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  • È in Antartide il parco eolico più meridionale del mondo

    Quando si parla di decarbonizzare i consumi energetici del Pianeta siamo soliti pensare ai grandi siti industriali, alle città e ai trasporti. Di certo, le zone artiche non sono le prime a venirci in mente. Eppure, anche ai Poli la questione non è secondaria. In Antartide, ad esempio, per sostenere le attività di ricerca svolte da varie nazioni, ogni anno vengono bruciati più di 11 milioni di litri di gasolio che rilasciano nell’ambiente oltre 30.000 tonnellate di carbonio, una seria minaccia per i fragili ecosistemi terrestri e marini. Per ridurre i rischi ambientali e l’emissione di gas climalteranti, nel 2008 Meridian Energy, società energetica della Nuova Zelanda, ha realizzato un parco eolico nell’Isola di Ross. Composto da tre sole turbine situate a Crater Hill - una delle poche aree prive di ghiaccio sull’isola e con elevata ventilazione - Ross Island fornisce energia rinnovabile alla base neozelandese di Scott e a quella americana, la stazione di McMurdo. Di proprietà di Antarctica New Zealand, agenzia governativa responsabile dello svolgimento delle attività in Antartide, il piccolo parco eolico ha permesso di ridurre di oltre 460.000 litri il consumo di gasolio annuo e di 1.242 tonnellate l’emissione di CO2.

  • Israele, all in sul fotovoltaico

    Come la maggior parte dei Paesi, anche il governo dello Stato ebraico sta cercando di accelerare nel proprio programma di decarbonizzazione, nel quadro degli impegni di sostenibilità assunti con l’Accordo di Parigi. Infatti, pur facendo ancora affidamento principalmente sul gas naturale per soddisfare i propri fabbisogni energetici, Israele ha deciso di dare nuovo impulso allo sviluppo delle rinnovabili, in particolare all’energia solare, che rappresenta oggi solo l’8 per cento dell’energia elettrica prodotta dal Paese. “Israele si sta muovendo con decisione verso l’energia rinnovabile - ha detto Gideon Friedman, responsabile del Chief Scientist Office del Ministero dell’Energia israeliano - e l’unica soluzione praticabile per le risorse naturali esistenti nel Paese è attualmente il solare”. Il governo ha recentemente indetto una gara d’appalto per la costruzione di due centrali fotovoltaiche ad Ashalim, nel Negev, per una potenza complessiva di circa 242 MW, che si andranno ad affiancare alle due già in fase di ultimazione da 70 MW ciascuna. Grazie al sostegno del governo, nel Paese si sta anche sviluppando l’uso di sistemi fotovoltaici decentralizzati collegati alla rete elettrica. Israele ha inoltre fissato nuovi obiettivi di decarbonizzazione, passando dal 17 al 20 per cento di generazione da FER al 2025 e dal 20 al 30 per cento entro il 2030.

  • Bolletta solo green? In India ora si può

    La scelta dei consumatori di sottoscrivere una fornitura di elettricità certificata green è in costante aumento in tutto il mondo. Non viene meno a questa sensibilità anche il mercato indiano. Adani Electricity Mumbai Limited (AEML), utility che serve oltre 3 milioni di clienti residenziali e industriali di Mumbai, ha infatti lanciato la Mumbai Green Energy Initiative. Con questo programma ogni cliente, esistente o nuovo, potrà personalizzare l’acquisto dell’energia e rispettare i propri obiettivi di sostenibilità. In accordo con quanto stabilito dalla Maharashtra Electricity Regulatory Commission (MERC), la commissione statale per la regolamentazione dell’elettricità, con un sovrapprezzo in bolletta di 66 centesimi di rupia/kWh (circa 1 centesimo di dollaro/kWh) il cliente di AEML potrà consumare elettricità prodotta al 100 per cento da energie rinnovabili. In alternativa i consumatori, in particolare quelli industriali, potranno ottenere una sorta di certificato verde mensile con indicata la percentuale del fabbisogno energetico che è stato ottenuto tramite energia rinnovabile. In linea con gli obiettivi di decarbonizzazione dell’India e grazie a ulteriori 700 MW prodotti da impianti solari ed eolici che saranno operativi in Rajasthan verso la fine del 2022, AEML fornirà entro il 2023 oltre il 30 per cento di elettricità generata da FER.

