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  • Cattaneo (Regione Lombardia): “La Laudato si’ è la Rerum Novarum dei nostri tempi”

    Il cambiamento climatico è arrivato anche a Rimini. E non solo per il nubifragio che ha flagellato il litorale o per la temperatura - piuttosto alta, complice anche la nutrita affluenza di pubblico - percepita nei padiglioni della Fiera che ospitano dal 20 al 25 agosto la 43esima edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli. Di clima - e dei suoi effetti sulla nostra vita quotidiana - si è parlato anche nello spazio di Fondazione Lombardia per l’Ambiente (FLA) e di Arpa Lombardia, da due punti di vista interessanti e con due ospiti autorevoli: Raffaele Cattaneo, assessore all’Ambiente e Clima di Regione Lombardia, e Giorgio Medici, Environment & Airport Safety Director di SEA. “Il tema è serio - ha esordito l’assessore Cattaneo - e forse non ci siamo ancora resi conto appieno della necessità di adottare con urgenza un modello di sviluppo diverso da quello a cui siamo abituati. Tra i tanti estremi - ed estremismi - è essenziale trovare un punto di equilibrio che è rappresentato da ciò che la realtà ci mette di fronte”. Gli obiettivi che la Regione Lombardia si è data sono quelli indicati dall’Europa e dalle Nazioni Unite: la neutralità carbonica al 2050 - quindi emissioni nette zero - con il target intermedio rappresentato dalla riduzione del 55 per cento delle emissioni di CO2 entro il 2030. “Abbiamo declinato tutto questo nel nostro Piano regionale energia ambiente e clima - prosegue Cattaneo. Tradotto in termini concreti significa che, prima di tutto, nei prossimi sette anni dobbiamo ridurre di un terzo i consumi finali di energia”. In Lombardia i consumi di energia sono stabili da circa 20 anni: circa 25 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (tep). Ridurli di un terzo significherebbe portarli a circa 17 “ed è un’impresa da far tremare i polsi”. Vorrebbe dire che ogni famiglia, ogni istituzione e ogni attività economica dovrà diminuire i propri consumi del 30-35 per cento. Contemporaneamente sarà necessario raddoppiare la produzione da rinnovabili. La principale fonte in Lombardia è quella idroelettrica, seguita dalle biomasse: due tipologie di generazione che difficilmente potranno incrementare il proprio contributo, anche per le ragioni legate ai cambiamenti climatici. Di vento ce n’è poco, non resta che puntare sul fotovoltaico. Ma se 1 MW serve un ettaro, installare 7 GW di pannelli solari - tanti ne servirebbero - vorrebbe dire occupare una superficie pari a 7.000 campi da calcio... Nessuno ha la bacchetta magica e non servono slogan sempre più ambiziosi. Soprattutto, questi risultati non si otterranno solo grazie agli interventi delle istituzioni: c'è bisogno di uno slancio dal basso e del contributo di tutti. “La questione cruciale è trovare equilibrio adeguato alla realtà. La scelta di elettrificare tutti i trasporti, per esempio, è ideologica: blocca la ricerca sui biocarburanti e sui nuovi motori. Senza una cultura capace di guardare la realtà tutta intera si fanno solo danni”. “La domanda da farsi - ha concluso Raffaele Cattaneo - è con quale antropologia affrontiamo il tema del cambiamento climatico. Senza una visione adeguata della storia, dell'uomo e della realtà non ci potrà essere una vera svolta ecologica. Urge la necessità di una cultura e una visione politica all’altezza della sfida. La Laudato si’ è la Rerum Novarum dei nostri tempi”.

