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  • Gas e stoccaggi, all’Italia serve un Piano B

    L’inverno è ormai alle porte e, nonostante il riempimento degli stoccaggi, è alto il rischio che si verifichino alcune condizioni avverse che renderanno energeticamente difficoltoso scollinare verso la primavera. Diventa quindi fondamentale che il nuovo Governo inizi a preparare un piano da mettere in campo in caso di emergenza. Ne parla con la consueta sagacia Giuseppe Gatti, editorialista di Nuova Energia, sul numero attualmente in distribuzione. “Al momento siamo ad un razionamento volontario e autogestito. Molti condomini - spiega Gatti - grazie alle temperature quasi estive di ottobre, hanno rinviato l’accensione dei termosifoni; molti Comuni hanno imposto d’imperio questo slittamento e le imprese hanno cercato di riorganizzare i cicli produttivi”. Ma se le ultime bollette hanno già avuto come effetto una sorta di auto-razionamento non disciplinato ma comunque efficace, serve qualcosa di più strutturato dei semplici inviti e dei messaggi pubblici per il contenimento dei consumi. I mercati scommettono che mentre ora c’è un problema di prezzo, ma non di quantità - continua Giuseppe Gatti - a breve la situazione si capovolgerà, perché dovrà pure arrivare l’inverno e saliranno i consumi, mentre il Cremlino che sta perdendo sul campo userà tutte le armi di ritorsione e taglierà quindi anche le ultime forniture. Per l’Italia sarebbero guai seri, con una oggettiva difficoltà a superare l’inverno nonostante il riempimento degli stoccaggi. “Quanto mai opportuno allora che, se il ribattezzato Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica vuol tener fede al suo nome, appronti quanto prima un organico piano di razionamento, il Piano B necessario a sostenere ogni serio disegno strategico”. Di certo ci aspetta un Natale più austero, in linea con le condizioni di economia di guerra in cui viviamo, se vogliamo chiamare le cose con il loro nome.

  • Rinnovabili: idroelettrico e solare galleggiante per l’elettricità del Mozambico

    Nell’ultimo decennio il settore energetico in Mozambico ha compiuto notevoli progressi. Tuttavia, sono ancora bassi i tassi di accesso all’elettricità, che tocca il 57 per cento nelle aree urbane e solamente il 13 per cento nelle aree rurali. Il potenziale di generazione rinnovabile del Mozambico è ancora inespresso. Per aumentare la penetrazione delle rinnovabili nel Paese l’African Development Bank (AfDB) ha approvato una sovvenzione di 2,5 milioni di dollari a sostegno del Mozambico Renewable Energy Integration Program (MREP). Il nuovo sostegno di AfDB, rilasciato all’interno del Sustainable Energy Fund for Africa (SEFA), fornirà supporto finanziario a Electricidade de Mocambique (EDM), la compagnia elettrica nazionale, per studi di fattibilità tecnica, economica, ambientale e sociale per lo sviluppo di una centrale solare galleggiante nel bacino di Chicamba. Inoltre, permetterà lo sviluppo di un progetto per l’individuazione di dieci siti dove realizzare sistemi di batterie per l’accumulo di energia. “Con il supporto del SEFA - ha dichiarato Daniel Schroth, direttore del dipartimento energie rinnovabili ed efficienza energetica della AfDB - il Mozambico sarà in grado di integrare quote maggiori di energie rinnovabili nel suo mix energetico e potrà diventare un importante fornitore regionale di elettricità”. Il supporto include anche un programma di rafforzamento delle capacità tecniche del personale di EDM per gestire progetti di energia rinnovabile. In Mozambico l’African Development Bank sta anche finanziando il progetto della centrale idroelettrica di Mphanda Nkuwa, il riammodernamento dell’impianto hydro di Cahora Bassa e la costruzione di una nuova linea di trasmissione che attraversi il Paese da nord a sud. Attualmente l’energia idroelettrica rappresenta l’81 per cento della capacità installata del Paese.