  • Lorenzo Parola: “Sul futuro del Capacity Market pesa l’incognita dei contenziosi”

    “Una delle incognite sul futuro del Capacity Market è rappresentata da una serie di contenziosi pendenti per ricorsi di vari operatori, dinanzi al TAR Lombardia come anche al Tribunale dell’Unione Europea”. Da questo punto di attenzione è partito l’intervento di Lorenzo Parola, Herbert Smith Freehills, nel corso del webinar Il Capacity Market: riflessioni sulla transizione energetica in Italia organizzato dall’Osservatorio Energia di REF-E. Per ciò che concerne i giudizi pendenti dinanzi al TAR, il principale atto impugnato è il DM del 28 giugno 2019 (recante Disciplina del Sistema di remunerazione della disponibilità di capacità produttiva di energia elettrica) che recepisce lo schema di disciplina proposto da Terna. “Ovviamente sono oggetto del ricorso - sottolinea Lorenzo Parola - anche tutti gli altri presupposti connessi o consequenziali, tra cui le delibere ARERA 363, 364 e 365 del 2019 e gli esiti delle aste madri per gli anni di consegna 2022 e 2023 ”. Tra i principali motivi di censura da parte degli operatori, la difformità tra il testo del DM del 28 giugno 2019 rispetto a quello che era stato oggetto di consultazione nel marzo 2018, e la penalizazzione per le unità di produzione esistente rispetto alla capacità di nuova realizzazione, sia essa autorizzata o non autorizzata. “Come sappiamo, è diverso l’ammontare del premio annuale, che si pone in un rapporto di più di 1:2 e, soprattutto, è difforme anche la durata contrattualizzata del regime stesso: regime annuale per la capacità esistente e di 15 anni per la nuova capacità”. I motivi addotti dai controinteressati sono uguali e contrari rispetto a quelli proposti dai ricorrenti. In più, però, si pone l’accento su quello che potrebbe essere - in caso di accoglimento del ricorso - il pregiudizio a interessi generali, primo fra tutti quello della sicurezza del sistema. Per quanto riguarda i giudizi pendenti davanti al Tribunale dell’Unione Europea, entrambe le cause sono dirette a ottenere l’annullamento della decisione con cui la Commissione UE aveva stabilito di non sollevare obiezioni nei confronti della modifica del meccanismo di Capacity Market notificata dallo Stato Italiano nel marzo del 2019. A parere dei ricorrenti, la modifica avrebbe introdotto novità importanti che avrebbero dovuto indurre la Commissione a sentire di nuovo tutti i soggetti interessati, coinvolgendoli nel procedimento e consentendo di presentare le proprie osservazioni. Lo stato attuale dei giudizi vede il Tribunale UE prossimo alla decisione. Da parte sua, il TAR Milano - su richiesta di uno dei controinteressati - ha sospeso i giudizi ritenendo che il contenzioso pendente dinanzi al Tribunale dell’UE fosse pregiudiziale rispetto alla decisione del TAR stesso. Si tratta di questioni sulle quali evidentemente non ha competenza il giudice nazionale e deve quindi pronunciarsi il giudice comunitario. Se il Tribunale UE accogliesse i ricorsi contro la decisione della Commissione (ferma restando la possibilità di un appello presso la Corte di Giustizia), la sentenza sarebbe vincolante per il giudice interno. “In questo caso il capacity market italiano sarebbe privato di base legale e vi sarebbe a mio avviso l’impossibilità di dare esecuzione ai contratti sottoscritti con Terna, per lo meno quelli aventi ad oggetto la nuova capacità non ancora autorizzata”. Viceversa, nel caso in cui il Tribunale UE rigettasse i ricorsi, il TAR Milano avrebbe piena potestà decisionale e si potrebbero aprire essenzialmente due scenari: nel caso di rigetto dei ricorsi anche da parte del Tribunale amministrativo, il regime del capacity market resterebbe pienamente valido ed efficace, incluse le graduatorie delle aste. Nel caso di accoglimento dei ricorsi, invece, gli atti impugnati (incluse le graduatorie) sarebbero annullati per illegittimità derivata. “La domanda più importante in questo caso è interrogarsi su che cosa succederebbe rispetto ai contratti sottoscritti con Terna” conclude Lorenzo Parola. Restiamo in attesa...

