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  • In Bulgaria oltre il 40 per cento di energia dal nucleare

    Nonostante la Strategia per lo sviluppo dell’energia sostenibile della Bulgaria preveda al 2030 una quota di generazione di elettricità da fonti rinnovabili del 30,33 per cento, rispetto al 22,1 per cento registrato nel 2018, secondo la società di analisi GlobalData l’energia nucleare rimarrà la fonte principale per la generazione di energia nel Paese almeno fino al 2030. “La produzione di energia nucleare - ha dichiarato infatti Pavan Vyakaranam, analista di GlobalData - è stata di 15,9 TWh nel 2020, con una quota del 44 per cento nella produzione totale di energia nel Paese, ma si prevede che rimarrà al di sopra del 40 per cento fino al 2030, con una produzione stimata di 14,1 TWh l’anno”. La Bulgaria, dove nel 2020 la domanda di elettricità è stata di 30,9 TWh, ha una sola centrale nucleare attiva, sita a Kozloduy, con due unità in funzione dopo la disattivazione delle unità 1 e 2 nel 2002 e delle unità 3 e 4 nel 2006; nello scorso gennaio, il Governo ha approvato il progetto per la costruzione di una settima unità.

  • Europa e rinnovabili. L’UE chiede iter autorizzativi più veloci

    Nella nuova Industrial Strategy, che aggiorna quella rilasciata nel marzo 2020, la Commissione Europea ha presentato nuove misure volte ad accelerare la diffusione delle fonti rinnovabili, sottolineando anche l’importanza strategica di una industria che renderà l’Europa più sostenibile, resiliente e competitiva a livello globale. Il documento, inoltre, riconosce esplicitamente la “necessità di accelerare la diffusione delle fonti energetiche rinnovabili” se l’UE vuole raggiungere i suoi obiettivi in materia di clima ed energia. Per centrare il target europeo di energia eolica, che prevede al 2050 1.000 GW di capacità onshore e 300 GW offshore, l’Industrial Energy sottolinea la necessità di una accelerazione nella costruzione di nuovi parchi, grazie soprattutto a miglioramenti nelle procedure di autorizzazione, riconosciute come il principale ostacolo per un ulteriore sviluppo. “La barriera all’espansione dell’energia eolica necessaria per il Green Deal – ha dichiarato Giles Dickson, CEO di WindEurope - non è la tecnologia, né il costo, né il finanziamento; è semplicemente il fatto che l’Europa non consente a un numero sufficiente di nuovi parchi eolici di raggiungere i suoi obiettivi di energia rinnovabile. Le procedure sono troppo complesse e non c’è abbastanza personale per elaborare le richieste di autorizzazione. Sarebbe bello avere un obiettivo più alto per le energie rinnovabili, ma sarà accademico se non affrontiamo il problema dei permessi”. Fondamentale sarà il nuovo Energy and Industry Geography Lab. Il laboratorio, sviluppato dal Joint Research Centre della Commissione in collaborazione con le parti industriali, faciliterà lo sviluppo fornendo informazioni geospaziali sulla disponibilità di fonti energetiche rinnovabili, infrastrutture, domanda a livello industriale. Oggi l’industria eolica europea contribuisce con 37 miliardi di euro l’anno al PIL dell’UE, impiega 300.000 persone che potrebbero salire a 450.000 entro il 2030 se i Governi realizzeranno i loro piani di transizione energetica.

  • Il Cile traina l’economia verde del Sud America

    Nei Piani istituiti per rilanciare le economie mondiali dopo la crisi pandemica, lo sviluppo delle energie rinnovabili è uno dei punti fondamentali. Tra i mercati più interessanti agli occhi dei possibili investitori e delle società energetiche internazionali c’è il Sud America, dove lo scorso anno i Paesi dell’America Latina si sono impegnati collettivamente a raggiungere entro il 2030 ben 312 GW di potenza installata generata da rinnovabili. Tra i governi che hanno posto la sostenibilità e la decarbonizzazione al centro dei Piani di risanamento relativi al Covid-19 va segnalato quello del Cile, che ha lanciato il progetto Paso a paso, Chile se recupera, che prevede una serie di investimenti pubblici nel settore energetico, la definizione di una Estrategia Nacional Hidrógeno Verde e che ha approvato, a inizio anno, la prima legge sull’efficienza energetica. Legge che prevede, entro il 2030 una riduzione dell’intensità energetica del 10 per cento con un taglio di 28,6 milioni di tonnellate di CO2. “Il Cile - ha dichiarato il presidente Sebastián Piñera nel suo discorso di inaugurazione per il Chile Day Global 2021 - è diventato un laboratorio per le energie del futuro, energie pulite e sostenibili. Il futuro del Cile richiede che agiamo per affrontare e fermare il cambiamento climatico e il riscaldamento globale”. Il Cile, che si è posto come obiettivo di eliminare tutte le centrali elettriche a carbone entro il 2040, vanta la migliore irradiazione solare del pianeta, con 4mila ore di sole l’anno, e un grande numero di parchi eolici, un potenziale idroelettrico di 11 GW, e un’importante capacità geotermica.

