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  • Il comparto HVAC+R e un modello di crescita rigenerativa

    Per mantenere in circolo quanto più possibile le risorse utilizzate e generare cicli virtuosi di ri uso, ri-lavorazione e ri-ciclo si deve spostare il focus sulle componenti che costituiscono il prodotto e sul loro recupero. Difficoltà di reperire i materiali, rincari di trasporti e merci: oggi più che mai è cruciale parlare di economia circolare e soprattutto metterla in pratica. Considerando che, al tasso attuale con il quale si sviluppa la domanda di beni e servizi, in un futuro non così lontano non saranno sufficienti le risorse naturali disponibili per soddisfarla. Economia circolare significa anche ridisegnare tutti i processi e i modelli che girano intorno a un prodotto, dalla sua realizzazione, al suo utilizzo e al suo fine vita. Non può sottrarsi a questa new age il settore HVAC+R (Heating, Ventilation, Air Conditioning + Refrigeration) che, nel complesso, rappresenta in Italia il 28,7 per cento del totale delle imprese attive nel settore delle costruzioni (Cresme, 7° Rapporto Congiunturale e Previsionale, 2021). Un comparto che nel nostro Paese, nel 2018, ha prodotto 18,9 miliardi di euro, di cui oltre 8,3 derivanti dal settore degli impiantisti elettrici ed elettronici e altri 6,3 miliardi dagli impiantisti idraulici, di riscaldamento e condizionamento. Numeri che, dopo una flessione obbligata causa pandemia, si stima possano ritornare e aumentare già nel 2022. Il convegno Circular economy: modello di crescita rigenerativa ha scelto di mettere al centro proprio i vantaggi che l’economia circolare può portare, non solo all’ambiente ma anche alle aziende. Organizzata da MCE Mostra Convegno Expocomfort - la manifestazione più importante del settore che si svolgerà a Rho Fiera Milano dall‘8 all’11 marzo 2022 – la conferenza ha posto in evidenza le soluzioni già oggi implementabili per limitare il dispendio di materie prime ed energia, minimizzando scarti e perdite, prevenendo così esternalità ambientali negative e realizzando al contempo nuovo valore sociale e territoriale. “Se in Italia, in ottica 2030, nel comparto del building - ha spiegato nel suo intervento Davide Chiaroni dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano - si applicassero veramente i criteri dell’economia circolare, e fossimo quindi in grado di soddisfare la domanda, il risparmio da distribuire alle imprese del settore in termini di risorse non acquistate sarebbe di 37 miliardi l’anno”. Nel convegno si è voluto indicare la strada al settore HAVC+R per quello che deve essere un vero e proprio cambio di prospettiva: passare da un sistema economico lineare a uno circolare, valorizzando il prodotto anche nella fase di fine vita, in quello che si può definire un modello di crescita rigenerativa. Un sistema più sostenibile che è tuttavia complesso da attuare, che richiede una diversa visione imprenditoriale e che necessita di incentivi e leggi a supporto per poter recuperare i prodotti dei clienti, senza i quali viene meno uno dei tasselli fondamentali del processo. MCE Mostra Convegno Expocomfort dall’8 all’11 marzo 2022 a Rho Fiera Milano

  • De Albertis (Assimpredil ANCE): “Collaboriamo per costruire un futuro sostenibile”