  • Bortoni (DG Energy): “L’energia europea? È storia di integrazioni successive”

    “La storia dell’energia europea, che si arricchisce sempre di nuovi capitoli, è una storia di integrazioni successive, di ampia e innovativa portata. E il Capacity Market non è altro che il frutto di due integrazioni che si incrociano”. Ha esordito così Guido Bortoni, Senior Adviser Regulatory presso la DG Energy della Commissione Europea, portando la propria testimonianza durante il webinar Il Capacity Market: riflessioni sulla transizione energetica in Italia organizzato dall’Osservatorio Energia di REF-E. Testimonianza che ha tracciato con poche ma efficaci linee il quadro generale della politica energetica europea, che coinvolge e avvolge anche l’ambito del Capacity Market. “Alla prima integrazione - prosegue Bortoni - quella delle reti elettriche, giunta oggi al traguardo dell’interconnessione con i sistemi baltici, è seguita quella dei e tra i mercati nazionali, addirittura con l’unificazione delle regole del mercato. E poi, l’integrazione di nuove tecnologie - penso alle fonti rinnovabili - e tra le diverse commodities. E potrei proseguire con tanti altri di questi capitoli; mi limito a citare ancora l’integrazione della domanda - anch’essa una novità - e l’integrazione della digitalizzazione, ormai essenziale per l’energia moderna”. Il Capacity Market è dunque il frutto di due integrazioni che si incrociano: quella dei mercati – mercato dell’energia e mercato della capacità - e quella delle rinnovabili. “Non ci fosse stata questa grande penetrazione di FER aleatorie, non si porrebbe con forza il problema dell’adeguatezza. E invece il problema di mantenere il sistema adeguato da diversi punti di vista rappresenta certamente il leitmotiv dei prossimi anni”. “Almeno per quanto riguarda l’Italia – spiega ancora Bortoni - possiamo distinguere un mercato della capacità di prima generazione, che è quello precedente al regolamento europeo Clean Energy Package autorizzato dalla Commissione nel 2018 e che avrà i suoi effetti negli anni 2022 e 2023, e un Capacity Market di seconda generazione, risultato di un processo che verificherà e adeguerà la normativa per gli anni 2024 e 2025”. La storia del Capacity Market in Italia, che vede impegnati attori istituzionali quali MITE, ARERA e Terna in quanto soggetto a cui è intestata la definizione dell’adeguatezza, ci accomuna e ci dovrà accomunare agli altri Stati membri, perché – conclude Guido Bortoni – “questa adeguatezza dovrà rispondere anche ai nuovi obiettivi di riduzione del 55 per cento delle emissioni al 2030; il che comporterà tutta una serie di nuove introduzioni normative e nuove politiche”.