  • Stop alle modifiche unilaterali, le associazioni scrivono alla Commissione

    A una settimana dall’entrata in vigore del decreto-legge 9 agosto 2022 n. 115, meglio noto come Aiuti-Bis, le associazioni di categoria italiane - Utilitalia, Elettricità Fututa, Energia Libera, Proxigas, Aiget, Assogas - hanno scritto alla Commissione europea per denunciare la sospensione, fino al 30 aprile 2023, delle modifiche unilaterali dei contratti di fornitura di energia e gas, anche se tale possibilità è prevista nei contratti già sottoscritti. La misura, contenuta negli articoli 3 e 4 del decreto, mira a salvaguardare i consumatori. Nei fatti però, come denunciano le associazioni, rappresenta una minaccia per il mercato interno dell’energia e per i rivenditori che sono già in difficoltà a causa dell’altissima volatilità dei prezzi del gas naturale. Nei prossimi mesi, infatti, se i prezzi dell’elettricità e del gas aumenteranno - e purtroppo i motivi non mancano - i fornitori non riusciranno a recuperare i maggiori costi, con conseguenze gravissime, fino il fallimento. Ricordiamo che nei mesi scorsi era pressoché impossibile prevedere nell’entità e soprattutto nella durata gli attuali incrementi di costo e dunque è facilmente comprensibile come la gran parte dei contratti di fornitura sottoscritti da tempo - tanto più se a prezzo fisso - siano diventati antieconomici. Del resto, in diverse comunicazioni, la Commissione ha chiarito come la fissazione di prezzi al dettaglio inferiori ai costi non possa essere considerata una soluzione coerente con i principi europei in materia di antitrust e di aiuti di stato, tanto nel lungo quanto nel breve termine. Le associazioni sottolineano come la sospensione delle modifiche unilaterali avrà conseguenze negative anche sui nuovi contratti al dettaglio, spingendo i fornitori a proporre offerte di vendita direttamente agganciate al prezzo del mercato all’ingrosso (quello che si forma quotidianamente nella Borsa elettrica italiana). Trasferendo quindi tutta la volatilità di quest’ultimo, senza il ricorso a strumenti di copertura, anche su normalissimi, piccoli consumatori finali. Al contrario, concludono le associazioni, il governo italiano dovrebbe continuare ad aiutare i consumatori bisognosi, oltre che con i bonus sociali, con la riduzione degli elementi fiscali e parafiscali e l’introduzione di misure per ridurre il costo del gas naturale importato. a.s

  • Idrogeno, Porsche simula l’utilizzo su una Cayenne

    Porsche, come sanno tutti gli appassionati, è sempre stata anche una società di ingegneria che ha lavorato - e lavora - anche per altre case automobilistiche, e non solo. Citiamo al volo l’Audi RS2 Avant, la Mercedes 500E e l’Harley-Davidson V-Rod. E proprio Porsche Engineering è scesa in pista, ancorché virtualmente, per testare l’uso dell’idrogeno direttamente nel motore a combustione interna. Una soluzione, dunque, da affiancare ai carburanti alternativi, in particolare gli e-fuel (dove Porsche è più avanti di tutti), per utilizzare anche nei prossimi decenni le auto endotermiche senza problemi di emissioni. La combustione con idrogeno, infatti, non emette CO2, resterebbero solo le emissioni di ossidi di azoto che però sarebbero ben al di sotto dei limiti fissati dalla norma Euro 7, ancora in discussione, e prossime allo zero con tutte le mappature del motore. Da notare l’attenzione a mantenere bassi i consumi di carburante pur eguagliando potenza e coppia dei motori a benzina, come ha sottolineato Vincenzo Bevilacqua, che in Porsche Engineering è Senior Expert Engine Simulation. Per il motopropulsore sono partiti dall’otto cilindri, 4.400 biturbo a benzina, da 550 CV - o meglio dal suo set di dati digitali che sono modificati tenendo conto delle specifiche dell’idrogeno, come ad esempio il rapporto di compressione, e di turbocompressori dedicati. Quattro i prototipi testati per arrivare a sistema turbo con compressori back-to-back, con due compressori, in disposizione coassiale, azionati dalla turbina oppure da un motore elettrico di supporto tramite un albero comune: l’aria scorre attraverso il primo compressore, passa nell’intercooler e quindi viene ricompressa nel secondo. Come vettura è stata scelta la gemella digitale della Cayenne (lo stesso motore è montato anche sulla Panamera) che nel giro virtuale al Nürburgring non è andata male, raggiungendo una velocità massima di 261 km/h. Certo non siamo ancora vicini alla messa su strada, ma è altrettanto vero che si può ormai annoverare anche Porsche - e potenzialmente pure per conto terzi - nella crescente lista di case automobiliste interessate all’idrogeno. Il che non è affatto poco. a.s.