  • Tokyo firma la nuova roadmap di decarbonizzazione

    Il Governo nipponico ha approvato il 5° Piano energetico nazionale. Il Piano, che fissa gli obiettivi a lungo termine in ottica 2050, è basato sui cosiddetti principi 3E + S (Energy security, Environment, Economic efficiency e Safety) e prevede al 2050 l’ambizioso proposito di ridurre dell’80 per cento l’emissione dei gas serra, grazie a un crescente abbandono dei combustibili fossili. Per raggiungere questo traguardo, il Giappone conta molto sullo sviluppo tecnologico nel campo dell’idrogeno, dell’accumulo di energia e delle tecnologie digitali, oltre all’ampliamento delle microreti e dei sistemi energetici decentralizzati. Come obiettivo intermedio al 2030, il Governo nipponico punta a una riduzione del 26 per cento dei gas serra, generando il 22-24 per cento del proprio fabbisogno energetico da fonti rinnovabili e fissando al 20 per cento la propria dipendenza dal nucleare.

  • Energia verde da fonte eolica per 4 milioni di famiglie in Uzbekistan

    Nel rispetto del programma di misure per l’ulteriore sviluppo delle energie rinnovabili per il periodo 2017-2021 (risoluzione PP-3012), il governo dell’Uzbekistan ha annunciato la realizzazione di un progetto eolico da 1.500 MW in Karakalpakstan, una regione a statuto speciale situata nella parte più occidentale del Paese. Il progetto, che una volta operativo alla fine del 2021 diventerà il più grande parco eolico nella regione dell’Asia centrale, dovrebbe soddisfare il fabbisogno energetico di circa 4 milioni di famiglie e ridurre di circa 2,5 milioni di tonnellate le emissioni di anidride carbonica all’anno, contribuendo a soddisfare la crescita domanda annua di elettricità in modo efficiente e sostenibile.

  • La wind farm offshore galleggiante più grande al mondo sarà in Corea del Sud

    32 miliardi di dollari (36 trilioni di Won sudcoreani - 26,6 miliardi di euro) per la costruzione del più grande parco eolico offshore galleggiante del mondo. È quanto ha recentemente annunciato Moon Jae-in, presidente della Corea del Sud. Grazie a un finanziamento in parte pubblico e in parte privato, il complesso sarà costruito entro il 2030 al largo della costa di Ulsan City e avrà una capacità totale di 6 GW, contribuendo una volta in esercizio a ridurre di oltre 9 milioni di tonnellate/anno le emissioni di gas serra. Il complesso eolico, che produrrà energia sufficiente per 5,7 milioni di famiglie e creerà circa 210.000 nuovi posti di lavoro, rappresenterà la metà della produzione di energia eolica offshore pianificata dalla Corea del Sud entro il 2030. Il presidente Moon Jae-in ha inoltre dichiarato che una parte della sua produzione potrebbe essere utilizzata per ottenere idrogeno verde.

  • La siccità in Nuova Zelanda minaccia anche il mercato elettrico

    I cambiamenti climatici incidono fortemente anche sui settori economici, non ultimo quello elettrico. In particolare, la costante diminuzione delle piogge in alcune zone del globo sta provocando la diminuzione dei bacini idrici, con un impatto negativo sulla produzione idroelettrica. In Nuova Zelanda, un anno particolarmente povero di precipitazioni sta quindi rappresentando una concreta minaccia anche per il mercato elettrico. Secondo il National Institute of Water and Atmospheric Research (NIWA) l’avanzamento del clima secco ha diminuito i livelli dei bacini idrici del Paese molto al di sotto del normale. Nei primi quattro mesi del 2021, le piogge nell’area di Mount Cook sono state inferiori del 68 per cento rispetto alla norma del periodo. Più a sud, a Manapōuri, le precipitazioni sono state addirittura inferiori del 77 per cento. Condizioni di siccità che, secondo le previsioni, dovrebbero continuare per almeno due/tre settimane ma che potrebbero allungarsi per mesi, rendendo la situazione veramente critica. “Se i livelli dei laghi - ha dichiarato Geoff Bertram, dell’Institute for Governance and Policy Studies della Victoria University di Wellington - non aumentano a breve, la Nuova Zelanda per soddisfare il proprio bisogno di elettricità dovrà bruciare una grande quantità di carbone e gas”.