  • 5G vero spartiacque per la transizione energetica

    Le nuove tecnologie digitali, il loro ruolo nel processo di transizione energetica, le opportunità per il settore energy e utility; con un protagonista assoluto: il 5G. Questi i temi al centro del webinar 5G e connettività avanzata per la transizione energetica, organizzato da Elettricità Futura in partnership con CESI. Primo degli appuntamenti di Technology Watch EF, il webinar introdotto dai saluti di Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura e di Matteo Codazzi, CEO di CESI, ha sottolineato come la connettività avanzata e il 5G avranno un ruolo fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi europei del Green Deal e per la piena applicazione del PNRR. Aprendo la conferenza Gianluca Marini, Executive Vice President Consulting Division di CESI, ha sottolineato quegli elementi chiave che fanno del 5G uno spartiacque rispetto a alle precedenti tecnologie digitali: la velocità, la frequenza di trasmissione, il numero di dispositivi connessi simultaneamente, la disponibilità praticamente totale sul territorio. Rispetto ai 21,6 Mbts del 3G e a 1 Gbts del 4G, che già rappresentava un salto significativo, la velocità del 5G arriva a ben 20 Gbts, con tempi di trasmissione dei dati quasi real time. Così come la frequenza di trasmissione del segnale, che raggiunge i 100 GHz. Offre inoltre la possibilità di avere simultaneamente connessi fino a 120 dispositivi con un segnale disponibile al 99,999 per cento, praticamente su tutto il territorio nazionale, comprese quelle zone oggi difficilmente raggiungibili. In particolare, nel settore energy il 5G e la connettività avanzata consentiranno alle utility una raccolta di dati sempre più puntuale e l’ottimizzazione degli impianti, un monitoraggio delle reti in tempo reale che permetterà di prevenire eventuali guasti e una loro immediata risoluzione. E, non ultimo, aiuterà le reti ad accogliere quote sempre maggiori di energia rinnovabile.

  • In Turchia soffia forte il vento: 75 GW il potenziale dell’eolico offshore

    La Turchia, che dipende per il 74 per cento dalle importazioni per soddisfare la propria domanda di energia, punta a sviluppare l’eolico e il solare per aumentare la quota di fonti rinnovabili nel proprio mix energetico. Istituita il 5 aprile scorso con l’obiettivo di promuovere gli investimenti negli impianti eolici offshore, la Offshore Wind Energy Association (DURED - Denizüstü Rüzgar Enerjisi Derneği) stima in circa 75 GW il potenziale totale dell’energia eolica offshore del Paese. In particolare, la regione dell’Egeo - dove il vento raggiunge velocità di anche 9 metri al secondo (20 miglia all’ora) - ha un potenziale di 25 GW, seguita dalla regione della Marmara e del Mar Nero. “Uno sviluppo - ha dichiarato Murat Durak, presidente di DURED – considerato anche dal Piano strategico del Ministero dell’energia e delle Risorse naturali turco che prevede per i prossimi anni 10 GW di nuovi progetti per l’energia eolica offshore”. Secondo l’Associazione turca per l’energia eolica (TUREB), a fine 2019 erano 198 le centrali eoliche attive nel Paese, con una produzione di oltre 8.000 MW.

  • Nel mix bulgaro rallentano le FER

    Non tutto il mondo è Paese. Un detto che si ritaglia come un abito di Caraceni per la Bulgaria. Se in gran parte dell’Europa le fonti rinnovabili acquistano sempre più quota nel mix energetico, la produzione della nazione balcanica va decisamente controcorrente. Secondo i dati resi noti da Elektroenergien Sistemen Operator (ESO), il gestore del sistema di trasmissione dell’energia elettrica bulgaro, nella produzione di elettricità del primo trimestre del 2021 la quota delle fonti rinnovabili è diminuita. In particolare, i dati indicano che nel periodo tra l’1 gennaio e il 18 aprile 2021, la quota di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili è calata del 14,4 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020, a fronte di un aumento della produzione totale del 7,6 per cento e di un maggior consumo dell’1,39 per cento. Attualmente, le centrali a carbone generano ancora circa il 40 per cento dell’elettricità della Bulgaria.

  • FER al 16,5 per cento nel 2025 in Cina (supportate dai turbogas...)