  • Australia, nuovo hub di ricerca per idrogeno destinato a tir, treni e bus

    Nel percorso non privo di asperità della transizione ecologica, la ricerca riveste un ruolo fondamentale. In Australia, sono iniziati i lavori per la realizzazione di una nuova struttura di R&S sull’idrogeno presso il Warrnambool Campus della Deakin University. Il progetto Hycel Technology Hub, una struttura di 2.200 metri quadrati dal costo complessivo di 23 milioni di dollari, sarà uno dei primi hub regionali dell’Australia dove saranno sviluppate e testate celle a combustibile per un utilizzo nei settori del trasporto pesante, dei treni e della navigazione. Dotato di attrezzature ad hoc per l’assemblaggio e il collaudo di celle a combustibile, di una baia di integrazione per veicoli pesanti, di strutture di formazione e di uno spazio multifunzionale per attività educative e dimostrative, avrà anche il sostegno del governo dello Stato di Victoria, che contribuirà con un finanziamento di 9 milioni di dollari. La somma fa parte del Fondo di investimento statale di 350 milioni di dollari creato per sostenere le università, la ricerca applicata e le infrastrutture di ricerca. “La nostra Università - ha dichiarato Iain Martin, vicecancelliere della Deakin University - combina la propria esperienza nel campo della scienza e della tecnologia per soddisfare le esigenze dell’industria emergente dell’idrogeno. Il Warrnambool Campus sarà per l’Australia un distretto di ricerca, innovazione e formazione all’avanguardia”. La Deakin University collaborerà anche con Warrnambool Bus Lines per supportare la conversione della loro flotta di autobus da diesel a celle a combustibile a idrogeno, la prima del suo genere in Australia. “L’idrogeno verde – ha dichiarato Lily D’Ambrosio, ministro dell’Energia dello Stato di Victoria - è una nuova tecnologia energetica che ridurrà le emissioni dei trasporti e in tutta l’economia: l’innovazione fornita dall’Hycel Technology Hub ci aiuterà a ridurre le emissioni del 50 per cento entro il 2030”.

  • Nucleare, la Germania ne ha ancora bisogno

    Il prossimo inverno si prospetta per tutta Europa particolarmente difficile sul piano energetico. Il Paese più in difficoltà e che più rischia nei prossimi mesi, per via dell’eccessiva dipendenza dal gas naturale russo, è la Germania. Numerose le iniziative intraprese per limitare i danni: dall’introduzione di sovrapprezzi sul gas naturale consumato dalle famiglie alla riattivazione delle centrali a carbone per prevenire blackout. Niente di risolutivo però, tanto da portare un’intera classe politica a ritornare sui propri passi. Secondo il Wall Street Journal, infatti, sarebbe prossima la decisione di prolungare oltre il 31 dicembre di quest’anno l’operatività delle ultime tre centrali elettronucleari tedesche rimaste (a inizio anno erano ancora sei). Più di qualcuno ricorderà che la decisione tedesca di abbandonare nell’arco di dieci anni la produzione nucleare arrestando tutti i 17 reattori allora in funzione fu presa pochi mesi dopo l’incidente alla centrale giapponese di Fukushima dell’11 marzo 2011, accelerando e incrementando scelte prese all’inizio del nuovo secolo. La cancelliera Angela Merkel istituì addirittura una Commissione etica sulla fornitura sicura dell’energia che in meno di due mesi produsse un rapporto che raccomandava di chiudere tutte le centrali nucleari tedesche “il più rapidamente possibile”. Secondo l’autorevole quotidiano americano, che ha raccolto dichiarazioni di alcuni alti funzionari del governo tedesco, la decisione sarebbe ormai presa benché alcuni dettagli siano ancora in discussione e, soprattutto, nonostante manchi la formalizzazione del gabinetto del cancelliere tedesco Olaf Scholz e con tutta probabilità un conseguente voto in Parlamento. La disposizione dovrebbe anche attendere l’esito di una valutazione del fabbisogno energetico tedesco, che si concluderà nelle prossime settimane. Già la scorsa settimana lo stesso Scholz aveva accennato alla questione, affermando - per la prima volta - che potrebbe avere senso mantenere in funzione gli ultimi tre reattori tedeschi, uno per ogni centrale: Isar 2 in Baviera, Neckarwestheim 2 nel Baden-Württemberg ed Emsland nella Bassa Sassonia, gestite rispettivamente da E.ON, EnBW e RWE. Le centrali insieme coprono solo il 6 per cento dei consumi elettrici tedeschi e tuttavia, mai come in questo frangente, sostituirle sarebbe oneroso. Il ministero dell’Economia e dell’ambiente, guidato da Robert Habeck dei Verdi, ha già svolto uno stress test a inizio 2022, dal quale è emerso che i reattori nucleari non avrebbero aiutato a risolvere una possibile crisi energetica. Tuttavia, dopo la riduzione dell’80 per cento dei flussi di gas russo destinato alla Germania, ripetutamente verificatasi durante il mese di luglio, è stata avviata una prevista e più ampia altra analisi che tenesse conto di una perdurante carenza di gas per il prossimo inverno. In ogni caso, pare chiaro che la difficile questione nucleare sia ormai riaperta - andrebbe anche deciso e discusso per quanto tempo andrebbero mantenute in funzione le centrali: pochi mesi o pochi anni? - e, benché alcuni gruppi ambientalisti abbiano già minacciato azioni legali, questo non è certo un male tanto per il clima quanto per i prezzi del gas naturale, non solo tedeschi evidentemente. a.s.