  • Idrogeno, in Germania test sulla rete gas esistente

    La Germania ha un’ambiziosa strategia per l’idrogeno, supportata da investimenti e prove su larga scala per utilizzare il vettore nell’industria, nei trasporti e nel riscaldamento domestico. Avviato nel 2020, il progetto di ricerca e sviluppo H2HoWi ha come obiettivo quello di esaminare le possibilità per convertire una rete di gas naturale esistente a idrogeno puro. Dopo aver testato la fattibilità tecnica scollegando dalla rete tre strutture commerciali nell’area industriale di Holzwickede, cittadina vicino a Dortmund, per collegarle a un impianto di stoccaggio di idrogeno, il progetto ha ora fatto un passo, forse determinante, verso il futuro. Sempre a Holzwickede, infatti, l’operatore della rete di distribuzione della cittadina della Renania settentrionale ha ora convertito parte del gasdotto esistente in una vera e propria rete pubblica a idrogeno. In particolare, 500 metri di tubazioni sono stati scollegati dalla rete gas e ricollegati a un impianto di stoccaggio di idrogeno per servire alcuni edifici residenziali dove erano state precedentemente installate caldaie pronte all’uso dell’H2. “Oggi ci avviciniamo di 500 metri alla neutralità climatica - ha dichiarato Mona Neubaur, ministro dell’Economia, dell’Industria, del Clima e dell’Energia dello Stato del Nord Reno-Westfalia. Adattando con successo la rete del gas per trasportare l’idrogeno, stiamo dimostrando che questa tecnologia priva di emissioni di carbonio non è più solo una visione del futuro”. Questa fase del progetto H2HoWi, che terminerà a fine 2023, sarà caratterizzata da un monitoraggio continuo per confermare che l’uso dell’idrogeno allo stato puro non compromette la struttura del materiale delle tubazioni e la tenuta dell’infrastruttura esistente. Attualmente in Germania le normative dettate dalla Deutscher Verein des Gas- und Wasserfaches (DVGW) consentono miscele di idrogeno non oltre il 10 per cento nella rete del gas esistente, ma ci si aspetta che a breve questa quota sia portata al 20 per cento.

  • Dal sole la luce per la sicurezza nelle strade

    Come molti Paesi dell’Africa subsahariana, anche la Repubblica Centrafricana presenta un settore elettrico caratterizzato da infrastrutture inadeguate, con solo il 14,3 per cento della popolazione che ha accesso all’elettricità. Di contro, ha un notevole potenziale solare da sfruttare, che secondo la Banca Mondiale raggiunge i 5 kWh/m2/giorno. Proprio l’energia dal sole è al centro di un nuovo piano per l’illuminazione pubblica di Bangui, capitale e centro amministrativo della Repubblica Centraficana che conta circa 800.000 abitanti. Il progetto, che sarà realizzato grazie a un finanziamento del Fondo saudita per lo sviluppo (SFD), prevede l’installazione su una rete stradale di 70 chilometri di pali per l’illuminazione provvisti di pannelli solari all’avanguardia. Le lampade ad alta qualità ed efficienza miglioreranno il livello di sicurezza e consentiranno inoltre di diminuire il numero di decessi dovuti a incidenti stradali. SFD, che ha come missione non solo il finanziamento di progetti nei Paesi in via di sviluppo ma anche il supporto tecnico e istituzionale per la loro realizzazione, ha già finanziato nella Repubblica Centrafricana programmi per oltre 94 milioni di dollari nei settori dei trasporti, della sanità e dell’approvvigionamento idrico. Sempre in questo problematico Paese, teatro di una infinita guerra civile, la Banca Mondiale ha dato vita a un progetto da 138 milioni di euro per il rafforzamento e l’accesso del settore elettrico (PARSE). In particolare, sarà supportata la fornitura e l’installazione di cinque mini-grid, con una capacità totale di 10 MW, per servire 20.000 famiglie nelle città di Nola, Bouar, Bossembélé e Bangassou. Inoltre, sarà ampliata la capacità dell’impianto solare di Danzi, da 25 MW a 40 MW, e rafforzata la rete di trasmissione in modo da collegare 20.000 famiglie a Bangui e nelle aree circostanti.

