentirà di ridurre di circa 39.000 tonnellate/anno le emissioni di CO2, contribuendo al miglioramento della qualità dell’aria in una città di oltre 800.000 abitanti. La Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo fino ad oggi ha destinato 731 milioni di euro al Tagikistan attraverso 139 progetti, mentre sono più di 6.000 quelli realizzati da quando è stata istituita trent’anni fa, con quasi 150 miliardi di euro investiti.

  • Dalla BERS 25 milioni di euro per riciclare le batterie al litio

    Una delle soluzioni per ridurre le emissioni di CO2 è l’elettrificazione dei trasporti; lo sviluppo dei veicoli elettrici porta però un problema a cui si deve porre soluzione: il trattamento delle batterie usate. Grazie anche a un finanziamento di 25 milioni di euro della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS), la società polacca Elemental Holding realizzerà un impianto per il riciclo delle batterie delle e-car. Primo nel suo genere in Europa e uno dei primi al mondo, avrà un costo di 182 milioni di euro e consentirà di ridurre la necessità di estrazione delle materie prime per la loro produzione. Sebbene ad oggi siano ancora relativamente pochi i veicoli elettrici al mondo, anche le case automobilistiche stanno pensando al riciclaggio delle batterie per un risparmio di costi; Volkswagen, ad esempio, ha in progetto un impianto pilota a Salzgitter. L’impianto di Elemental Holding, che avrà tecnologie innovative, produrrà metalli secondari e altri materiali che potranno essere riutilizzati come materie prime per nuove batterie o altre applicazioni. Secondo stime della BERS, il riciclo delle batterie può portare a una riduzione delle emissioni di carbonio del 98 per cento rispetto alla produzione da nuovo, nonché a un uso più efficiente delle scarse risorse naturali.

  • Carbone, la lenta riconversione della centrale di Belchatow (Polonia)

    La dismissione delle centrali a carbone rappresenta uno dei punti chiave nella transizione energetica. PGE Polska Grupa Energetyczna SA, la maggiore utility polacca, sta pianificando la conversione dell’impianto di Belchatow da 4,3 GW, una delle centrali a carbone più grandi d’Europa. PGE ha annunciato la costruzione entro la fine del 2024, nel sito dell’impianto alimentato a lignite, di oltre 600 MW di capacità solare fotovoltaica. Inoltre, in una prospettiva di 5-7 anni, l’utility polacca aumenterà la capacità eolica onshore sempre nel sito di Belchatow, dove già gestisce un parco eolico da 30 MW. Entro il 2030 il Gruppo PGE intende costruire 2,5 GW di nuova capacità nei parchi eolici offshore, 3 GW nel fotovoltaico ed espandere i parchi eolici onshore di almeno 1 GW. I progetti su larga scala saranno inoltre accompagnati da un programma per l’accumulo di energia di circa 0,8 GW, per supportare la flessibilità e la sicurezza del sistema elettrico. In questo modo PGE stima di raggiungere entro il 2030 la quota del 50 per cento di FER nella generazione elettrica, con una riduzione dell’85 per cento delle emissioni di CO2. Nel 2019, il Gruppo PGE ha generato elettricità per 58,3 TWh, di cui 32,2 TWh da centrali a carbone.

  • Sulle Faroer soffia il vento dell’energia

    Gli ultimi dati dell’Associazione Portoghese delle Energie Rinnovabili (APREN) evidenziano come l’88,5 per cento della generazione elettrica del primo trimestre 2021 è stata ottenuta da fonti rinnovabili. Sempre secondo APREN però, il settore del fotovoltaico potrebbe dare un maggiore apporto nel mix energetico lusitano. Infatti, se il PNEC portoghese prevedeva al 2020 una capacità installata di 2 GW, di questi ne è stato realizzato soltanto uno. “Nonostante il governo – ha dichiarato Pedro Amaral Jorge, CEO di APREN - abbia recentemente annunciato diverse aste per il solare, siamo preoccupati perché difficilmente si raggiungeranno i 6,6 GW previsti nel 2025 e i 9 GW al 2030”. Un obiettivo indispensabile per raggiungere entro il 2040 il “tutto rinnovabile” nel mix energetico portoghese. A queste preoccupazioni ha cercato di dare risposto Jorge Seguro Sanches, Segretario di Stato del Portogallo, che ha assicurato che entro i 2021 sarà triplicata la capacità solare, passando dagli attuali 572 MW a oltre 1.600 MW.