  • Petrolio, al via il giacimento di Ikike (Nigeria): produrrà 50.000 barili/giorno

    Africa e rinnovabili? È la strada segnata (o forse sognata). Ma la realtà dice che senza combustibili fossili ancora per un po’ non si può stare. Lungi dall’essere prossimi al loro esaurimento, al largo della Nigeria ha preso ora avvio la produzione del giacimento petrolifero di Ikike. La piattaforma, situata a 20 chilometri dalla costa, entro la fine del 2022 sarà in grado di produrre 50.000 barili di petrolio equivalente (boe) al giorno. Collegato attraverso un gasdotto multifase di 14 chilometri alle strutture offshore esistenti del giacimento di Amenam-Kpono, il progetto Ikike è stato studiato per ridurre al minimo le emissioni di gas serra, che secondo le stime dovrebbero attestarsi intorno ai 4 kg CO2eq/boe. Oltre a consentire una riduzione delle emissioni climalteranti, Ikike ha permesso di coinvolgere in gran parte della realizzazione gli appaltatori locali; in particolare, i moduli della parte superiore della piattaforma sono stati interamente costruiti e integrati da aziende nigeriane.

  • Un inverno meno caro per i residenti in Basilicata

    Buone notizie per i lucani. Il consiglio regionale della Basilicata, riunitosi il 13 agosto in seduta straordinaria, ha approvato con 14 voti favorevoli e 6 astenuti il disegno di legge Misure regionali di compensazione ambientale per la transizione energetica e ripopolamento del territorio lucano, in cui è previsto l’azzeramento del costo della materia prima nelle bollette del gas naturale - resteranno da pagare le altre voci - per tutti i contatori domestici intestati a residenti. Che in tutto sono circa 181 mila, per un consumo annuo intorno ai 160 milioni di metri cubi; da ricordare che con la proroga delle concessioni in Val d’Agri sono 200 i milioni di metri cubi garantiti dai concessionari in favore della Regione Basilicata. L’iniziativa, che presenta un certo grado di complessità, sarà strutturata evitando discriminazioni fra gli operatori del mercato della vendita del gas naturale, così che possa essere messa in pratica in maniera omogenea da tutti, per tutti i fornitori e per tutti i clienti beneficiari. Richiederà perciò un intervento regolatorio di dettaglio da parte dell’ARERA, che si avvarrà del contributo di Acquirente Unico attraverso il Sistema Informativo Integrato (SII). La Regione, si legge nella relazione di accompagnamento alla norma, procederà secondo uno schema articolato in cinque punti: costituzione e alimentazione del Fondo Regione Basilicata, individuazione delle forniture da agevolare, calcolo del valore del Contributo Regione Basilicata, modalità di erogazione del contributo ai clienti finali, modalità di recupero degli importi da parte dei venditori. La copertura finanziaria degli interventi è quantificata in un massimo di euro 60 milioni di euro per il 2022 e in un massimo di euro 200 milioni per il 2023 e il 2024. Si partirà già dal prossimo anno termico, quindi dall’inizio di ottobre. Per i residenti lucani che non utilizzano il gas naturale sono previsti contributi a fondo perduto fino a 5 mila euro per l’acquisto e l’installazione di collettori solari termici e relativi sistemi di accumulo e per l’acquisto e l’installazione di impianti fotovoltaici per l’autoproduzione di energia elettrica o sistemi di accumulo. Non basterà certo questo per ripopolare Potenza e gli altri 129 comuni lucani (la popolazione di Matera fa eccezione), ma, in tempi di energia carissima, si tratta comunque di un’iniziativa tangibile che dà anche una concreta risposta riguardo i fenomeni di Nimby. a.s.