  • FER, dopo 17 anni si torna a costruire nuovi impianti in Slovacchia

    Il nuovo Piano nazionale integrato per l’energia e il clima della Repubblica della Slovacchia prevede entro il 2030 la costruzione di nuovi impianti eolici per una capacità di 500 MW. Non sarebbe una notizia di particolare interesse se non fosse che l’ultimo – e unico – impianto eolico del Paese risale al 2003! Ad aprile, infatti, dopo ben 17 anni, il Ministero dell’Economia slovacco ha annunciato nuove opportunità per la realizzazione di nuovi impianti eolici e fotovoltaici, per dare finalmente sviluppo alle fonti rinnovabili; programma non sostenuto dai precedenti governi. “Questo - ha dichiarato Ján Karaba, direttore dell’Associazione slovacca dell’industria fotovoltaica e delle fonti di energia rinnovabile (SAPI) - è solo il primo passo per creare le condizioni per lo sviluppo del settore. È necessario, infatti, che la Slovacchia aggiorni la sua legislazione in materia e implementi una regolamentazione trasparente, per inviare segnali positivi ai potenziali investitori”. In particolare, il governo dovrà cambiare l’impostazione della tassazione sull’elettricità prodotta dagli impianti, che non rende redditizio l’investimento in nuove centrali rinnovabili. “I problemi dell’industria energetica slovacca - afferma Karaba - sono stati causati dai processi di autorizzazione. La loro inutile complessità e la loro lunga durata scoraggiano le aziende dall’investire e ostacolano lo sviluppo delle FER”. Secondo OKTE (Organizátor Krátkodobého Trhu s Elektrinou), l’operatore slovacco del mercato elettrico a breve termine, nel 2020 più della metà dell’elettricità nel Paese è stata prodotta dalle centrali nucleari.

  • Transizione energetica e terre rare: criticità e minacce in un nuovo report IEA

    L’aumento dei prezzi dei minerali rari, essenziali per le principali tecnologie energetiche rinnovabili, e la previsione di una domanda quadruplicata entro il 2040 potrebbero rallentare il raggiungimento degli obiettivi dell’accordo sul clima di Parigi. Secondo il nuovo rapporto dell’International Energy Agency (IEA) The Role of Critical Minerals in Clean Energy Transitions, minerali come rame, litio, nichel, cobalto ed elementi delle terre rare rivestono infatti un’importanza centrale nella transizione energetica in quanto batterie, pannelli solari e turbine necessitano di notevoli quantità di questi materiali. Prospettive che variano ampiamente a seconda del minerale, ma le esigenze complessive del settore energetico di minerali critici potrebbero aumentare fino a sei volte entro il 2040, a seconda della rapidità con cui i governi metteranno in atto le politiche per ridurre le emissioni. Non solo; a differenza del petrolio, la produzione e la lavorazione di molti minerali come litio, cobalto e alcuni elementi delle terre rare sono concentrate in pochi Paesi. “Oggi - ha dichiarato Fatih Birol, Executive Director della IEA - i dati mostrano un’incombente discrepanza tra le ambizioni climatiche del mondo e la disponibilità di minerali critici che sono essenziali per realizzare tali ambizioni. Se non affrontate, queste potenziali vulnerabilità potrebbero rendere il progresso globale verso un futuro di energia pulita più lento e più costoso”. Secondo il Rapporto, in uno scenario che soddisfa gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, la domanda può aumentare nei prossimi due decenni fino a oltre il 40 per cento per rame e terre rare, del 60-70 per cento per nichel e cobalto e quasi del 90 per cento per il litio. Come semplice esempio, un’auto elettrica richiede sei volte la quantità di minerali di un’auto convenzionale e un impianto eolico onshore richiede nove volte più risorse minerali di una centrale elettrica a gas di uguali dimensioni. Per garantire che i minerali critici consentano una transizione accelerata verso l’energia pulita, il Rapporto della IEA indica ai governi sei aree di azione: garantire investimenti diversificati nella catena di approvvigionamento dei minerali; promuovere l’innovazione tecnologica in tutti i punti della catena del valore; aumentare il riciclo; migliorare la resilienza della catena di approvvigionamento e la trasparenza del mercato; procedere con l’integrazione di standard ambientali, sociali e di governance più elevati; rafforzare la collaborazione internazionale tra produttori e consumatori.