    “Ancora di più, dopo quello che è successo, è chiaro a tutti che per vincere le sfide che abbiamo davanti è necessaria la condivisione: di valori e di obiettivi”. Inizia con questa riflessione e con una chiamata alle armi l’ampia intervista di copertina a Regina De Albertis, presidente di Assimpredil ANCE (l’Associazione dei Costruttori Edili), che apre l’ultimo numero di Nuova Energia. “In questa fase decisiva per il Paese - continua Regina De Albertis - il settore delle costruzioni è chiamato a interpretare un ruolo centrale nella partita della transizione”. E non solo perché economicamente rappresenta, con tutta la filiera che attiva, il 20 per cento del Pil e ogni euro investito qui, ne genera tre. Il settore ha un ruolo chiave anche perché consente la realizzazione di quelle infrastrutture che permettono al Paese di essere meglio collegato, il che significa essere più competitivo a livello europeo e mondiale. Non a caso, il Pnrr riserva al comparto il 48 per cento delle risorse. “Per rendere il mondo più sostenibile dal punto di vista ambientale, l’edilizia è centrale; visto che la maggior parte degli edifici in cui viviamo è stata costruita prima dell’entrata in vigore della normativa sull’efficienza energetica. Con l’Ecobonus prima e con il 110% poi, abbiamo portato all’attenzione dei cittadini l’opportunità di mettere mano all’efficientamento energetico del costruito”. “Oggi il tema prestazionale - continua la presidente - è centrale in tutti i progetti. Se ognuno farà la propria parte, i risultati saranno enormi perché la filiera edilizia è responsabile di quasi il 40 per cento delle emissioni totali di CO2”. Se il lockdown ha determinato anche per il comparto edile un andamento negativo, il 2021 potrebbe portare a un cambiamento di rotta, anche grazie alle opportunità rappresentate dal Superbonus e dai fondi del Pnrr. Le stime ANCE prevedono infatti un +8,6 per cento degli investimenti in costruzioni, trainati principalmente dal comparto del recupero abitativo (+14 per cento). Rimane però uno scoglio tutto italiano: l’eccesso di burocrazia, che spesso blocca ogni intervento. “Credo – dichiara De Albertis – ci sia un modo per risolvere la situazione: serve un nuovo patto di fiducia con la pubblica amministrazione. Per realizzare un’opera sopra i 3 milioni di euro ci vogliono in media più di 15 anni; parliamo di tempi biblici...”. ANCE ha mappato prima della pandemia circa 750 cantieri fermi, di grandi e piccole dimensioni, per un valore di oltre 60 miliardi di euro, bloccati per problemi legati a rimpalli tra ministeri, ad autorizzazioni soggette a vari passaggi di controllo. Questo crea una stagnazione totale. “Crediamo sia necessario creare nuove forme di partenariato pubblico-privato perché è vero che con il Pnrr arriveranno tantissime risorse, ma di queste 2/3 sono a fondo perduto e 1/3 sono a debito. Ci vuole un nuovo patto di fiducia che coinvolga gli amministratori pubblici e le imprese: gli obiettivi sono gli stessi, la visione è comune”.

  • A Barbados 6 milioni di euro dalla UE per la transizione energetica

    Al centro delle politiche delle isole-stato dell’arcipelago caraibico delle Piccole Antille c’è la transizione energetica. Non fa eccezione Barbados, la più orientale dell’arcipelago e nazione indipendente del Commonwealth, che attraverso la sua Politica energetica nazionale (BNEP) 2019-2030 mira a raggiungere l’obiettivo di diventare uno Stato insulare carbon free e a emissioni zero entro il 2030. Come parte del BNEP, il Governo ha istituito il programma Smart Energy per il settore pubblico (PSSEP), progettato per promuovere l’uso delle energie rinnovabili e l’efficienza energetica nel settore pubblico. Il PSSEP, finanziato dall’InterAmerican Development Bank (IADB) con 17 milioni di dollari e dalla Commissione Europea con 5,8 milioni di euro (nell’ambito del decimo Fondo Europeo di Sviluppo) servirà da apripista affinché anche il settore privato e i cittadini intraprendano la strada verso l’efficientamento energetico e la sostenibilità. “Il nostro obiettivo – ha dichiarato Mia Amor Mottley, primo ministro di Barbados – è che entro il 2030 la maggior parte delle case dell’isola abbia pannelli solari fotovoltaici sul tetto e un veicolo elettrico nel garage”.