    Entro la fine del 14° Piano quinquennale, che copre il periodo 2020-2025, il governo cinese prevede che il 16,5 per cento della produzione energetica del Paese sarà generata da eolico e fotovoltaico. In particolare la National Energy Administration (NEA), responsabile della formulazione e dell’attuazione dei piani di sviluppo energetico e delle politiche industriali cinesi, afferma che alla fine del 2021 l’energia eolica e solare rappresenteranno l’11 per cento della produzione, rispetto al 7 per cento del 2020, per aumentare ulteriormente fino al 2025. Aumento di generazione rinnovabile che, sempre secondo la NEA, comporterà però la necessità di impianti di accumulo e centrali elettriche a gas per supportare i momenti di picco, al fine di rendere il sistema elettrico cinese flessibile e sicuro. A margine del summit per il clima organizzato per festeggiare la Giornata della Terra, il presidente cinese Xi Jinping ha inoltre annunciato che la Cina aumenterà a circa il 25 per cento la quota di combustibili non fossili entro il 2030, nel quadro delle azioni che impegnano il Paese a ridurre le emissioni di carbonio.

  • La decarbonizzazione nei Caraibi? È in alto mare...

    L’Estado Libre Asociado de Puerto Rico, l’isola caraibica che ufficialmente è uno Stato associato degli USA e che punta a diventare il 51° Stato americano, è decisamente indietro nel proprio programma di decarbonizzazione al 2050 che prevede, come obiettivo intermedio, il 40 per cento di energia rinnovabile al 2025. L’Energy Information Administration (EIA) degli Stati Uniti ha infatti rilevato come il contribuito delle rinnovabili a Porto Rico nel 2020 sia stato solo del 2,5 per cento, mentre il resto dell’elettricità nell’isola è stata generata per il 29 per cento da gas naturale, per il 19 per cento da carbone e per la rimanente parte da gasolio. È quindi indispensabile, continua l’analisi della EIA, che vengano previsti finanziamenti per installare nuova capacità rinnovabile, oltre a quelli necessari per il miglioramento della rete. Il Puerto Rico Energy Public Policy Act (PREPA), convertito in legge nel maggio 2019, prevede una tabella di marcia oltremodo ambiziosa per qualsiasi Paese: 40 per cento di rinnovabili entro il 2025, 60 per cento entro il 2040, per giungere al 100 per cento nel 2050.

  • Off-taking? Yes, please!

    Usiamo la fantasia e immaginiamo che potrebbe essere stata questa, sintetizzata in uno slogan, la risposta che AREN ha dato a Falck Next Energy quando - per la seconda volta consecutiva - ha scelto di rinnovare la partnership con l’azienda della divisione Next Solutions di Falck Renewables per il ritiro e il dispacciamento degli oltre 150 GWh/annui prodotti dai suoi 22 impianti a fonte rinnovabile. Questi tipi di contratto, ormai molto diffusi, permettono a tutti i produttori di vendere la propria energia a un acquirente (il cosiddetto off-taker) negoziando le migliori condizioni economiche e rappresentano un’alternativa offerta dal mercato libero rispetto al Ritiro Dedicato del Gestore dei Servizi Energetici (GSE). “Abbiamo scelto nuovamente Falck Next Energy perché abbiamo trovato un partner affidabile e di grande esperienza.” ha dichiarato Gabriele Gentili, amministratore delegato di AREN. “Non si sono limitati all’acquisto dell’energia, ma ci hanno fornito un’assistenza a 360 gradi, affiancando un servizio di consulting, comprensivo di strumenti di analisi di mercato” ha aggiunto Laura Masini, a capo del dipartimento Trading di AREN. Secondo l’accordo appena siglato, Falck Next Energy non solo acquisterà l’energia prodotta dagli impianti AREN (12 fotovoltaici, 4 idroelettrici, 6 eolici), ma si farà carico della responsabilità della partecipazione ai mercati e degli oneri di sbilanciamento che, attraverso una corretta analisi e gestione delle performance, saranno ridotti al minimo. “Grazie al servizio di outlook sui mercati offerto dal nostro team di specialisti e attraverso l’utilizzo di strumenti proprietari di Asset Management - spiega Marco Cittadini, CEO di Falck Renewable - Next Solutions - effettueremo il monitoraggio delle performance dell’impianto, massimizzando il prezzo di vendita e riducendo al minimo il rischio - e quindi il costo - di sbilanciamento rispetto alla media pagata ad altri operatori”.