  • Bracchi (EP Produzione: “Energy management? Attività sempre più complessa e h24”

    La volatilità dei mercati, il rally dei prezzi delle commodity, il conflitto russo-ucraino stanno costringendo le società energetiche a modificare le proprie strategie in modo repentino. Con nuove sfide da affrontare… Ottimizzare il portafoglio di generazione delle centrali elettriche su orizzonti temporali che vanno dal medio-lungo periodo al tempo reale e su mercati sia forward sia spot: questo - a grandi linee - è quello che fa chi si occupa di energy management. Attività che in un momento come quello che stiamo attraversando - caratterizzato da una eccezionale volatilità del mercato - diventa sempre più complessa. Cosa significa quindi fare energy management oggi? Quali le sfide da affrontare? Prova a spiegarlo sulle pagine di Nuova Energia Natascia Bracchi, direttore Energy Management di EP Produzione. “Il nostro lavoro è diventato certamente più complesso. Ha iniziato a esserlo già dal secondo semestre del 2021, quando si è registrato un incremento importante e costante di tutte le commodity. Da allora, ha preso avvio un movimento in ascesa che non si è più fermato”. Se già nei primi mesi del 2021 con la ripresa delle attività produttive post pandemia si era infatti assistito a un aumento della domanda di gas e un conseguente - anche se moderato - aumento di costo, la successiva riduzione dei flussi dalla Russia, unita agli scarsi stoccaggi, hanno portato a un aumento più marcato. Prezzi che hanno poi raggiunto livelli mai prima toccati anche in conseguenza dell’indisponibilità del nucleare francese e della mancata generazione eolica in Germania, oltre a una ulteriore riduzione dei flussi del gas russo. Una situazione acuita ovviamente dalla guerra e che non riguarda più solo il nostro Paese o l’Europa ma tutto il mondo, rendendo di difficile interpretazione lo scenario futuro. “Gli eventi esterni e le dinamiche geopolitiche poco aiutano a prevedere le evoluzioni future. Siamo tutti nella stessa situazione, cerchiamo di mantenere un equilibrio e di rimanere a galla in questa grande incertezza. Questo ci porta a dover costantemente rivedere le nostre offerte sui mercati e modificare la strategia in modo repentino per tenere conto di questa volatilità”. L’unità di Energy Management di EP Produzione, presente in Italia con cinque impianti a gas e uno a carbone per una capacità complessiva di 4,3 GW, è articolata in quattro aree: Portfolio Management & Origination, Short Term Optimization, Mid-Term Optimization, Bidding & Real Time Management. E per fronteggiare un mercato mai conosciuto così volatile - con una dinamicità non soltanto da un giorno all’altro ma infragiornaliera - lavora 7 giorni su 7, 24 ore su 24!

  • Una batteria da 700 MW per armonizzare la rete australiana

    Arriva dall’Australia una ulteriore conferma che sviluppare soluzioni di accumulo sia prioritario per accompagnare l’aumento della generazione da fonti rinnovabili. Il governo del New South Wales ha infatti assegnato lo status di Critical State Significant Infrastructure al progetto che prevede la realizzazione di una super-batteria da 700 MW per dare stabilità e sicurezza alla rete elettrica dello Stato. Installata sul sito di una ex centrale termoelettrica nei pressi del lago Munmorah, la Waratah Super Battery dovrebbe entrare in funzione a metà del 2025, prima della chiusura pianificata dell’impianto a carbone di Eraring. “Il lago Munmorah - ha dichiarato Matt Kean, tesoriere e ministro dell’energia del New South Wales - ha una lunga storia nella produzione di energia, con la centrale elettrica ora demolita che ha contribuito ad alimentare lo Stato per oltre 40 anni. La Waratah Super Battery sarà la più grande batteria di rete nell’emisfero australe grazie a una capacità di 700 MW”. La Waratah Super Battery sarà il primo progetto a essere finanziato dal programma del New South Galles, che ha stanziato 1,2 miliardi di dollari australiani (770 milioni di euro) per sostenere investimenti in infrastrutture energetiche e accelerare la generazione da fonti rinnovabili. FER per cui sono già in corso progetti per una capacità complessiva di 16 GW. Secondo le previsioni del Ministero dell’energia, questo nuovo programma di finanziamenti potrà attirare oltre 1 miliardo di dollari australiani (640 milioni di euro) di investimenti privati e creare 100 nuovi posti di lavoro nel settore.