  • Brussato: “Il Green Deal non può cambiare le leggi della fisica”

    “Si comincia a prendere coscienza che la transizione energetica e lo sviluppo della mobilità elettrica vedrà la domanda di metalli crescere come mai prima nella storia dell’umanità”. È questo lo spunto di partenza dell’articolo di Giovanni Brussato pubblicato sul numero in distribuzione di Nuova Energia, il periodico dello sviluppo sostenibile. Ingegnere minerario e autore del libro Energia verde? Prepariamoci a scavare. I costi ambientali e sociali delle energie rinnovabili, Brussato sottolinea come il Green Deal abbia alla sua base un’impossibilità fisica, l’idea cioè di energia libera e rinnovabile, e che l’uso del suolo, sia per accedere ai luoghi in cui si trovano le risorse sia per collocare gli impianti, ha un costo. “Tutte le installazioni tecnologiche - si legge nell’articolo - hanno un costo ambientale e sociale, perché costruite con materiali estratti dalla terra e perché tutte le macchine si consumano; non c’è nulla di veramente rinnovabile in nessuna di esse. Quindi, il Green Deal si sintetizza nell’enorme quantità di minerali che devono essere estratti per costruire le tecnologie verdi”. E se il NEO Climate Scenario, prevede obiettivi ancora più ambiziosi rispetto all’Economic Transition Scenario, elaborato dagli analisti di Bloomberg, con una potenza rinnovabile globalmente installata che sale a 57 TW al 2050, con 23,2 TW da fotovoltaico e 17,8 TW da eolico, ecco che la quantità di metalli necessari per raggiungere la neutralità carbonica che aveva stimato la World Bank non sarà più sufficiente. Una stima – superata appunto dai nuovi scenari – che prevedeva necessaria una quantità di metalli pari a 3,5 miliardi di tonnellate per la costruzione delle tecnologie green, senza includere le infrastrutture per supportare la distribuzione, come le linee di trasmissione, o i componenti come i telai dei veicoli elettrici. “Le minacce alla biodiversità - conclude Brussato - legate all’attività mineraria aumenteranno inevitabilmente se gli obiettivi saranno quelli del Green Deal o del NEO Climate Scenario. E senza una pianificazione volta a mitigarle, queste nuove minacce potrebbero superare quelle evitate con il contrasto ai cambiamenti climatici”.

  • Il vento porterà 3 milioni di nuovi posti di lavoro nel mondo

    Non solo sostenibilità ambientale, ma anche occasione di crescita economica e nuova occupazione. Questo è quanto emerge dall’ultima analisi del Global Wind Energy Council (GWEC) che, per quanto riguarda l’energia eolica, stima come l’espansione del settore, sia onshore che offshore, potrebbe creare nei prossimi cinque anni 3,3 milioni di nuovi posti di lavoro nel mondo. Una previsione che copre l’intera catena del settore, dalla pianificazione e sviluppo del progetto alla produzione, l’installazione, il funzionamento e la manutenzione degli impianti. Secondo IRENA, l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili, con 751 GW di capacità già installata l’industria eolica ha generato fino ad oggi quasi 1,2 milioni di posti di lavoro a livello globale. In particolare, lo studio di GWEC ha stimato che nel 2020 erano circa 550.000 i lavoratori nel settore dell’energia eolica in Cina, 260.000 in Brasile, 115.000 negli Stati Uniti e 63.000 in India; occupazione che aumenterà grazie ai 470 GW di nuova capacità eolica onshore e offshore che saranno installati in tutto il mondo tra il 2021 e il 2025. “Purtroppo, nonostante le prove innegabili che l’eolico e altri settori dell’energia pulita offrono vantaggi economici e posti di lavoro significativamente maggiori - ha dichiarato Ben Backwell, CEO di GWEC - a livello globale si stanno ancora spendendo 30 miliardi di dollari in più sull’energia da combustibili fossili rispetto all’energia rinnovabile, perdendo così potenziali posti di lavoro”. Una ulteriore conferma che una ripresa economica socialmente e ambientalmente responsabile può contribuire a sistemi più resilienti e sostenere l’occupazione.