  • Carbone, il lungo addio. Al largo del Vietnam 4 GW di eolico offshore

    Secondo gli ultimi dati rilasciati dalla compagnia elettrica statale Vietnam Electricity (EVN), nel 2021 la capacità di generazione totale installata nel Paese del Sud Est asiatico ammontava a quasi 77 GW. Di questi, il 27 per cento era da attribuire alla produzione degli impianti eolici e solari. Proprio sullo sviluppo dell’energia dal vento, in particolare con la realizzazione di strutture offshore, punta ora il governo di Hanoi per ridurre ulteriormente la propria dipendenza dal carbone. Il Ministero dell’Industria e del commercio ha infatti recentemente autorizzato la costruzione di un nuovo parco eolico offshore da 4 GW al largo delle coste della provincia di Binh Thuan, che si affaccia sul Mar cinese meridionale. Con un costo previsto di 13 miliardi di dollari, la nuova struttura consentirà di raddoppiare l’attuale capacità di generazione eolica del Paese. Il Vietnam, che si è posto come obiettivo di diventare carbon neutral entro il 2050, conta di installare 11,7 GW di capacità eolica entro il 2030 e ben 66 GW entro il 2045.

  • USA e GNL, vola l’export: ogni giorno 318 milioni di metri cubi viaggiano verso l’Europa

    Da sempre le guerre rappresentano per alcuni (singoli, imprese o Stati) anche una possibilità di maggior guadagno. L’attuale conflitto russo-ucraino - e la conseguente crisi energetica non fa eccezione: ha portato a livelli prima solo immaginati il mercato del gas naturale liquefatto (GNL). In particolare, secondo l’Energy Information Administration (EIA) nei primi sei mesi del 2022 gli Stati Uniti hanno esportato 39 miliardi di metri cubi di GNL, diventando il principale esportatore proprio grazie all’aumento delle forniture verso gli Stati europei. Export totale che è cresciuto del 12 per cento rispetto alla seconda metà del 2021, con una media di 318 milioni di metri cubi al giorno. Navi che nel periodo esaminato hanno viaggiato per circa il 71 per cento delle volte proprio verso le rotte della UE e della Gran Bretagna. Per far fronte a questa nuova maggiore domanda, la capacità di esportazione di GNL degli Stati Uniti è aumentata di 54 milioni di metri cubi al giorno da novembre 2021, grazie anche a una maggiore produzione presso gli impianti di Sabine Pass e Corpus Christi. Va notato che gli Stati Uniti non sarebbero in grado di aggiungere nuovi volumi di esportazione di GNL fino al 2024.

  • Energia, in vista del difficile inverno anche la Norvegia rischia il razionamento

    È un’estate energeticamente difficile per tutti, anche per la Norvegia. Nel Paese scandinavo, ricco di petrolio e gas naturale abbondantemente sfruttati per finanziare la transizione ecologica, i prezzi dell’energia elettrica sono ormai arrivati a livelli inimmaginabili perché le centrali idroelettriche sono in grande difficoltà. Gli invasi sono troppo poco pieni e finora si è prodotta il 18 per cento di energia elettrica in meno rispetto allo scorso anno. La situazione è “incerta e impegnativa”, per quella che viene definita una “fornitura di energia dipendente dalle condizioni atmosferiche”. Queste le parole allarmate del Ministro del Petrolio e dell’Energia, Terje Aasland. Il governo norvegese ha infatti già adottato diverse misure sia per ridurre i prezzi dell’elettricità per le famiglie, sia per garantire la fornitura di energia durante l’inverno. Misure che, nonostante i risultati positivi, potrebbero aver bisogno di ulteriori interventi. Il livello di riempimento dei bacini idroelettrici è molto basso, tanto da non poter completamente escludere completamente un periodo di razionamento dell’elettricità nella primavera del 2023. Se la cosa dovesse avvenire, probabilmente si tratterebbe di un’area molto circoscritta del Paese e per un periodo limitato - giorni o settimane - tra aprile e maggio e riguarderebbe soprattutto le imprese. In Norvegia l’energia elettrica è generalmente usata per riscaldare le abitazioni, tanto che il consumo medio è superiore ai 14.000 kWh annui (oltre sei volte quello italiano). La Norvegia è più grande produttore di energia idroelettrica d’Europa, tanto che, oltre a coprire il 90 per cento del fabbisogno elettrico nazionale, funge da batteria per diversi Paesi del Vecchio Continente. Nelle ultime settimane i produttori di energia idroelettrica sono stati inviati a ridurre la produzione e diminuire le esportazioni proprio per risparmiare acqua per il prossimo inverno. Che dunque si prospetta sempre più difficile, almeno per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico.