  • Eolico, sono 450.000 i tecnici da formare entro il 2026

    Secondo le previsioni del Global Wind Energy Council (GWEC), organizzazione che rappresenta oltre 1.500 aziende e istituzioni del settore, gli impianti eolici onshore e offshore aumenteranno del 67 per cento entro il 2026. Una crescita che presuppone però anche la necessità di avere una maggiore forza lavoro qualificata, con tecnici preparati ai nuovi standard tecnologici e di sicurezza. È quanto emerge dal report Global Wind Workforce Outlook 2022-2026 pubblicato da GWEC con la Global Wind Organization (GWO), ente senza scopo di lucro fondato dai principali produttori e operatori di turbine eoliche che ha stabilito standard internazionali comuni per la formazione e la sicurezza. In particolare, secondo il rapporto alla fine del 2021 erano quasi 120.000 i tecnici eolici in possesso di un certificato di formazione GWO valido per gli standard del settore, ma ne serviranno altri 450.000 nei prossimi cinque anni per costruire e manutenere i nuovi impianti di prevista realizzazione. “Affinché il settore cresca in modo sostenibile - ha dichiarato Ben Backwell, CEO di GWEC - una forza lavoro in grande espansione deve avere l’opportunità di una formazione secondo i migliori standard del settore, per svolgere il proprio lavoro con competenza e in sicurezza”. Il Global Wind Workforce Outlook 2022-2026 prevede tuttavia che il numero di nuovi tecnici formati secondo gli standard GWO aumenterà in media di soli 28.400 l’anno, dal 2022 al 2026, con un tasso di crescita annuale composto (CAGR) del 36 per cento, evidenziando quindi la necessità sempre più urgente di colmare questo divario. “Nei prossimi cinque anni - ha dichiarato infatti Jakob Lau Holst, CEO di GWO - il settore ha una chiara necessità di una maggiore disponibilità di formazione tecnica e sulla sicurezza riconoscibile a livello globale”.

  • Trasporto aereo, la sostenibilità fa scalo in India

    Se la decarbonizzazione del trasporto aereo lato vettore pare ancora lontana, gli aeroporti sono invece sempre più sostenibili. In India, il consorzio che gestisce il Delhi International Airport Limited ha firmato un accordo di acquisto a lungo termine (PPA) fino al 2036 per la fornitura di energia da fonte idroelettrica per il più importante scalo della capitale indiana. Grazie a questo accordo l’aeroporto internazionale potrà soddisfare il 94 per cento del proprio fabbisogno energetico e ridurre le emissioni di CO2 di 200.000 tonnellate ogni anno. Il Delhi International Airport Limited (DIAL) diventerà così totalmente green, avendo in precedenza già coperto il restante 6 per cento con una centrale fotovoltaica da 7,8 MW e una da 5,3 MW nel terminal dei Cargo. Una strada imboccata anche da altri aeroporti indiani, in linea con il programma del ministero dell’aviazione civile che prevede di avere 90 scali carbon neutral entro il 2024. L’India vanta già alcuni esempi virtuosi: l’aeroporto internazionale di Cochin (CIAL) nello Stato di Kerala, premiato nel 2018 con il titolo di Champions of Earth, è stato il primo scalo totalmente green, avendo soddisfatto tutto il proprio fabbisogno grazie a impianti fotovoltaici. Anche l’aeroporto internazionale Chhatrapati Shivaji Maharaj (CSMIA) di Mumbai da agosto 2022 copre tutti i consumi elettrici con fonti rinnovabili grazie a impianti eolici e idroelettrici (95 per cento) e alle centrali fotovoltaiche installate presso lo scalo (5 per cento). L’India si è posta come obiettivo di diventare carbon neutral entro il 2070.