  • È in Antartide il parco eolico più meridionale del mondo

    Quando si parla di decarbonizzare i consumi energetici del Pianeta siamo soliti pensare ai grandi siti industriali, alle città e ai trasporti. Di certo, le zone artiche non sono le prime a venirci in mente. Eppure, anche ai Poli la questione non è secondaria. In Antartide, ad esempio, per sostenere le attività di ricerca svolte da varie nazioni, ogni anno vengono bruciati più di 11 milioni di litri di gasolio che rilasciano nell’ambiente oltre 30.000 tonnellate di carbonio, una seria minaccia per i fragili ecosistemi terrestri e marini. Per ridurre i rischi ambientali e l’emissione di gas climalteranti, nel 2008 Meridian Energy, società energetica della Nuova Zelanda, ha realizzato un parco eolico nell’Isola di Ross. Composto da tre sole turbine situate a Crater Hill - una delle poche aree prive di ghiaccio sull’isola e con elevata ventilazione - Ross Island fornisce energia rinnovabile alla base neozelandese di Scott e a quella americana, la stazione di McMurdo. Di proprietà di Antarctica New Zealand, agenzia governativa responsabile dello svolgimento delle attività in Antartide, il piccolo parco eolico ha permesso di ridurre di oltre 460.000 litri il consumo di gasolio annuo e di 1.242 tonnellate l’emissione di CO2.

  • Israele, all in sul fotovoltaico

    Come la maggior parte dei Paesi, anche il governo dello Stato ebraico sta cercando di accelerare nel proprio programma di decarbonizzazione, nel quadro degli impegni di sostenibilità assunti con l’Accordo di Parigi. Infatti, pur facendo ancora affidamento principalmente sul gas naturale per soddisfare i propri fabbisogni energetici, Israele ha deciso di dare nuovo impulso allo sviluppo delle rinnovabili, in particolare all’energia solare, che rappresenta oggi solo l’8 per cento dell’energia elettrica prodotta dal Paese. “Israele si sta muovendo con decisione verso l’energia rinnovabile - ha detto Gideon Friedman, responsabile del Chief Scientist Office del Ministero dell’Energia israeliano - e l’unica soluzione praticabile per le risorse naturali esistenti nel Paese è attualmente il solare”. Il governo ha recentemente indetto una gara d’appalto per la costruzione di due centrali fotovoltaiche ad Ashalim, nel Negev, per una potenza complessiva di circa 242 MW, che si andranno ad affiancare alle due già in fase di ultimazione da 70 MW ciascuna. Grazie al sostegno del governo, nel Paese si sta anche sviluppando l’uso di sistemi fotovoltaici decentralizzati collegati alla rete elettrica. Israele ha inoltre fissato nuovi obiettivi di decarbonizzazione, passando dal 17 al 20 per cento di generazione da FER al 2025 e dal 20 al 30 per cento entro il 2030.

  • Bolletta solo green? In India ora si può

    La scelta dei consumatori di sottoscrivere una fornitura di elettricità certificata green è in costante aumento in tutto il mondo. Non viene meno a questa sensibilità anche il mercato indiano. Adani Electricity Mumbai Limited (AEML), utility che serve oltre 3 milioni di clienti residenziali e industriali di Mumbai, ha infatti lanciato la Mumbai Green Energy Initiative. Con questo programma ogni cliente, esistente o nuovo, potrà personalizzare l’acquisto dell’energia e rispettare i propri obiettivi di sostenibilità. In accordo con quanto stabilito dalla Maharashtra Electricity Regulatory Commission (MERC), la commissione statale per la regolamentazione dell’elettricità, con un sovrapprezzo in bolletta di 66 centesimi di rupia/kWh (circa 1 centesimo di dollaro/kWh) il cliente di AEML potrà consumare elettricità prodotta al 100 per cento da energie rinnovabili. In alternativa i consumatori, in particolare quelli industriali, potranno ottenere una sorta di certificato verde mensile con indicata la percentuale del fabbisogno energetico che è stato ottenuto tramite energia rinnovabile. In linea con gli obiettivi di decarbonizzazione dell’India e grazie a ulteriori 700 MW prodotti da impianti solari ed eolici che saranno operativi in Rajasthan verso la fine del 2022, AEML fornirà entro il 2023 oltre il 30 per cento di elettricità generata da FER.