  • Nucleare: come Chernobyl segnò la fine di Arturo

    Ricorre oggi l’anniversario della tragedia di Chernobyl, ricordata come uno degli incidenti più gravi legati al nucleare per uso civile. La storia del reattore sovietico si intreccia con la nostra, e in particolare con quella della centrale di Caorso, in provincia di Piacenza. Arturo, come era soprannominato all’epoca l’impianto di Caorso, è rapidamente passato da gigante buono a pericolo a cielo aperto. La vicenda di Arturo (e le conseguenze che l’incidente di Chernobyl ha avuto sul nucleare italiano) è raccontata dai protagonisti dell’epoca nel libro Piacenza, capitale dell’energia - una storia lunga diversi secoli, di cui pubblichiamo un estratto. «Era il 26 aprile 1986 quando, nei pressi di Chernobyl, la popolazione avvertì alcuni boati provenienti da uno dei reattori della vicina centrale nucleare: a causa di un incidente avvenuto durante un test del turboalternatore era “saltato” il reattore a uranio-grafite numero quattro. [...] Quel 26 aprile la grafite contenuta nel nocciolo del reattore andò letteralmente in fiamme e i detriti radioattivi fuoriuscirono dall’impianto per giorni e giorni, quelli più pesanti ricaddero al suolo solo dopo alcuni chilometri, mentre i gas radioattivi e le polveri più leggere furono trascinati dai venti, contribuendo così a contaminare i cieli di mezza Europa. Il giorno successivo il fotoreporter Igor Kostin sorvolava in elicottero il luogo dell’incidente. “La radioattività - disse in seguito in una concitata intervista - era così forte che quasi tutte le fotografie diventarono nere. La pellicola sembrava coperta da uno strato opaco. Quasi tutti i negativi erano neri, come se l’apparecchio fosse stato aperto e la pellicola esposta alla luce. Maria Curie aveva fatto la stessa esperienza quando aveva isolato il radio”. Una soltanto di quelle fotografie si salvò. Il mondo venne a conoscenza dell’incidente di Chernobyl solo tre giorni dopo. Radio Mosca diede infatti l’allarme non prima del 28 aprile, dopo che i centri di controllo di una centrale nucleare svedese, rilevando livelli di radioattività più alti del normale, avevano ipotizzato una perdita in una centrale sovietica. Con l’annuncio ufficiale del disastro le autorità dei singoli Stati europei preposte alle emergenze nucleari rilasciarono raccomandazioni sanitarie alle popolazioni. Se, come in Francia, non vennero prese misure particolari (non lo ritennero necessario), in Italia furono invece comunicati suggerimenti atti ad affrontare l’emergenza: ad esempio si suggerì di evitare il consumo di verdure a foglia larga, pesci, funghi, latte fresco e relativi derivati, oltre a non acquistare generi alimentari provenienti dall’Est». Pierluigi Filippi – anima, primo motore e promotore del volume Piacenza, capitale dell’energia - una storia lunga diversi secoli - per una circostanza casuale si trovava a Mosca il giorno dell’incidente. Pierluigi ci ha lasciato nel 2016; ci piace ricordarlo così, con il suo racconto di quei giorni, riportato nel libro. «Avevo ricevuto dal presidente della cooperativa Val d’Arda di Fiorenzuola l’invito a partecipare ad una gita sociale, dal 26 aprile al 3 maggio, in Unione Sovietica, con visita a Mosca e Leningrado. Accettai volentieri, anche perché non ero mai stato in Unione Sovietica. Arrivammo a Mosca alle 23 dello stesso 26 aprile. All’aeroporto trovammo una fila infinita. Controlli accuratissimi, lenti, la guida che ci accompagnava non si capacitava, non era mai successo. Arrivammo all’albergo Rossia alle 3.30 del mattino. Al risveglio ci servirono una colazione abbondante, con yogurt e latte. Il 28 aprile sparirono latte, yogurt e verdure. Nessuno ci sapeva spiegare perché. La sera del 29 partimmo per Leningrado, dove sentimmo da alcuni turisti italiani che era scoppiata una centrale nucleare a Chieti. I conti non tornavano. Il ritiro del latte e delle verdure, il silenzio delle guide... Il 30 aprile telefonai a Piacenza a Sandro Fabbri, dirigente del servizio di radioprotezione del Pmp. Mi comunicò che era saltata la centrale nucleare di Chernobyl, vicino a Kiev (non Chieti), e che la nube radioattiva era già arrivata in Italia. La guida russa mi confermò la notizia, ma disse che non era accaduto nulla di grave, c’erano stati solo 2 morti ed era in corso un’evacuazione entro il raggio di 30 chilometri dalla centrale. Mi venne un colpo».