  • La politica energetica e ambientale del governo Meloni

    Sessantottesimo della Repubblica Italiana, primo della XIX legislatura e primo in assoluto con un Presidente del Consiglio donna, il governo Meloni si è presentato per il giuramento al cospetto del Capo dello Stato con una certa rapidità. E altrettanto celermente ha segnato o annunciato vari punti di discontinuità con i governi precedenti, come in verità da prassi piuttosto consolidata. Lecito dunque aspettarsi un cambio di passo anche in materia di ambiente ed energia. Chiari in tal senso i segnali provenienti tanto dalle dichiarazioni programmatiche su cui le Camere hanno votato la fiducia, quanto dal cambio di denominazione del ministero competente: da Transizione ecologica ad Ambiente e sicurezza energetica. “Non c’è un ecologista più convinto di un conservatore, ma quello che ci distingue da un certo ambientalismo ideologico è che noi vogliamo difendere la natura con l’uomo dentro. Coniugare sostenibilità ambientale, economica e sociale. Accompagnare imprese e cittadini verso la transizione verde senza consegnarci a nuove dipendenze strategiche e rispettando il principio di neutralità tecnologica. Sarà questo il nostro approccio.” Si legge nelle linee programmatiche, dopo aver citato il filoso inglese Roger Scruton, uno dei maggiori maestri del pensiero conservatore europeo: “L’ecologia è l’esempio più vivo dell’alleanza tra chi c’è, chi c’è stato e chi verrà dopo di noi.” Da un lato, dunque, anche per mettere un argine al caro-energia, si aumenterà l’estrazione di gas nei mari italiani, una risorsa “che abbiamo il dovere di sfruttare appieno”. Dall’altro, si continuerà a lavorare per migliorare i processi autorizzativi, semplificando le norme per gli impianti rinnovabili “troppo spesso bloccati da burocrazia e veti incomprensibili”. Mentre gran parte delle risorse reperibili nella prossima legge di Bilancio saranno destinate a “mantenere e rafforzare” gli interventi taglia-accise e taglia-bollette, a costo di rinviare altri provvedimenti, su cui pure la nuova maggioranza si era impegnata in campagna elettorale. Nel discorso di Giorgia Meloni non sono mancati i ringraziamenti a Mario Draghi e all'ex ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ora consigliere per l’energia del nuovo governo. Operativamente, dunque ci può attendere una maggiore discontinuità più dal governo Conte bis che dal governo Draghi, sostenuto del resto da tre dei quattro partiti che costituiscono l’attuale maggioranza. Per quanto riguarda i ministeri, e in particolare il neo battezzato ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (MASE), la cui nascita avverrà con un apposito decreto-legge, ci permettiamo di unirci a chi, per quanto riguarda i sottosegretari, auspica che, pur nella rosa di figure politiche, si scelga tra persone che abbiano già maturato competenza, esperienza e capacità di dialogo con imprese e associazioni. Se è il caso, anche ricorrendo a non eletti, data la storica riduzione del numero di parlamentari che caratterizza questa legislatura. Lo richiedono l’emergenza che stiamo attraversando, ma anche il futuro che vogliamo concorrere a delineare e non subire. a.s.