  • Modifiche unilaterali elettricità e gas, lo stop non garantisce i consumatori

    Alla fine, nonostante le proteste sollevate da più parti, a cominciare dalle associazioni di categoria, il decreto-legge 115 Misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali, meglio noto come Aiuti bis, che entra in vigore oggi, 10 agosto, ha confermato la sospensione delle modifiche unilaterali dei contratti di fornitura di energia elettrica e gas naturale. La finalità della norma è chiaramente quella di proteggere i consumatori. Tuttavia, non sempre basta perseguire il bene per ottenerlo. Fino al 30 aprile 2023 - recita l’articolo 3 - è sospesa l’efficacia di ogni eventuale clausola che consente all’impresa fornitrice di energia elettrica e gas naturale di modificare unilateralmente le condizioni generali di contratto relative alla definizione del prezzo, ancorché sia contrattualmente riconosciuto alla controparte il diritto di recesso. Fino alla stessa data - recita l’articolo 4 - sono inefficaci i preavvisi comunicati prima della data di entrata in vigore del decreto, a meno che le modifiche contrattuali si siano già perfezionate. La gravissima situazione energetica europea è ormai nota a tutti, come anche l’esponenziale crescita dei prezzi all’ingrosso dell’energia elettrica e del gas naturale, iniziata, è vero, prima dell’invasione dell’Ucraina, ma acuita dallo scoppio del conflitto. Di fatto, per gli operatori era impossibile prevedere incrementi così elevati e per così lungo tempo, e dunque è facilmente comprensibile come la gran parte dei contratti di fornitura sottoscritti da tempo - tanto più se a prezzo fisso - siano ormai diventati antieconomici. Da qui la sofferta decisione dei fornitori di modificare le condizioni contrattuali, con l’elevata probabilità di perdere il cliente. Potare dei rami, dunque, per salvare la pianta. Obbligare i fornitori ad operare in perdita, infatti, li espone inevitabilmente - e letteralmente - a rischio fallimento. Con la conseguenza che i consumatori, rimasti senza fornitore, si troverebbero comunque a pagare direttamente prezzi maggiori, o indirettamente tramite misure di socializzazione. Vi è poi - sempre limitandoci ai sommi capi della questione - il fatto delle tempistiche: da un lato, l’articolo 4 ha efficacia retroattiva, e questo è sempre un problema; dall’altro, la stessa data del 30 aprile 2023 è troppo in là nel tempo per essere nella più parte dei casi efficace. Gli operatori, infatti, potranno comunque esercitare il diritto di recesso 6 mesi prima della decorrenza per i clienti domestici oppure in bassa tensione o con consumi di gas naturale non superiori a 200.000 metri cubi/anno; e comunque secondo decorrenza contrattuale per tutti gli altri, per i quali però le modifiche sono sovente già avvenute. In verità, il decreto penalizza quegli operatori che hanno resistito fino ad ora proprio per non penalizzare il cliente. Infine, trattandosi di un decreto-legge, non sono da escludersi correttivi in sede di conversione. Sperando - complice la pausa agostana - che non arrivino troppo tardi. a.s.

