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  • Gas, entra in funzione l’interconnessione Serbia-Bulgaria

    La sicurezza degli approvvigionamenti è un tema centrale nelle politiche energetiche di ogni Paese, ancor più se il proprio principale fornitore parla russo. Come nel caso della Serbia, che riceve gran parte del gas da mosca attraverso il gasdotto Balkan Stream. Una via alternativa è ora rappresentata dalla nuova interconnessione Serbia-Bulgaria, che garantirà la diversificazione per l’intera regione balcanica. Il gasdotto, messo ufficialmente in funzione con una cerimonia alla presenza dei Presidenti delle due nazioni, ha una capacità di 1,8 miliardi di metri cubi l’anno e collega Novi Iskar, vicino a Sofia, a Niš, in Serbia per una lunghezza totale di 170 chilometri (109 dei quali in territorio serbo). Costato 85,5 milioni di euro, di cui 49,6 milioni finanziati dall’Unione Europea e 25 milioni dalla Banca Europea per gli Investimenti, consentirà alla Serbia di ricevere il gas dai terminali di GNL siti in Grecia e Turchia e dall’Azerbaigian. Il governo di Belgrado ha formalizzato un contratto commerciale con il governo di Baku per la fornitura di 400 milioni di metri cubi di gas naturale entro la fine del 2024. L’Azerbaigian ha esportato in Europa 11 miliardi di metri cubi di gas nel 2022, diventati 12 nel 2023; quantità che aumenterà progressivamente entro il 2027 nell’ambito di un memorandum d’intesa siglato con la Commissione Europea nel luglio 2022.

  • Kenya, 100 milioni di euro per migliorare l’accesso all’elettricità

    Lo sviluppo economico e sociale di un Paese passa necessariamente dalla possibilità di un approvvigionamento energetico affidabile e adeguato. Proprio per contribuire a migliorare l’accesso all’elettricità in Kenya, l’African Development Bank (AfDB) ha annunciato uno stanziamento di 101 milioni di euro. Il prestito consentirà al governo di Nairobi di attuare la terza fase del Last Mile Connectivity Project, che andrà a beneficio di famiglie, piccole e medie imprese, strutture sociali. La Fase III prevede il rafforzamento della rete elettrica grazie alla costruzione di 13 sottostazioni da 33/11 kV e l’estensione della rete di distribuzione in 45 delle 47 Contee amministrative, permettendo così a 540.000 keniani di avere accesso all’energia elettrica. Inoltre, saranno collegate per la prima volta 10.500 tra piccole e medie imprese, 23 istituti scolastici, 15 strutture sanitarie e 8 strutture per l’approvvigionamento idrico. La Fase III del Last Mile Connectivity Project, che beneficerà anche di un prestito di 12 milioni di euro da parte del Fondo per il Clima della Canada-African Development Bank, fa seguito alle due precedenti che hanno consentito di fornire elettricità rispettivamente a più di 1 milione e a quasi 1,6 milioni di keniani. Il Last Mile Connectivity Project - Fase III è una delle azioni prioritarie per la realizzazione della Vision 2030 del Kenya, che ha come obiettivo l’accesso universale all’elettricità, e permetterà inoltre di evitare l’emissione di 3.440 tonnellate di CO2 l’anno. Stando ai dati disponibili, nel 2022 in Kenya il 77 per cento della popolazione aveva accesso alla rete elettrica, una percentuale superiore alla media dei Paesi dell’Africa sub-sahariana, stimata intorno al 50 per cento.