  • Energia e reti, in CESI arriva Domenico Villani

    Il Consiglio di Amministrazione di CESI Spa, presieduto da Guido Bortoni, ha nominato Domenico Villani nuovo amministratore delegato. Subentra a Matteo Codazzi, che lascia il Centro Elettrotecnico Sperimentale Italiano - vera e propria multinazionale dei servizi a supporto della transizione energetica - per passare al vertice di Saras. In azienda dal 2006, Domenico Villani ha ricoperto finora il ruolo di Executive Vice President della Divisione Testing, Inspection and Certification e di amministratore delegato di Iph GmbH e Fgh E&T GmbH, le due società tedesche del gruppo, di Kema BV Arnhem, in Olanda, e Zku a Praga. È anche membro del Consiglio di Amministrazione di CESI USA, vicepresidente del Cigre Italia e consigliere del Comitato Elettrotecnico Italiano e di Circular Evolution. In precedenza, ha lavorato in Siemens, VATech e Schneider Electric. “Ringrazio gli azionisti - è stato il commento del nuovo AD Domenico Villani - per la fiducia che mi hanno accordato. Dopo tanti anni, è stato deciso di scegliere direttamente un manager CESI per questo ruolo. Un importante segnale di stima verso le capacità della nostra azienda, solida e con interessanti prospettive di sviluppo. Il settore energetico, infatti, sta cambiando rapidamente, offrendoci numerose opportunità da cogliere. Le competenze e la dedizione delle nostre persone ci mettono nelle condizioni migliori per poter raggiungere nuovi ambiziosi traguardi”. AD di CESI dal 2009, anche Matteo Codazzi ha voluto ringraziare il CdA e gli azionisti (Enel e Terna, ndr), che “con la loro fiducia mi hanno dato l'opportunità di svolgere al meglio il mio mandato in questi anni”, rivolgendo un pensiero speciale per tutti i colleghi. “Lavorare insieme a tutti loro è stato per me un vero privilegio. Soprattutto grazie al loro impegno, infatti, CESI si è trasformato da centro di eccellenza tecnologica a multinazionale dei servizi a supporto della transizione energetica”. Congratulazioni all’amministratore entrante e ringraziamenti per l’uscente, per l’impegno sin qui profuso per il CESI, sono stati formulati anche dal Presidente Guido Bortoni. “Sono lieto che gli azionisti abbiano espresso la designazione di Domenico Villani, manager esperto e conoscitore degli interna corporis di CESI. Sono certo che saprà governare tutta l’azienda e valorizzare anche la Divisione Consulting, consorella della Divisione Testing in cui ha svolto la sua opera professionale. Assicuro sin d’ora il mio convinto supporto al nuovo AD, a cui rivolgo i migliori auguri di buon lavoro, miei personali e del Consiglio tutto”.

  • Scozia, laboratorio galleggiante per testare l’eolico in acque profonde

    Se le nuove tecnologie ci stanno accompagnando verso un mondo carbon neutral, il ruolo della ricerca è stato e sarà sempre fondamentale. Ancor più quando le sperimentazioni si possono fare sul campo. O meglio, in questo caso sull’acqua. Lo European Marine Energy Center (EMEC), l’hub di ricerca e sviluppo per le energie rinnovabili marine, ha messo a punto un nuovo progetto per la realizzazione di un laboratorio eolico galleggiante. In particolare, l’installazione da 100 MW che sarà posizionata nel Mare del Nord servirà per sperimentare nuove tecnologie offshore wind in acque profonde. Il progetto di EMEC prevede un sito con sei prototipi, ormeggiati a una profondità di 80-95 metri a 20 km a ovest delle Orcadi, ciascuno dei quali con capacità fino a 20 MW. Una volta ancorati, verranno testati con una velocità del vento di oltre 10 metri al secondo e dovranno resistere alle condizioni tipiche dei mari scozzesi, come le violente piogge e le grandi onde. “L’eolico galleggiante - ha dichiarato Neil Kermode, amministratore delegato di EMEC - è ancora agli inizi, con un’esperienza limitata a livello globale nell’implementazione e nella verifica del funzionamento delle tecnologie in determinate condizioni. Questo sito dimostrativo fornirà agli sviluppatori un banco di prova altamente comparabile alle posizioni reali dei progetti proposti, prima del lancio su larga scala”. L’installazione è stata appositamente progettata per mettere alla prova turbine, scafi, ormeggi e altri componenti tecnologici degli impianti eolici galleggianti. “Questo laboratorio - ha concluso Neil Kermode - consentirà di perfezionare le prestazioni su un’ampia gamma di tecnologie eoliche galleggianti prima del loro lancio commerciale, soddisfacendo i requisiti di due diligence tecnica e rendendo i finanziamenti più facili ed economici”. Nell’ultimo decennio sono state diverse le tecnologie pionieristiche per l’energia prodotta da fonti rinnovabili testate presso l’EMEC, come O2 ocean-riding per la generazione di energia delle maree, o il prototipo Blue X per la produzione di energia dalle onde. Quattro dei sei ormeggi saranno collegati alla rete, mentre gli altri due saranno riservati ad applicazioni alternative come la generazione di idrogeno verde.