  • Mongolia? Terra di rinnovabili

    Velocità del vento molto elevata, maggiore ventosità nei mesi meno soleggiati e un clima che, al contempo, favorisce una maggiore efficienza solare, fanno della Mongolia, e in particolare il deserto dei Gobi, il terreno ideale per lo sviluppo di parchi eolici e fotovoltaici. Un potenziale, che secondo l’International Renewable Energy Agency (IRENA) consentirebbe di produrre 15.000 TWh di elettricità l’anno da fonte solare ed eolica, che il Governo vuole ora sviluppare per portare la quota di FER nel proprio mix energetico al 20 per cento entro il 2023 e al 30 per cento entro il 2030. Per questo, la Mongolia sta ampliando la cooperazione con organizzazioni internazionali e investitori privati per realizzare nuovi impianti di generazione da rinnovabili e ha recentemente firmato un Memorandum d’intesa (MoU) con una società australiana per condurre indagini sul potenziale di produzione di energia da idrogeno verde nella regione del Gobi. Da notare che nella provincia cinese del Gansu, al confine con la Mongolia, è già attivo uno dei parchi eolici più grandi al mondo.

  • Nasce a Monaco il nuovo mondo dell'energia

    Creating the new energy world. Questo il motto dell’edizione 2021 di The Smarter E Europe, che ha tracciato la strada da seguire per la transizione energetica. 26.000 visitatori da 93 Paesi e oltre 450 espositori provenienti da tutto il mondo: sono questi i numeri che hanno caratterizzato i tre giorni di The smarter E Europe Restart 2021, la fiera sull’energia svoltasi a Monaco di Baviera. Declinata nei saloni tematici Intersolar Europe, ees Europe, Power2Drive Europe ed EM Power Europe – novelli fab four – la manifestazione ha rappresentato un vero e proprio segnale di ripresa per tutto il settore. Una risposta che ha superato le aspettative degli organizzatori (le migliori previsioni non andavano oltre le 15.000 presenze) e che sottolinea nuovamente il fondamentale ruolo del settore energy, trainato anche dai nuovi e sempre più ambiziosi target europei del Fit for 55. Nei 45.000 metri quadri espositivi si sono potute toccare con mano applicazioni e tecnologie chiave per la mobilità del futuro, con le strutture di ricarica e il V2G, la sicurezza e l’interconnessione dei sistemi energetici, la digitalizzazione, lo storage e – ovviamente - alcuni progetti all’avanguardia per l’utilizzo dell‘idrogeno verde. E proprio durante The Smarter E Europe Restart 2021 è stato presentato il Green Hydrogen Manifest. Promosso, tra gli altri, da Hydrogen Europe e DWV, l’associazione tedesca per l’idrogeno e le celle a combustibile, il documento vuole dare un deciso impulso allo sviluppo di questo vettore energetico. “Stiamo per imbarcarci in un sistema economico basato sull’idrogeno – ha dichiarato Werner Diwald, presidente di DWV - e l’idrogeno verde non solo offre enormi opportunità per l’industria europea, ma è anche il cuore della transizione energetica in quanto integratore universale di diversi sistemi. Per raggiungere gli obiettivi climatici, ora la politica deve spianare il terreno per la regolamentazione. Solo in questo modo tutto ciò che è stato presentato in fiera, con spunti di ispirazione e creatività davvero impressionante, può trovare la sua strada verso un futuro approvvigionamento energetico rinnovabile, sicuro ed economico”. Non rimane che darsi appuntamento per l’edizione 2022, dal 11 al 13 maggio, per fare un primo bilancio e scoprire altre novità.

  • RSE spiega le comunità dell’energia

    Per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione previsti dal Clean Energy for All Europeans Package (CEP) e dal Green Deal, è necessario allargare la platea dei soggetti che possono contribuire attivamente - con una partecipazione collettiva – all’evoluzione del sistema energetico europeo. Al tema è dedicata la nuova monografia di RSE - Ricerca sul Sistema Energetico, dal titolo Le comunità energetiche in Italia. Note per il coinvolgimento dei cittadini nella transizione energetica, disponibile dal 26 ottobre in formato cartaceo o digitale. Attraverso l’analisi delle attività condotte da RSE all’interno di nove progetti pilota, il volume - edito da editrice Alkes all’interno della collana RSEview - fornisce una serie di riflessioni e sperimentazioni per comprendere i fattori abilitanti alla diffusione delle comunità energetiche e contribuisce alla definizione di un quadro legislativo e regolatorio per favorire il protagonismo dei cittadini, delle PMI e delle amministrazioni pubbliche. “Grazie a queste nuove forme di aggregazione - scrive nella premessa Maurizio Delfanti, amministratore delegato di RSE - è ora offerta ai cittadini l’opportunità di assumere un ruolo sempre più rilevante nel raggiungimento degli obiettivi legati alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti e alla promozione della transizione verso le fonti energetiche rinnovabili: la centralità del consumatore rappresenta infatti uno degli elementi più dirompenti dell’attuale strategia di decarbonizzazione”.