  • Competitività e sostenibilità, la Svezia al vertice della classifica

    Non solo gli sport, da quelli di squadra a quelli individuali, hanno nelle classifiche la propria cartina di tornasole. Anche l’insieme delle politiche e delle azioni messe in atto dai vari Paesi per una crescita sostenibile ha infatti una sua graduatoria. Il Global Sustainable Competitiveness Index (GSCI), pubblicato per la prima volta nel 2012, misura la competitività dei Paesi sulla base di 190 indicatori quantitativi derivati ​​da organizzazioni internazionali - Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale e Nazioni Unite - e raggruppati in sei sottoindici: capitale naturale, efficienza e intensità delle risorse, capitale sociale, capitale intellettuale, sostenibilità economica ed efficienza della governance. Fatto 100 il “mondo ideale”, il GSCI, classifica l’indice percentuale raggiunto dai vari Paesi. La nuova edizione certifica, in media, che solo il 43,4 per cento della competitività sostenibile è stata raggiunta nel mondo. La Svezia si conferma al primo posto di questa particolare classifica ma con (solo) 59,6 punti; a dimostrazione che anche i Paesi più avanzati sono lontani dall’essere veramente sostenibili e competitivi. Seguono la Finlandia (59,4 punti), l’Islanda (59,2), e la Svizzera (59,1). Il Giappone, 12° con 55,3 punti, è l’unico Paese non europeo nella top 20, mentre la Germania (55 punti) si attesta al 15° posto, seguita dal Regno Unito (54,8). La Cina (51 punti) si piazza al 30° posto, grazie soprattutto al capitale intellettuale, superando per la prima volta gli Stati Uniti (50,9), scesi al 32° gradino e con basso punteggio in termini di efficienza delle risorse. In fondo alla classifica troviamo il Sudan, con un punteggio di 32,7, superato di poco dal Sud Sudan, con 33,1. E l’Italia? Nella classifica generale il nostro Paese si piazza al 24° posto, con un punteggio di 52,3: frutto di un misero 81° posto nell’indice del capitale naturale (45,4 punti), definito dalle risorse a disposizione e dal loro degrado o livello di esaurimento, e del 60° piazzamento (45,2 punti) nell’indice di efficienza e intensità delle risorse, che misura la gestione e il consumo delle risorse disponibili. Italia che ottiene invece un buon 15° posto (58,9 punti) nel capitale sociale, somma della stabilità sociale e del benessere, percepito o reale, dell’intera popolazione, e il 20° nel capitale intellettuale, basato su qualità e disponibilità dell’istruzione e attività di ricerca e innovazione (57,4 punti). Meno bene il piazzamento nell’indice di sostenibilità economica, che misura la capacità di generare ricchezza attraverso uno sviluppo economico sostenibile e inclusivo - il nostro Paese si attesta al 43° posto (46,3 punti) e nell’efficienza della governance, indice basato sulla performance del quadro normativo e del contesto infrastrutturale per facilitare la competitività, dove l’Italia non va oltre il 40° posto (60,6). E qui, per molti, non è una sorpresa.

  • In Polonia le aste premiano solo il solare

    Non siamo soli. Almeno per quanto riguarda l’andamento delle aste, che anche in Polonia non raggiungono i risultati sperati, aggiudicando solo 618 MW di energia da fonte rinnovabile. Un male comune, che testimonia come la strada verso la decarbonizzazione sia tutt’altro che in discesa. L’Ufficio di regolamentazione dell’energia del Paese baltico (URE) ha infatti annunciato che delle sette aste tenutesi a novembre 2023, solamente due hanno raccolto delle proposte. In particolare, l’asta per impianti fotovoltaici ed eolici con capacità fino a 1 MW ha visto aggiudicato meno dell’11 per cento della quantità totale offerta (11,25 TWh), per 413 milioni di zloty (circa 95.000 euro) a fronte di un valore totale di oltre 3,8 miliardi di zloty. Le offerte vincitrici, che hanno riguardato solo progetti fotovoltaici, consentiranno lo sviluppo di impianti per una capacità complessiva di 123 MW. L’asta dedicata a progetti sopra il 1 MW, che metteva in vendita un volume totale di elettricità di 21,75 TWh per un valore di 6,2 miliardi di zloty (circa 5 miliardi di euro), ha invece visto l’aggiudicazione di soli 4,7 TWh, pari al 22 per cento della quota offerta. L’esito dell’asta consentirà di sviluppare impianti fotovoltaici per una capacità totale di 471 MW e parchi eolici onshore per 24,5 MW. L’URE ha anche annunciato che cinque aste riguardanti lo sviluppo di impianti idroelettrici, geotermici, a biogas e a biomassa non si sono svolte a causa di offerte insufficienti. Nel corso del 2023 l’URE ha messo in vendita 88 TWh di energia rinnovabile, per un valore di oltre 40,8 miliardi di zloty; con le aste ne sono stati aggiudicati solo circa 6 TWh, pari al 6,8 per cento della quota offerta e un valore di poco inferiore ai 2 milioni di zloty. Il 98 per cento ha riguardato impianti fotovoltaici.