  • Ma tu ce l’hai un profilo (di sostenibilità)? Ecco quello di E.ON

    Il 70 per cento delle emissioni di gas serra è legato all’energia. Basta questo dato, unito il continuo aumento dei consumi energetici a livello mondiale, per capire come il settore si trovi a giocare un ruolo da protagonista nel processo verso l’auspicata decarbonizzazione. Non solo attraverso l’impiego di fonti rinnovabili, ma promuovendo un consumo intelligente, grazie anche alla digitalizzazione e reti sempre più smart. Anche E.ON Italia, tra i principali operatori energetici nel nostro Paese con oltre 1,1 TWh di energia verde fornita nel 2020, ha disegnato un proprio modello di business più responsabile e sostenibile, e ha scelto di raccontare il proprio impegno ambientale nella prima edizione del suo Profilo di Sostenibilità. Si parte dai principali traguardi - economici, ambientali e sociali - raggiunti lo scorso anno; un anno che, nonostante la crisi sanitaria ed economica, ha visto E.ON crescere e sviluppare quei progetti di sostenibilità ed efficienza energetica che da sempre identificano il Gruppo. “La sostenibilità è al centro del nostro modello di business – ha dichiarato Marcello Donini, Corporate Social Responsibility Manager di E.ON Italia - e crediamo che solo con un impegno concreto e condiviso riusciremo a costruire insieme un futuro sostenibile per tutti. Il lavoro svolto con la matrice di materialità e lo stesso Profilo di Sostenibilità sono un ulteriore tassello della nostra visione orientata al coinvolgimento degli stakeholder in una comunità di individui consapevoli, dove promuovere la diffusione di comportamenti sostenibili”. Oltre a mettere il luce i 1.700 impianti fotovoltaici residenziali installati nel 2020 (il doppio rispetto al 2018), il Profilo di Sostenibilità di E.ON sottolinea quei progetti integrati che, grazie a tecnologie all’avanguardia, hanno permesso alle aziende sia un risparmio del 20-40 per cento sui costi energetici, sia di abbattere la prorpia Carbon Footprint. L’integrazione della cogenerazione con il solare addizionale, ad esempio, ha evitato l’emissione di 60.000 tonnellate di CO2, che si stima potranno diventare 100.000 entro il 2022, quando saranno in funzione gli impianti oggi ancora in costruzione. E se le città riuniscono oltre il 75 per cento della popolazione europea contribuendo per circa l’80 per cento alle emissioni di CO 2 , ecco che il Progetto MIND può essere assunto davvero come esempio di best practice: dare vita a soluzioni energetiche efficienti, innovative e ad alto contenuto tecnologico per ridurre costi e consumi nei centri urbani. Ed è ciò che farà E.ON in qualità di partner energetico di MIND (Milano Innovation District, il distretto dell’innovazione che sorgerà nell’area dell’ex sito di Expo 2015): svilupperà e gestirà una soluzione innovativa per fornire vettori termici di calore e raffrescamento, basata sulla tecnologia ectogrid™ che, grazie al suo sistema di gestione digitale automatizzata ectocloud™, recupererà e riciclerà l’energia di scarto tra le diverse utenze, massimizzando così la collaborazione con il territorio. Tanti progetti messi sul tavolo. Ora spetta a consumatori e prosumer in pectore attivarsi. Infatti, secondo l’Eurobarometro 2019 rilasciato dalla Comunità Europea, oltre il 67 per cento degli europei ritiene che ancora oggi i cittadini non facciano abbastanza per proteggere l’ambiente e il 33 per cento è convinto che la soluzione risieda nel modificare i propri stili di consumo. Insomma, adesso tocca a noi!