  • Nel 2030 Bucarest avrà 6,9 GW di nuova capacità rinnovabile

    Giunto al termine dell’iter parlamentare, il Governo della Romania ha approvato il nuovo Piano nazionale integrato per l’energia e il cambiamento climatico (PNIESC) per il periodo 2021-2030. Il Piano, che prevede significativi investimenti nella produzione di energia da fonti rinnovabili, mette al centro cinque aspetti principali, in linea con le priorità dell’Unione Europea: sicurezza energetica, decarbonizzazione, efficienza, mercato interno dell’energia, R&I e competitività. In particolare, nel periodo 2021-2030 la Romania punta a installare nuova capacità rinnovabile pari a 6,9 GW, raggiungendo i 5,1 GW di solare e i 5,3 GW di eolico. “Visto anche l’attuale delicato contesto in merito all’aumento della bolletta energetica - ha dichiarato Virgil Popescu, ministro dell’Energia romeno - ci siamo impegnati a sviluppare una serie di politiche e misure volte sia alla riduzione dei consumi energetici, sia a favorire l’utilizzo delle fonti rinnovabili nei settori rilevanti, quali riscaldamento e raffrescamento, elettricità e trasporti”. Grazie alla realizzazione di nuovo eolico e solare, nel 2030 la capacità complessiva installata aumenterà di circa il 35 per cento, passando da 18.996 MW a 25.053 MW. Il PNIESC, che ora dovrà essere inviato alla Commissione europea per ricevere il suo placet, prevede inoltre - sempre in proiezione 2030 - un lieve incremento della capacità idroelettrica, che passerà dagli attuali 6.505 MW a 7.593 MW. Diminuiranno invece gas e carbone; per il primo è previsto un leggero decremento, da 3.344 MW a 2.958 MW, mentre il secondo dovrebbe quasi dimezzare il proprio share da 3.240 MW a 1.980 MW. Grazie allo sviluppo di tecnologie per reattori di IV generazione, infine, l’apporto del nucleare passerà invece da 1.300 MW a 1.975 MW. La Romania sta già trattando con la Banca europea per gli investimenti (BEI) un finanziamento di 492 milioni di euro per la costruzione di 8 parchi fotovoltaici e per la realizzazione di una nuova linea aerea a 400 kV.

  • Celle a combustibile sempre più made in Corea del Sud

    Nel gennaio 2019 la Corea del Sud ha emanato l’Hydrogen Economy Promotion and Hydrogen Safety Management Act, una delle prime strategie per promuovere lo sviluppo dell’idrogeno. Con questo documento il governo sudcoreano ha messo l’idrogeno verde al centro della propria politica industriale, puntando a svilupparne il mercato e a creare una catena di valore. In linea con questa politica, alla presenza del presidente Moon Jae-in e del vice primo ministro Hong Nam-ki, sono iniziati i lavori per la realizzazione di due factory per celle a combustibile a idrogeno nella città di Incheon, a ovest di Seoul, e di Busan, la principale città portuale del Paese. Gli stabilimenti, che inizieranno la produzione di massa nella seconda metà del 2023, saranno in grado di fabbricare 100.000 celle a combustibile a idrogeno ogni anno, andando così a rafforzare la leadership di mercato a livello globale della Corea del Sud. Con i nuovi siti si prevede di allargare la produzione dei sistemi a celle a combustibile destinati a nuovi ambiti: oltre che per le auto elettriche, anche al trasporto aereo leggero, alle macchine edili e alle attrezzature agricole. Noh Hyeong Ouk - ministro delle Terre, delle Infrastrutture e dei Trasporti sudcoreano - ha inoltre annunciato che sono state individuate le prime quattro realtà urbane candidate a diventare le prime città a idrogeno del Paese. Con un investimento di 29 miliardi di won (circa 21 milioni di euro) per ogni città, Ansan, Ulsan, Wanju e Jeonju si apprestano a sostituire le fonti energetiche attualmente in uso sfruttando le tecnologie a idrogeno.