  • Cambio al vertice in E.ON Italia: Luca Conti è il nuovo CEO

    Dal 1 febbraio 2024 Luca Conti sarà il nuovo Chief Executive Officer di E.ON Italia. Succede a Frank Meyer, che ha ricoperto questo incarico da aprile 2021 e che lo terminerà il prossimo 31 gennaio per entrare nel Board of Management di Robert Bosch Gmbh. In azienda dal 2009, nel nuovo ruolo di CEO Luca Conti avrà la responsabilità e il compito di contribuire alla crescita del business di E.ON in Italia e al rafforzamento del percorso di transizione energetica del Paese, facendo leva sull’innovazione per mantenere una posizione primaria nel mercato. “Colgo con entusiasmo l’opportunità di assumere questo nuovo ruolo, in un’azienda della quale condivido pienamente obiettivi e valori. Affronto con entusiasmo la sfida di contribuire ulteriormente alla crescita di E.ON sul territorio”. Ringraziando Frank Meyer - che nel Gruppo E.ON ha lanciato il business della Future Energy Home - il nuovo Chief Executive Officer Luca Conti ha inoltre dichiarato: “Grazie al supporto di colleghe e colleghi di grande talento ed esperienza, E.ON Italia si impegnerà per continuare a essere il player più innovativo e sostenibile del mercato dell’energia, con il cliente al centro di ogni strategia”. “Sono onorato di passare il testimone a Luca Conti” - ha dichiarato Frank Meyer, CEO di E.ON Italia - “professionista di lunga data che si è distinto per impegno, responsabilità e per la capacità di instaurare una proficua collaborazione con i colleghi. Sono certo che anche in questo caso Luca farà leva sulla propria esperienza per far crescere l’azienda quale leading green company nel mercato italiano”. Prima di assumere il nuovo incarico di CEO, Luca ha ricoperto diversi ruoli: Chief Sales & Delivery Officer nell’aprile 2023, COO da dicembre 2021 e prima ancora Direttore Sales & Delivery per i segmenti residenziale, condomini e Piccola Media Impresa. E.ON - player internazionale  con 72.000 dipendenti nel mondo -  offre soluzioni di energia rinnovabile per rendere più efficienti e indipendenti abitazioni, condomini e aziende. Insieme agli oltre 900.000 clienti, E.ON vuole rendere l’Italia più green, impegnandosi concretamente per la riduzione dei consumi, dell’impatto ambientale e per la salvaguardia del Pianeta.

  • Trasporto marittimo, varato il primo traghetto elettrico del Portogallo

    Il percorso di decarbonizzazione nei trasporti prosegue in tutti i settori, anche in quello marittimo. In Portogallo è stato ultimato il primo traghetto elettrico del Paese, il ferry-boat Salicornia, interamente sviluppato nella nazione lusitana, largo 37 metri e lungo 10. Potrà trasportare 260 passeggeri e 19 veicoli, il 30 per cento in più della capacità di carico dei traghetti che andrà a sostituire nella tratta che collega São Jacinto e il Forte di Barra, a Ílhavo, nel distretto di Aveiro. Costato 7,3 milioni di euro, il ferry boat elettrico consentirà di evitare ogni anno l’emissione di 300 tonnellate di CO2 e una riduzione del 30 per cento del consumo energetico. Il progetto è stato cofinanziato con 2,5 milioni di euro dal programma PO SEUR (Operational Programme for Sustainability and Efficient Use of Resources), uno degli schemi della Portugal 2020 Strategy e dall’Unione Europea, attraverso il Fondo di Coesione. La nave traghetto Salicornia, che all’ultimo piano offre ai passeggeri una vista panoramica a 360°, sarà ora sottoposta a test di navigazione e carico prima del varo ufficiale ad Aveiro, città portoghese nota per la laguna e i suoi canali navigabili.