  • Eolico, in Australia nel 2021 cala il numero delle proteste

    Uno dei problemi per la realizzazione di nuovi impianti rinnovabili è spesso rappresentato dalle opposizioni delle comunità locali. Una questione non solo italiana. Nel suo rapporto annuale al parlamento federale australiano Andrew Dyer, commissario per l’Australian Energy Infrastructure, ha mostrato come nel 2021 sono stati 63 i reclami presentati contro parchi eolici dalle comunità locali, 14 dei quali per parchi eolici già operativi. Denunce dovute soprattutto per le ripercussioni alla salute degli abitanti attribuite alla prossimità degli impianti. In particolare, disturbi del sonno, mal di testa, mal di orecchie, tachicardia, pressione alta, problemi di vista, diabete, costrizione del torace, nausea e affaticamento generale. Condizioni che sarebbero causate dal rumore, udibile e a bassa frequenza, inclusi gli infrasuoni, nonché dalle vibrazioni attribuite al funzionamento delle turbine e che spesso persistono anche quando gli impianti non sono in funzione. “Tuttavia, solo un numero esiguo di denuncianti – ha affermato Andrew Dyer – ha accettato di collaborare con l’Ufficio e di fornire prove dei problemi di salute dichiarati. E in tutti questi casi, la causa principale del problema di salute non era attribuibile al parco eolico”. Un aspetto positivo? La drastica diminuzione rispetto ai numeri del 2020, quando si erano registrate ben 230 denunce. L’Australian Energy Infrastructure Commissioner è stato creato nel 2015 dal governo australiano proprio per ricevere e gestire le denunce delle comunità in merito a parchi eolici e solari su larga scala. Dal 2021 l’Ufficio dell’AIEC ha esteso il proprio ruolo agli impianti di stoccaggio e ai nuovi grandi progetti di trasmissione elettrica.

  • Crollo dell’mercato delle auto usate e ancor di più delle rottamazioni

    Il rimbalzo che ha caratterizzato le vendite di auto nuove a luglio (-0,5%, con i primi 7 mesi dell’anno in flessione di quasi il 20%) non c’è stato nel mercato dell’auto usata. Il segmento delle auto usate, secondo i 226.477 passaggi di proprietà annotati dal Pubblico Registro Automobilistico (PRA), segna un crollo del 18,6% rispetto a luglio del 2021. Dell’11,9% è invece la contrazione da inizio anno, come si legge nell’ultimo bollettino “Auto-Trend”, pubblicato online dall’Automobile Club d’Italia. Va ricordato tuttavia che, come accade da inizio anno, anche a luglio per ogni auto acquistata nuova ne sono state acquistate due usate. L’alimentazione a gasolio è sempre la preferita (48,6% del totale a luglio), seppure in calo rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. In crescita gli acquisti di ibride ed elettriche, che però sommate arrivano appena al 4% delle compravendite. In rosso anche i motocicli che da inizio 2022 perdono il 6,7%, segnando poco più di 62 trasferimenti di proprietà. La statistica evidenzia anche l’andamento delle radiazioni dal PRA, fondamentali per analizzare l’evoluzione del parco circolante: a luglio le auto rottamente diminuiscono del 32,9%, fermandosi a 86.025 unità. Per ogni 100 vetture nuove ne sono state radiate 76 a luglio e 81 nei primi sette mesi del 2022. Non va meglio per le due ruote, le cui 10.756 cancellazioni dal PRA a luglio sono in calo del 5,2% rispetto allo stesso mese del 2021. Dall’inizio dell’anno le radiazioni sono diminuite del 30,7%. Gli italiani, insomma, molto probabilmente più per bisogno che per passione, l’automobile se la tengono finché possono. Interessante notare anche che, guardando le radiazioni suddivise per classe Euro, non sono certo le autovetture più anziane a uscire dal parco. Anche se è del tutto logico pensare che vetture Euro 1 ed Euro 2 circolino, vengano utilizzate molto meno di vetture Euro 4, Euro 5 ed Euro 6.

  • Energia, spot estivo per i consumi intelligenti

    Finalmente è arrivata la campagna istituzionale, realizzata dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria in collaborazione con l’ENEA, per promuovere l’uso responsabile e moderato dell’energia. È stato realizzato uno spot in grafica animata con l’obiettivo di trasmettere un messaggio efficace e concreto sull’uso consapevole e responsabile della risorsa energetica con cui vengono dati consigli pratici sulle azioni che ognuno di noi dovrebbe adottare per risparmiare e usare correttamente un bene prezioso e in questo periodo, aggiungiamo noi, quanto mai costoso. Il claim dello spot è Consumiamo l’energia in modo intelligente, 33 secondi la durata, cinque i punti toccati: ridurre l’uso di lavatrici e lavastoviglie accendendole solo a pieno carico; collegare gli apparecchi elettrici a prese con interruttore da accendere all’occorrenza; spegnere il frigorifero quando si parte per le vacanze oppure impostarlo in modalità a basso consumo; cucinare gestendo con attenzione i consumi di gas e elettricità; spegnere le luci superflue e sostituire le lampadine con quelle a LED. Chiaro il riferimento allo sviluppo sostenibile: utilizzare l’energia in maniera responsabile e intelligente salva il Pianeta, aiuta il Paese e fa risparmiare- È dunque l’obiettivo di ogni cittadino, in quanto comportamento virtuoso che riguarda la vita e il futuro di tutti. La campagna, diffusa sul web, e sulle reti Rai, sia tv che radio - ha un sito dedicato: www.italiainclassea.enea.it