  • Fotovoltaico, difficilmente il Portogallo raggiungerà i target del PNEC

    Gli ultimi dati dell’Associazione Portoghese delle Energie Rinnovabili (APREN) evidenziano come l’88,5 per cento della generazione elettrica del primo trimestre 2021 è stata ottenuta da fonti rinnovabili. Sempre secondo APREN però, il settore del fotovoltaico potrebbe dare un maggiore apporto nel mix energetico lusitano. Infatti, se il PNEC portoghese prevedeva al 2020 una capacità installata di 2 GW, di questi ne è stato realizzato soltanto uno. “Nonostante il governo – ha dichiarato Pedro Amaral Jorge, CEO di APREN - abbia recentemente annunciato diverse aste per il solare, siamo preoccupati perché difficilmente si raggiungeranno i 6,6 GW previsti nel 2025 e i 9 GW al 2030”. Un obiettivo indispensabile per raggiungere entro il 2040 il “tutto rinnovabile” nel mix energetico portoghese. A queste preoccupazioni ha cercato di dare risposto Jorge Seguro Sanches, Segretario di Stato del Portogallo, che ha assicurato che entro i 2021 sarà triplicata la capacità solare, passando dagli attuali 572 MW a oltre 1.600 MW.

  • Un giacimento per due. Cipro, Israele e l’intesa per il gas

    Una diatriba che da un decennio interessa Cipro e Israele - ma non solo - sembra abbia finalmente preso la strada di una soluzione condivisa. I due Paesi hanno infatti raggiunto un’intesa sullo sfruttamento del giacimento di gas naturale Aphrodite-Yishai, che attraversa il territorio marittimo di Israele e Cipro. Scoperto nel 2011 e localizzato nelle acque cipriote, lo sfruttamento del giacimento è stato finora bloccato perché una piccola parte di esso (circa il 10 per cento) si estende nel mare di Israele. L’accordo - che porta alla soluzione di una impasse che durava ormai da nove anni - ha permesso di stabilire le linee guida in base alle quali le società che operano nei giacimenti Aphrodite e Yishai possono avviare i negoziati per lo sfruttamento commerciale. “I governi di Israele e Cipro – ha dichiarato Yuval Steinitz, ministro dell’Energia israeliano - hanno interesse comune a sfruttare il prima possibile questo giacimento di gas naturale, a beneficio dei cittadini di entrambi i Paesi”. Si stima che dall’intero giacimento si potranno estrarre 4,1 trilioni di piedi cubi di gas.

  • Sistemi di ricarica per veicoli elettrici? Tutto made in Italy!