  • Stati Uniti, le pale eoliche preoccupano l’Air Force

    Lo sviluppo degli impianti di generazione rinnovabile, in particolare modo quelli eolici, spesso trova resistenze da parte delle comunità che abitano i territori prescelti per la loro realizzazione. Fattori paesaggistici e uso del suolo sono tra le maggiori criticità. Negli USA l’opposizione arriva anche dall’Esercito. L’Air Force ha chiesto al Congresso degli Stati Uniti di “proteggere le proprie basi missilistiche dalla proliferazione delle pale eoliche”. L’aeronautica statunitense teme infatti che il costante aumento delle turbine - di altezza e dimensione sempre maggiore - nei pressi delle basi militari renda pericolosi i voli, spesso effettuati a basse quote, degli elicotteri UH-1 Huey a controllo e difesa dei silos missilistici sotterranei. Senza dimenticare che le pale, quando sono in funzione, determinano anche rischiose turbolenze. In particolare, dei 450 siti di lancio presi in esame dall’Air Force, ben 46 - tra cui l’importante base aeronautica di Malmstrom, dove sono ubicati i missili balistici intercontinentali Minuteman III - sono gravemente disturbati dalla presenza di installazioni eoliche, tanto che l’aviazione militare ha dovuto chiudere più della metà delle rotte intorno a queste basi. Da qui la richiesta dell’Air Force di creare una zona cuscinetto di 2 miglia nautiche (circa 3,7 chilometri) intorno a ogni sito missilistico, presenti a centinaia tra Nebraska, Colorado, North Dakota, Montana e Wyoming. Da notare che alcune delle moderne turbine hanno torri che raggiungono quasi i 200 metri di altezza, con diametro del rotore di 112 metri.

  • Sostenibilità e indipendenza energetica: in Croazia al via nuovi progetti geotermici

    Stranamente trascurata nel nostro Paese, nei vicini Balcani la geotermia continua a essere al centro di nuovi progetti di riscaldamento sostenibile ed efficiente. In Croazia, si stanno sviluppando numerosi progetti per la produzione di energia elettrica e termica da fonti geotermiche, anche grazie allo strumento del partenariato pubblico-privato. A Bjelovar, nel nord del Paese, sarà realizzata una centrale geotermica da 16 MW, dopo che le esplorazioni hanno trovato acqua calda fino a una profondità di 1.500 metri con una temperatura compresa tra 70 e 80 gradi. Lavori di esplorazione che hanno richiesto un investimento di 3,5 milioni di euro, di cui 1,3 finanziati dal Ministero dello Sviluppo Regionale. Una volta in funzione, la centrale riscalderà la zona commerciale di Veliko Korenovo. A All’interno del territorio della città di Bjelovar, che ha l’obiettivo di diventare energeticamente indipendente entro dieci anni, sono stati individuati altri sei pozzi geotermici che saranno sfruttati per riscaldare case e uffici pubblici. Sempre in Croazia, nel distretto di Varaždin, è stata completata l’esplorazione del sito Kutnjak-1. Con un investimento di 2,5 milioni di euro, l’attività di perforazione ha permesso di trovare una sorgente di acqua geotermica a 2,4 chilometri di profondità, con una temperatura di 142 gradi. Kutnjak-1 si trova all’interno del campo geotermico Lunjkovec-Kutnjak, che si estende su 99 chilometri quadrati. Secondo il governo di Zagabria, lo sfruttamento del potenziale geotermico è fondamentale per l’indipendenza energetica del Paese quanto il terminale GNL sull’isola di Krk.