  • Elettrificazione dell’Africa: 500.000 ivoriani pronti ad entrare in rete

    Nel grande continente africano sono ancora tante le realtà e le persone che non sono raggiunte dall’elettricità. Un nuovo finanziamento di 10,53 milioni di dollari dell’African Development Bank (AfDB) rilasciato attraverso il proprio African Development Fund, permetterà ora l’allacciamento alla rete e l’accesso all’elettricità a circa 500.000 cittadini delle zone rurali della Costa d’Avorio. In particolare, i fondi, che saranno erogati al governo ivoriano a sostegno del programma Electricity for All, verranno utilizzati per collegare alla rete della Ivorian Electricity Company (CIE) 739 località rurali, situate nel distretto occidentale di Montages e nei distretti settentrionali di Savanes, Woroba, e Zanzan. “Il progetto - ha dichiarato Marie-Laure Akin-Olugbade, direttore generale della AfDB per l’Africa occidentale - avrà molteplici impatti economici sull’economia nazionale a livello finanziario e sociale. La riduzione della spesa energetica, in particolare per l’illuminazione domestica a seguito della connessione alla rete, sarà un primo risultato significativo”. L’Africa Development Fund (ADF) contribuisce alla promozione dello sviluppo economico e sociale in 38 Paesi africani e nei suoi 44 anni di attività ha investito complessivamente 45 miliardi di dollari.

  • Anche l’idrogeno (verde) passerà da Suez: nuovo hub da 2,4 milioni di tonnellate

    Entrato in funzione nel 1869 e lungo 193 chilometri, il Canale di Suez vede ogni anno transitare nelle sue acque circa il 12 per cento del commercio mondiale. Gestito dalla Suez Canal Authority, ente di proprietà dello Stato egiziano, il canale si appresta ora a diventare uno dei principali hotspot per l’idrogeno verde. Sono stati recentemente firmati sette diversi memorandum d’intesa (MoU) tra le autorità egiziane e alcune società internazionali per lo sviluppo di altrettanti progetti su larga scala che, una volta realizzati, potrebbero fornire ogni anno 3 milioni di tonnellate di ammoniaca e 2,4 milioni di tonnellate di idrogeno verde. L’investimento complessivo è di 32 miliardi di dollari nella zona economica del Canale di Suez (SCZONE), che si vanno ad aggiungere ai 10 miliardi di dollari di altri accordi siglati prima dell’estate. Cinque dei sette progetti saranno sviluppati nel porto di Sokhna, a circa 50 km a sud del punto di ingresso meridionale del canale e sede di un importante polo industriale, con raffinerie di petrolio, siti chimici e petrolchimici, industrie di fertilizzanti che rappresentano i potenziali utilizzatori dell’idrogeno. L’iniziativa, ovviamente, è mirata - anche e soprattutto - al rifornimento delle navi che attraversano il canale, oltre alla esportazione di idrogeno verde desinato all’Europa. “L’integrazione tra le zone industriali e i porti - ha dichiarato Waleid Gamal El-Dein, presidente di SCZONE - ci rende una delle realizzazioni globali più importanti e un hub regionale per le industrie dei combustibili verdi”. Secondo il rapporto di IRENA Global Hydrogen Trade to Meet the 1.5C Climate Goal: Part III – Green Hydrogen Cost and Potential grazie ai livelli di irraggiamento solare di 2,3 MWh per metro quadrato e una velocità del vento fino a 12,86 metri al secondo dell’area di Suez, l’idrogeno verde potrebbe essere prodotto in Egitto a meno di 1 dollaro/kg. Sempre nella zona di Suez sono in fase di realizzazione un elettrolizzatore da 100 a Sokhna e un progetto waste to hydrogen da 1 GW a Suez East Port Said, all’estremità settentrionale del canale.