    30 milioni di dollari per il nuovo stabilimento ABB a San Giovanni Valdarno, in Toscana. Un centro di eccellenza mondiale per la produzione dell’intera gamma di sistemi di ricarica per veicoli elettrici in corrente continua. Secondo l’Electric Vehicle Outlook 2020, la previsione annuale a lungo termine di BloombergNEF, il mercato globale dei veicoli elettrici vedrà una rapida crescita, con i veicoli passeggeri che toccheranno i 26 milioni di unità vendute nel 2030 e ben 54 milioni di unità nel 2040. Proiezioni suffragate dall’aumento delle e-car già vendute oggi, passate dalle 450.000 del 2015 agli oltre 2 milioni del 2019, e dalle politiche intraprese a livello mondiale per una decarbonizzazione dei traporti. Maggiore diffusione di auto full electric o hybrid plug-in che comporta la necessità di uno sviluppo più capillare delle infrastrutture di ricarica, pubbliche e private. Esteso su oltre 16.000 metri quadrati, e con un investimento di oltre 30 milioni di dollari, il nuovo impianto di ABB in costruzione a San Giovanni Valdarno (Arezzo) sarà dedicato proprio alla produzione dell’intera gamma di sistemi di ricarica per veicoli elettrici in corrente continua (DC), da quelli per uso domestico a quelli da installare in aree pubbliche e per il trasporto pubblico urbano. Previsto operativo già nel corso del 2021, sarà un vero centro di eccellenza a livello mondiale e rappresenta un investimento strategico per linee di assemblaggio e logistica del Gruppo, oltre a contribuire all’evoluzione della mobilità elettrica a zero emissioni. “ABB guida il progresso di questo settore da oltre un decennio - ha dichiarato Giampiero Frisio, responsabile della divisione Smart Power di ABB - e questa nuova struttura all’avanguardia contribuirà in modo significativo a far progredire ulteriormente l’adozione a livello globale della mobilità elettrica a zero emissioni”. Grazie all’integrazione delle soluzioni digitali di ABB Ability TM , sarà ottimizzata la produzione di ogni singolo prodotto, saranno resi interconnessi i sistemi di gestione automatizzata del magazzino con i reparti e avrà sistemi di monitoraggio e di test collegati al sistema informativo di fabbrica. Inoltre, in uno spazio dedicato di oltre 3.000 metri quadrati, saranno svolte le attività di R&S per l’implementazione di soluzioni innovative, nuovi software e strumenti di gestione del ciclo di vita del prodotto. Non solo, per ridurre l’impatto ambientale, l’impianto sarà provvisto di pannelli solari sul tetto e di un sistema di riscaldamento e raffrescamento ottimizzato. Naturalmente sarà anche adottata una flotta aziendale di veicoli elettrici. Il Gruppo ABB, che ha ricevuto il premio Global E-mobility Leader 2019 per il ruolo svolto a sostegno dell’adozione internazionale di soluzioni di trasporto sostenibile, sta realizzando nel TU Delft Campus di Heertjeslaan (Paesi Bassi) anche un nuovo quartier generale mondiale e centro di ricerca e sviluppo completamente sostenibile dedicato alla mobilità elettrica.

  • Accumuli, è il momento giusto!

    “Nei prossimi anni al settore elettrico sarà richiesto uno sforzo di rinnovamento importante, per guidare in modo sostenibile la transizione verso gli ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione delineati a livello europeo e italiano”. Inizia così l’analisi di Giorgio Perico, responsabile dei progetti di analisi dei sistemi e mercati elettrici di REF-E, sul numero attualmente in distribuzione di Nuova Energia. Un mercato che dovrà fare i conti con una sempre maggiore presenza delle fonti rinnovabili, per loro natura non programmabili. “Secondo le stime di REF-E la produzione rinnovabile complessiva potrebbe rivelarsi più contenuta al 2030 rispetto a quanto auspicato dal Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC), ma comunque potrebbe più che raddoppiare nei prossimi venti anni, passando potenzialmente dai 100 TWh del 2020 a 220 TWh nel 2040. Una variazione così rilevante del mix produttivo, unita alla prevista elettrificazione di alcuni settori chiave quali il trasporto e il riscaldamento e all’efficientamento dei consumi industriali, potrebbe impattare in modo strutturale sugli equilibri attuali dei mercati dell’energia - e in particolare quelli del dispacciamento – attraendo investimenti in nuove risorse di regolazione”. Una delle trasformazioni più rilevanti del sistema elettrico sarà rappresentata dalla forte penetrazione delle fonti rinnovabili non programmabili nel mix produttivo, con un conseguente crescente fabbisogno di flessibilità. Ecco quali strumenti assumeranno un ruolo fondamentale per il bilanciamento e la sicurezza del sistema. “Tra le risorse che potranno contribuire a fronteggiare il crescente fabbisogno di flessibilità, i sistemi di accumulo rivestiranno molto probabilmente un ruolo centrale: lo storage elettrochimico, in particolare le batterie a ioni di litio, potrà fornire un contributo fondamentale per la gestione della variabilità associata alla crescente produzione rinnovabile”. “L’accumulo elettrochimico – conclude Giorgio Perico – potrà poi fornire servizi ancillari al sistema, in particolare per la regolazione di frequenza, vista la capacità di fornire risposta pronta, con tempi di attivazione trascurabili. La partecipazione al Mercato dei Servizi di Dispacciamento (soprattutto nella fase del bilanciamento) è già teoricamente concessa, anche se necessita ancora di adeguati aggiustamenti regolatori per consentire un pieno coinvolgimento dei sistemi di accumulo”.

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