  • Teleriscaldamento per una città sostenibile? Anche in Tagikistan!

    Le città ospitano più della metà della popolazione mondiale e sono i luoghi dove maggiore è il consumo energetico. Con un corollario: i centri abitati sono responsabili di circa il 60 per cento delle emissioni di gas serra. Proprio per questo, lo sviluppo urbano sostenibile è stato messo al centro delle agende di tutti gli Stati, con il punto 11 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite che testualmente mira a rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili entro il 2030. Un processo che, per compiersi, necessita però di ingenti investimenti, non sempre conciliabili con le possibilità economiche di molti Paesi; difficoltà oggi aumentate a causa della crisi economica mondiale dovuta alla pandemia. La Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS), istituita nel 1991 per favorire la transizione dei Paesi dell’Europa centro-orientale e dell’ex-Urss verso un’economia di mercato, per allinearsi con gli obiettivi delle Nazioni Unite e a quelli definiti dall’accordo di Parigi ha stabilito di dedicare la maggior parte dei nuovi investimenti a sostegno di progetti per un’economia verde. In particolare, il programma BERS Green Cities, istituito nel 2016, identifica e favorisce quelle amministrazioni che investono in infrastrutture sostenibili e in politiche ambientali, concentrandosi su strumenti operativi che le autorità cittadine possono mettere in campo entro un orizzonte temporale di cinque anni. Già attivo in 45 città - dovrebbero diventare 100 entro il 2024 - il programma supporta ora, con un investimento di 10 miliardi di dollari, l’ammodernamento e l’estensione del sistema di teleriscaldamento a Dushanbe, la capitale della Repubblica del Tagikistan. La rete di Dushanbe, composta da 125 km di condutture, è infatti obsoleta e ha perdite di calore comprese tra il 40 e il 50 per cento, causate da una carente manutenzione. All’interno del più articolato Green City Action Plan (GCAP), l’efficientamento della rete di teleriscaldamento consentirà di ridurre di circa 39.000 tonnellate/anno le emissioni di CO2, contribuendo al miglioramento della qualità dell’aria in una città di oltre 800.000 abitanti. La Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo fino ad oggi ha destinato 731 milioni di euro al Tagikistan attraverso 139 progetti, mentre sono più di 6.000 quelli realizzati da quando è stata istituita trent’anni fa, con quasi 150 miliardi di euro investiti.

  • Dalla BERS 25 milioni di euro per riciclare le batterie al litio

    Una delle soluzioni per ridurre le emissioni di CO2 è l’elettrificazione dei trasporti; lo sviluppo dei veicoli elettrici porta però un problema a cui si deve porre soluzione: il trattamento delle batterie usate. Grazie anche a un finanziamento di 25 milioni di euro della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS), la società polacca Elemental Holding realizzerà un impianto per il riciclo delle batterie delle e-car. Primo nel suo genere in Europa e uno dei primi al mondo, avrà un costo di 182 milioni di euro e consentirà di ridurre la necessità di estrazione delle materie prime per la loro produzione. Sebbene ad oggi siano ancora relativamente pochi i veicoli elettrici al mondo, anche le case automobilistiche stanno pensando al riciclaggio delle batterie per un risparmio di costi; Volkswagen, ad esempio, ha in progetto un impianto pilota a Salzgitter. L’impianto di Elemental Holding, che avrà tecnologie innovative, produrrà metalli secondari e altri materiali che potranno essere riutilizzati come materie prime per nuove batterie o altre applicazioni. Secondo stime della BERS, il riciclo delle batterie può portare a una riduzione delle emissioni di carbonio del 98 per cento rispetto alla produzione da nuovo, nonché a un uso più efficiente delle scarse risorse naturali.

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