  • Egitto e Arabia Saudita uniti... in corrente continua

    I governi di Egitto e Arabia Saudita hanno sottoscritto con tre consorzi, formati da aziende locali e internazionali, i contratti per la realizzazione di un collegamento tra le reti elettriche dei due Paesi. Con questa firma, avventa nel corso di una cerimonia svoltasi alla presenza di Mohamed Shaker, ministro dell’Elettricità egiziano, e di Abdulaziz bin Salman, ministro dell’Energia saudita, i due Paesi arabi potranno scambiare fino a 3 GW di energia elettrica nelle ore di punta, con tecnologia in corrente continua HVDC e con una tensione di 500 kV. Con un costo stimato di 1,8 miliardi di dollari, il progetto prevede la costruzione di tre sottostazioni di trasmissione ad alta tensione: due in Arabia Saudita, a Medina e a Tabuk, e una terza in Egitto, a Badr, a Est del Cairo. Le sottostazioni saranno collegate grazie a linee di trasmissione aeree lunghe 1.350 km e cavi marini di 22 km nel Golfo di Aqaba. Il collegamento, che dovrebbe diventare operativo a partire dalla fine del 2024, aumenterà la sicurezza per le due reti nazionali in previsione di un aumento della generazione da rinnovabili e potrà fare dell’Arabia Saudita un hub regionale per lo scambio di energia elettrica con altri Paesi.

  • Per l’Università di Aberdeen "il colore dei soldi" è sempre più solo green

    La transizione ecologica è un processo che non riguarda semplicemente la generazione di energia. La lotta al climate change coinvolge tutto il sistema economico-produttivo. E, ovviamente, anche il mondo finanziario, dove fondi d’investimento, banche e assicurazioni puntano sempre più su quelle società che mettono la sostenibilità al centro del loro modus operandi. Un’attenzione, quella per la finanza verde, mostrata anche dall’Università scozzese di Aberdeen che, in linea con la prossima COP26 di Glasgow, ha deciso il disinvestimento dai combustibili fossili. Il Direttivo dell’Università ha infatti approvato di escludere entro il 2025 dal suo portafoglio di investimenti – pari a ben 52,7 milioni di sterline (quasi 62 milioni di euro) le società di estrazione di combustibili fossili, per incoraggiare e sostenere la transizione verso una economia a basse emissioni di carbonio. “Attualmente – dichiara l’Ateneo in una nota - non investiamo direttamente in nessuna società di combustibili fossili e le partecipazioni indirette in asset pool sono inferiori al 3 per cento del portafoglio totale. Mentre perseguiamo le opportunità alternative, ridurremo a zero tali partecipazioni in asset aggregati entro il 2025”. Non solo; l’Università di Aberdeen ha anche annunciato che entro il 2025 almeno il 5 per cento del proprio portafoglio sarà investito, direttamente o attraverso fondi comuni, in aziende e settori che mirano esplicitamente a fornire un ritorno ambientale e sociale oltre che finanziario.

  • A Santo Domingo sole, vento e… gas naturale!