  • Idrogeno, la Germania stanzia 20 miliardi di euro per la rete

    L’idrogeno verde può essere una delle soluzioni per la decarbonizzazione; va tuttavia creata l’infrastruttura per poterlo trasportare e distribuire, una volta prodotto. A questo proposito, la Germania ha presentato un Piano per la realizzazione di una rete che si estenderà per 9.700 chilometri, attraversando tutto il Paese. La rete, che per circa il 60 per cento della sua lunghezza sfrutterà gasdotti adattati, ha una stima di costo di investimento pari a 19,8 miliardi di euro ed è progettata per raggiungere tutte le province federali con una capacità di 270 TWh, quasi tre volte la domanda tedesca di idrogeno prevista per il 2030, stimata tra 95 TWh e 130 TWh. La costruzione dell’infrastruttura dovrebbe iniziare nel 2024, dopo l’approvazione finale della Federal Network Agency, attesa per la fine del primo trimestre 2024 al termine di un periodo di consultazione durante il quale potrebbero essere apportate modifiche al progetto. La rete prevede anche la realizzazione di interconnessioni con i Paesi vicini e sarà completata in più fasi, con fine lavori stimata nel 2032. I primi flussi si dovrebbero registrare già nel corso del 2025. La Germania, che sta preparando un programma di incentivi ventennale per sviluppare l’industria dell’idrogeno, partecipa anche alla progettazione di gasdotti sotto il Mare del Nord e ha firmato con i Paesi Bassi una dichiarazione di intenti per installare entro il 2032 quattro interconnettori per l’idrogeno al confine tra i due Stati.

  • La transizione ecologica delle merci viaggia a bioGNL

    Per decarbonizzare il settore dei trasporti, e in particolare il trasporto pesante, non c’è solo la soluzione elettrica o il vettore idrogeno. Anche il biometano può fare la propria parte: la sua produzione è un esempio di applicazione dei principi dell’economia circolare e l’utilizzo di questo carburante contribuisce ad abbattere le emissioni di gas serra (oltre a dimezzare la quantità di biossido di azoto, rispetto all’impiego di gasolio). Il biometano è un gas prodotto tramite la digestione anaerobica - la degradazione senza l’impiego di ossigeno - di materie prime organiche di natura vegetale o animale, come scarti agricoli o rifiuti urbani. Grazie a un accordo con Edison Energia, società del gruppo Edison attiva nella vendita di energia elettrica e gas a famiglie e imprese, la flotta di mezzi pesanti del Gruppo Arcese sarà alimentata da biometano liquido (bioGNL). “Il bioGNL è un driver importante del percorso di decarbonizzazione per il nostro settore - ha commentato Emanuele Arcese, Global Vice President Road Freight FTL di Arcese. Il suo impatto in termini di riduzione delle emissioni è notevole, soprattutto nel trasporto su gomma”. La transizione ecologica di Arcese inizia alla fine degli anni ‘90, con scelte consapevoli seppur allora poco popolari, riducendo la propria flotta e scommettendo sull’intermodale ferroviario e short sea. Oggi, grazie all’accordo con Edison Energia, l’operatore logistico globale (conta oltre 2.800 dipendenti e 70 sedi nel mondo) compie un nuovo passo, a conferma della direzione scelta. “La combinazione di trasporto intermodale di lungo raggio e l’utilizzo di bioGNL per primo o ultimo miglio, per servizi espressi e di corto raggio - conclude Emanuele Arcese - ci consentirà di ridurre ulteriormente il nostro impatto in termini di emissioni, offrendo soluzioni ancora più green”. La flotta Arcese comprende 59 mezzi alimentati a GNL che, grazie a questo accordo strategico, da oggi potranno viaggiare utilizzando biometano. Edison, da parte sua, è un operatore completamente integrato lungo tutta la catena del valore del GNL e del bioGNL, combustibili che rappresentano una alternativa concreta all’impiego del gasolio per il trasporto pesante, a favore di una mobilità sempre più sostenibile. “L’accordo con Arcese conferma l’impegno di Edison Energia nella transizione verso combustibili meno inquinanti - ha dichiarato Davide Macor, direttore Mercato Business - Gas & Power Market Division di Edison Energia - a partire dal GNL e il metano, per arrivare ai corrispondenti prodotti generati da matrici organiche di scarto quali bioGNL e biometano. Il nostro obiettivo è di arrivare a coprire oltre 10 per cento dei volumi dei clienti business serviti con gas green entro il 2030”. Nel 2018 Edison è stato il primo operatore  in Italia a ritirare e vendere biometano per autotrazione e nel 2023, grazie anche ad accordi di ritiro bilaterali, i volumi distribuiti hanno superato i 100 milioni di metri cubi. A partire dal 2022 è iniziato il ritiro e la commercializzazione di bioGNL dedicato al trasporto pesante, prodotto da tre impianti con una capacità complessiva superiore a 4.000 tonnellate/anno. Il biometano è distribuito attraverso una rete di più di 400 stazioni di rifornimento, mentre GNL e bioGNL sono disponibili anche attraverso una apposita carta carburanti dedicata alle flotte delle società di logistica e trasporto.