  • Transizione energetica e partecipazione: il caso delle CER

    In un momento delicato come quello attuale, le Comunità Energetiche Rinnovabili possono rivestire un ruolo fondamentale per raggiungere i target ambientali e contenere l’aumento dei prezzi dell’energia. La crisi post pandemica, acuita dalla guerra, ci interroga sulle nostre azioni a breve e a medio termine. Di pari passo, la disponibilità di risorse economiche merita di essere indirizzata verso interventi efficaci e verticali. Le potenzialità non mancano e possiamo orientare le scelte per essere più efficaci. Abbiamo scelto di raccontare alcune delle tessere che formano il mosaico di opportunità rappresentato dalla transizione energetica. La nostra vuole essere una narrazione a più voci. Il primo tassello è rappresentato dalle CER, le Comunità Energetiche Rinnovabili. E le voci sono quelle di Michele Masulli, direttore dell’area Energia presso l’Istituto per la Competitività e di Leonardo Santi, direttore affari regolatori e istituzionali di E.ON. L’Europa mette i consumatori al centro delle politiche energetiche, affidando loro un ruolo chiave nel raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione. Il cliente finale - quindi ciascuno di noi - è chiamato a un’azione attiva e collettiva. Azione che può compiersi anche attraverso le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) che, con l’ampliamento della potenza ammissibile, vedono accrescere sia le possibilità di impiego sia la loro complessità. “Maggiori saranno le configurazioni e l’ampiezza di perimetro e di servizi erogati dalle CER - spiega Michele Masulli, direttore area Energia di I-Com - tanto più diverse e considerevoli dovranno essere le competenze coinvolte. Anche la direttiva RED II sottolinea la necessità di una collaborazione stretta tra i cittadini e i soggetti attivi nel settore energetico. Si pensi alle ESCo, agli operatori della distribuzione e agli altri soggetti di mercato. Non sempre, infatti, risorse e competenze utili allo sviluppo della comunità sono disponibili a livello locale”. Sono competenze progettuali, giuridiche, manageriali, tecniche: si pensi alle esigenze legate alla costituzione della comunità, all’individuazione delle tecnologie, all’analisi degli asset energetici esistenti, al corretto dimensionamento, al finanziamento, alla realizzazione e alla manutenzione degli impianti, alle infrastrutture di rete, di misurazione, informatiche, ai rapporti con i soci e alla gestione amministrativa. È indispensabile il coinvolgimento degli operatori del settore, per sfruttare in pieno le potenzialità delle CER anche al fine di dare sostegno ai consumatori vulnerabili. Secondo una stima del MiTE, in Italia sono 4,7 milioni; valore molto superiore a quello dei beneficiari del bonus elettrico e gas. “Le comunità - sottolinea Leonardo Santi, direttore Affari regolatori e istituzionali di E.ON - sono, in prospettiva, un potente strumento di contrasto alla povertà energetica. Consentono di accedere, in misura strutturale, ad energia a costi ridotti, anche superando la logica del sostegno economico sulla commodity, come quello dei cosiddetti bonus sociali. Tolgono cioè dall’ottica dell’essere sussidiato e favoriscono l’assunzione di un ruolo attivo, anzi da protagonista, da parte dei consumatori”. In tutto questo i territori giocano sicuramente un ruolo fondamentale, poiché possono agire attivamente come catalizzatori per lo sviluppo delle iniziative, favorendo l’aggregazione dei cittadini. Ma possono anche, e soprattutto, contribuire, insieme agli operatori del settore, alla diffusione della cultura della condivisione e della responsabilità individuale nel percorso di transizione ecologica.

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