    Intervenuto durante il convegno Energyear Caribe 2021, il neo ministro dell’energia e delle miniere dominicano Antonio Almonte ha dichiarato che la Repubblica Dominicana modificherà e aggiornerà la Legge 57-2007. Legge che incentiva lo sviluppo delle fonti rinnovabili, per adeguarla ai più ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione e alle nuove tecnologie, in particolare per quanto riguarda l’eolico e il solare. Proprio per aumentare la generazione da FER, nell’ultimo anno sono stati inaugurati nel Paese parchi fotovoltaici per 150 MW e sono in fase di approvazione nuovi progetti, tra eolico e fotovoltaico, per altri 700 MW. Inoltre, in vista della dismissione della centrale a carbone di Punta Catalina, il governo ha indetto una gara pubblica internazionale per la costruzione di un impianto a gas naturale da 800 MW di potenza e che – secondo Antonio Almonte – garantirà al Paese “un approvvigionamento energetico sicuro e a un prezzo competitivo”. Attualmente le energie rinnovabili rappresentano il 23 per cento del mix energetico, con 1 GW di capacità installata.

  • Libano, una luce in fondo al tunnel?

    La Banca mondiale giudica la crisi economica che sta colpendo il Libano tra le tre peggiori attraversate da una nazione dal 1850 ad oggi. Il momento particolarmente difficile che sta attraversando il Paese dei cedri coinvolge infatti ogni aspetto: finanziario, economico, politico, sociale, infrastrutturale, umanitario e – ovviamente – energetico. Il tracollo economico, con il default del 2020, ha portato a drammatiche carenze di combustibili e di elettricità, con blackout anche di 22 ore al giorno. Un primo aiuto sembra ora arrivare dalla Giordania, che sta prendendo accordi con il nuovo governo libanese. Durante la sua visita ufficiale, il primo ministro giordano Bisher Al Khasawneh ha infatti assicurato che “la Giordania ha preso l’impegno di aiutare il Libano a risolvere la crisi energetica”. In particolare, il governo giordano si impegna a intervenire per accelerare il processo che consentirà di riportare nel Paese il gas naturale proveniente dall’Egitto, passando attraverso la Siria. Flusso che però potrà riprendere solo dopo i necessari controlli all’infrastruttura, che non viene utilizzata ormai da 10 anni. Intanto è venuta meno, per la scadenza del contratto, anche la fornitura da parte della società turca Karpowership, che dal 2013 forniva 370 MW attraverso due mega-generatori posizionati su chiatte ormeggiate nel porto di Beirut.

  • Panama si prenota per stoccare l’idrogeno verde

    Con il documento Lineamientos Estratégicos de la Agenda de Transición Energética 2020- 2030, il governo di Panama ha definito la propria roadmap verso la decarbonizzazione. Il piano si basa su diversi obiettivi, tra cui mobilità elettrica, generazione distribuita, efficienza energetica e accesso universale all’elettricità. Quest’ultima è la prima e principale questione da risolvere, secondo il Segretario nazionale all’Energia Jorge Rivera. Infatti il governo di Panama, sebbene negli ultimi anni abbia lavorato per espandere l’elettrificazione rurale, stima che saranno necessari nuovi investimenti per circa 350 milioni di dollari affinché tutto il Paese sia raggiunto dall’elettricità entro il 2030. Secondo il Ministero dell’Energia ad oggi sono circa 93.000 le famiglie panamensi senza accesso all’energia elettrica. Si tratta per la maggior parte di piccole comunità situate in zone remote, montuose o boschive. Panama - che a febbraio 2022 ospiterà l’Energy and Climate Partnership of the Americas (ECPA) incentrato su “Transizioni energetiche giuste e inclusive” - punta a eliminare l’uso del carbone entro il 2023, e mira a diventare un hub di bunkeraggio per l’idrogeno pulito, affiancando le infrastrutture già presenti per lo stoccaggio del gas naturale liquefatto (GNL) prodotto negli Stati Uniti. Il Paese sta anche riprendendo i colloqui con il governo della Colombia per realizzare un’ambiziosa interconnessione elettrica di circa 500 chilometri, che avrà una capacità di trasmissione di 400 MW, con due tratti terrestri rispettivamente di 220 chilometri e 150 chilometri e uno sottomarino di 130 chilometri.