  • Lorenzo Parola: “Sul futuro del Capacity Market pesa l’incognita dei contenziosi”

    “Una delle incognite sul futuro del Capacity Market è rappresentata da una serie di contenziosi pendenti per ricorsi di vari operatori, dinanzi al TAR Lombardia come anche al Tribunale dell’Unione Europea”. Da questo punto di attenzione è partito l’intervento di Lorenzo Parola, Herbert Smith Freehills, nel corso del webinar Il Capacity Market: riflessioni sulla transizione energetica in Italia organizzato dall’Osservatorio Energia di REF-E. Per ciò che concerne i giudizi pendenti dinanzi al TAR, il principale atto impugnato è il DM del 28 giugno 2019 (recante Disciplina del Sistema di remunerazione della disponibilità di capacità produttiva di energia elettrica) che recepisce lo schema di disciplina proposto da Terna. “Ovviamente sono oggetto del ricorso - sottolinea Lorenzo Parola - anche tutti gli altri presupposti connessi o consequenziali, tra cui le delibere ARERA 363, 364 e 365 del 2019 e gli esiti delle aste madri per gli anni di consegna 2022 e 2023 ”. Tra i principali motivi di censura da parte degli operatori, la difformità tra il testo del DM del 28 giugno 2019 rispetto a quello che era stato oggetto di consultazione nel marzo 2018, e la penalizazzione per le unità di produzione esistente rispetto alla capacità di nuova realizzazione, sia essa autorizzata o non autorizzata. “Come sappiamo, è diverso l’ammontare del premio annuale, che si pone in un rapporto di più di 1:2 e, soprattutto, è difforme anche la durata contrattualizzata del regime stesso: regime annuale per la capacità esistente e di 15 anni per la nuova capacità”. I motivi addotti dai controinteressati sono uguali e contrari rispetto a quelli proposti dai ricorrenti. In più, però, si pone l’accento su quello che potrebbe essere - in caso di accoglimento del ricorso - il pregiudizio a interessi generali, primo fra tutti quello della sicurezza del sistema. Per quanto riguarda i giudizi pendenti davanti al Tribunale dell’Unione Europea, entrambe le cause sono dirette a ottenere l’annullamento della decisione con cui la Commissione UE aveva stabilito di non sollevare obiezioni nei confronti della modifica del meccanismo di Capacity Market notificata dallo Stato Italiano nel marzo del 2019. A parere dei ricorrenti, la modifica avrebbe introdotto novità importanti che avrebbero dovuto indurre la Commissione a sentire di nuovo tutti i soggetti interessati, coinvolgendoli nel procedimento e consentendo di presentare le proprie osservazioni. Lo stato attuale dei giudizi vede il Tribunale UE prossimo alla decisione. Da parte sua, il TAR Milano - su richiesta di uno dei controinteressati - ha sospeso i giudizi ritenendo che il contenzioso pendente dinanzi al Tribunale dell’UE fosse pregiudiziale rispetto alla decisione del TAR stesso. Si tratta di questioni sulle quali evidentemente non ha competenza il giudice nazionale e deve quindi pronunciarsi il giudice comunitario. Se il Tribunale UE accogliesse i ricorsi contro la decisione della Commissione (ferma restando la possibilità di un appello presso la Corte di Giustizia), la sentenza sarebbe vincolante per il giudice interno. “In questo caso il capacity market italiano sarebbe privato di base legale e vi sarebbe a mio avviso l’impossibilità di dare esecuzione ai contratti sottoscritti con Terna, per lo meno quelli aventi ad oggetto la nuova capacità non ancora autorizzata”. Viceversa, nel caso in cui il Tribunale UE rigettasse i ricorsi, il TAR Milano avrebbe piena potestà decisionale e si potrebbero aprire essenzialmente due scenari: nel caso di rigetto dei ricorsi anche da parte del Tribunale amministrativo, il regime del capacity market resterebbe pienamente valido ed efficace, incluse le graduatorie delle aste. Nel caso di accoglimento dei ricorsi, invece, gli atti impugnati (incluse le graduatorie) sarebbero annullati per illegittimità derivata. “La domanda più importante in questo caso è interrogarsi su che cosa succederebbe rispetto ai contratti sottoscritti con Terna” conclude Lorenzo Parola. Restiamo in attesa...

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