  • Trasporti: 5 miliardi di dollari per elettrificare gli scuolabus americani

    L’elevato costo per l’acquisto di un veicolo elettrico rimane ancora uno dei fattori che frenano un loro maggiore utilizzo. Elemento che incide anche sulle scelte delle società che gestiscono i trasporti pubblici. Negli Stati Uniti l’Environmental Protection Agency (EPA) ha annunciato di aver raddoppiato i finanziamenti per l’acquisto di scuolabus green. Una decisione presa a seguito delle domande presentate dai distretti scolastici di tutti i 50 Stati e che ha portato i fondi a disposizione del programma Clean School Bus per il 2022 da 500 a 965 milioni di dollari. In particolare, l’EPA ha dichiarato di aver ricevuto circa 2.000 domande dai vari distretti per l’acquisto totale di 12.000 autobus, per un importo complessivo di quasi 4 miliardi di dollari. Di questi, il 90 per cento prevede la motorizzazione elettrica, il 9 per cento a GPL e l’1 per cento a gas naturale compresso (GNC). Proprio per far fronte a questo alto numero di domande per gli scuolabus green, l’EPA ha quindi deciso di mettere a disposizione un altro miliardo di dollari nell’anno fiscale 2023 e così per i successivi tre anni. “Stiamo lavorando - ha dichiarato Michael Regan, amministratore dell’EPA - per accelerare la transizione verso un futuro in cui gli scuolabus a zero emissioni saranno lo standard americano”. Negli USA, dove ogni giorno circa 25 milioni di scolari prendono uno scuolabus, anche alcuni governi statali hanno lanciato dei propri programmi di finanziamento. Il Dipartimento per la protezione ambientale della Florida (DEP), per esempio, ha messo a disposizione 57 milioni di dollari per l’acquisto di 218 scuolabus elettrici, mentre il New Jersey ha dato vita a un programma triennale con un finanziamento totale di 45 milioni di dollari.

  • Rinnovabili e posti di lavoro, l’Australia investe sulla formazione dei giovani

    Sotto la spinta della crisi e dell’emergenza climatica, il mondo dell’energia sta cambiando rapidamente. Per questo è importante, se non fondamentale, formare i futuri lavoratori del settore. Nel Queensland, uno dei sei Stati federali australiani, sarà realizzato il Renewable Energy Training Facility. La strategia statale per la ripresa economica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili punta a creare 100.000 nuovi posti di lavoro. Il centro all’avanguardia consentirà di aggiornare le proprie competenze nell’installazione e gestione di impianti rinnovabili e formerà apprendisti e nuovi lavoratori per il settore elettrico-energetico. Realizzato in collaborazione con l’Electric Trades Union, il sindacato di categoria, e con il Master Electricians Australia, l’associazione degli appaltatori elettrici, il progetto dal costo stimato di 23 milioni di dollari potrà contare su un finanziamento di 17 milioni da parte del governo del Queensland all’interno dell’Unite and Recover for Queensland Jobs, una strategia statale per la ripresa economica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili. “Il Renewable Energy Training Facility - ha dichiarato Annastacia Palaszczuk, primo ministro del Queensland - fornirà le migliori pratiche in materia di energia elettrica da fonte solare, supportando i nostri studenti a raggiungere il loro pieno potenziale. Continueremo a investire affinché le nostre risorse umane siano formate in strutture che offrono esperienze di apprendimento reali e preparano alla vita lavorativa”. “L’Unite and Recover for Queensland Jobs - ha aggiunto Meaghan Scanlon, ministro dell’Ambiente del governo centrale - creerà circa 100.000 nuovi posti di lavoro necessari per costruire nuove infrastrutture e industrie per l’energia pulita”. Il progetto sarà completato da un centro di formazione sull’idrogeno da 10,6 milioni di dollari, che sarà realizzato a Townsville all’interno dell’Equipping TAFE for our Future, una iniziativa da 100 milioni di dollari del governo del Queensland per garantire che la formazione soddisfi le esigenze dell’industria e per la modernizzazione delle infrastrutture.

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