  • CESI, Codazzi riconfermato. Bortoni alla presidenza del CdA

    Leader mondiale indipendente nel testing, nell’ispezione e nella certificazione di componenti elettromeccanici per il settore elettrico, il Centro Elettrotecnico Sperimentale Italiano (CESI) rinnova il Consiglio di Amministrazione e riconferma Matteo Codazzi come Amministratore delegato. Quando si parla di testing e di consulenza per il settore elettrico, si parla tout court di CESI. E non solo per l’Italia; il Gruppo è infatti leader mondiale, con clienti sparsi in 70 Paesi, con sedi a Milano, Arnhem, Berlino, Mannheim, Chalfont (USA), Praga, Dubai, Rio de Janeiro, Santiago del Cile e Knoxville (USA). Il Gruppo CESI svolge un ruolo fondamentale nel supportare i player del settore elettrico nel difficile percorso verso la transizione energetica, nella resilienza delle reti e la riduzione delle emissioni. È inoltre tra le poche realtà al mondo a sviluppare e produrre celle solari avanzate (III-V triple junction GaAs) per applicazioni spaziali e terrestri (CPV). Successi e crescita globale – nonostante le criticità legate alla pandemia - che hanno portato gli azionisti a riconfermare Matteo Codazzi come amministratore delegato del Gruppo per il triennio 2021-2023. “Negli ultimi anni CESI ha saputo cogliere la sfida posta dall’evoluzione del settore energetico - ha dichiarato Codazzi - trasformandola in un’opportunità di crescita e divenendo un leader con presenza globale nei servizi per l’innovazione e la transizione energetica. In questo scenario, l’autorevolezza, l’indipendenza e le profonde competenze di una personalità di grande rilievo istituzionale, come il Presidente Bortoni, sono un apporto essenziale per il futuro di CESI”. L’assemblea ha infatti nominato Presidente del CdA Guido Bortoni, già al vertice di ARERA – Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente dal 2011 al 2018 e da luglio 2019 Senior Advisor - Regulatory presso la Direzione Generale Energia della Commissione Europea. Nel nuovo Consiglio di Amministrazione del Gruppo anche Alberto Calvo, Antonio Cammisecra, Ernesto Ciorra, Giuseppe Del Villano, Giacomo Donnini, Fabio Ignazio Romeo, Francesco Venturini e Flavio Villa. “È un ritorno nei luoghi in cui è iniziata la mia carriera - ha commentato Bortoni - dove ho avuto l’opportunità di sviluppare un background attestato sulle best practice italiane ed europee, essenziale per il dialogo con Istituzioni e player nel mondo dell’energia. Ritrovo oggi un Gruppo più espanso, diversificato e ulteriormente migliorato, che con i suoi servizi di testing e consulting si pone come coadiutore e ispiratore degli attori della trasformazione energetica globale”. Congratulazioni Presidente, e buon lavoro!

  • In Polonia via dal carbone con l’eolico offshore

    Il phase-out dal carbone è alla base del processo di decarbonizzazione intrapreso dall’Europa. Una strada non semplice e scontata per Paesi che hanno in questa fonte fossile la loro principale risorsa energetica. La Polonia, che ancora nel 2020 lo ha usato ricavandone il 71 per cento dell’energia elettrica, ha adottato una nuova politica energetica al 2040 (PEP2040) per ridurne gradualmente l’utilizzo, portando al 56 per cento la sua quota nel mix energetico al 2030, con un aumento al 23 per cento della quota di energia da FER. Per accrescere la generazione da rinnovabili, il governo polacco punta in particolare a sviluppare l’eolico. Con uno stanziamento previsto di 22,5 miliardi di euro saranno realizzati parchi eolici offshore per una capacità di 5,9 GW al 2030 e 11 GW entro il 2040, che porteranno alla creazione di 60.000 nuovi posti di lavoro diretti e indiretti. Sempre all’interno della PEP2040, si prevede che nel 2024 la capacità fotovoltaica possa raggiungere gli 8,3 GW. Nel 2020, secondo i dati di Polskie Sieci Elektroenergetyczne (PSE), la società che gestisce la rete elettrica polacca, il carbone fossile ha rappresentato il 47 per cento della produzione di energia primaria, seguito da lignite (24,9 per cento), gas naturale (9,1 per cento), petrolio greggio (1,6 per cento) e fonti rinnovabili (10,75 per cento).

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