  • Rinnovabili: 50 milioni di euro per la crescita di Elements (anche in Italia)

    Elements, produttore indipendente di energia da fonti rinnovabili, ha ottenuto un finanziamento da 50 milioni di euro per sviluppare progetti di generazione nel settore solare, eolico e idroelettrico. L’azienda, che ha diverse sedi in Francia (Montpellier, Parigi, Lione, Nantes, Bordeaux e Guadalupa) intende rafforzare la propria presenza a livello internazionale, in particolare in Italia, Finlandia e Germania, Paesi nei quali già opera. Oltre a Noria - l’azionista storico che ha rinnovato il proprio sostegno a Elements - al gruppo si sono aggiunti investitori che condividono la scelta di intraprendere azioni concrete per la transizione energetica: Bpifrance (attraverso il suo fondo France Investissement Energie Environnement 2), 8 filiali di Crédit Agricole coordinate da Sofilaro, OCCTE (attraverso il fondo OCCTE OCCIGEN) ed Enerfip. Il piano di investimento è pari a 900 milioni di euro per il periodo 2024-2030, con l’obiettivo di raggiungere 1 GW di potenza installata al 2030. In termini occupazionali, sempre per quella data Elements punta a raddoppiare il proprio organico, attualmente costituito da poco più di 100 dipendenti. “Per noi di Elements rappresenta un vero successo accogliere investitori che condividono il DNA dell’azienda: imprenditorialità, cooperazione, pragmatismo e gusto per l’intuitu personae” - questo il commento di Pierre-Alexandre Cichostepski, Loïc Chazalet e Grégoire Petit, soci di Elements, esprimendo soddisfazione per l’accordo raggiunto. L’ottenimento della somma dimostra la validità del modello di business proposto da Elements, che si basa su un approccio partecipativo allo sviluppo: condivisione degli investimenti, coinvolgimento degli enti locali, rispetto del territorio, dei suoi abitanti e delle biodiversità presenti. “Noria partecipa con una quota di circa il 30 per cento del valore, confermando il suo coinvolgimento come investitore di lungo termine in questa avventura imprenditoriale” ha dichiarato Christophe Guillaume, presidente di Noria. “Siamo lieti di aver sostenuto i fondatori nella costruzione di questo team di eccellenza e di questa strategia di crescita”. Fondata nel 2016 a Montpellier, Elements è un produttore di energia da fonti rinnovabili la cui mission è fornire elettricità a basse emissioni di CO2 da progetti greenfield. L’azienda fornisce soluzioni chiavi in mano nelle principali tecnologie rinnovabili (fotovoltaico, eolico, idroelettrico ad acqua fluente). Oltre all’impegno di ridurre le emissioni nella produzione di energia, Elements attua una politica di partecipazione azionaria dei dipendenti, che mira alla condivisione del valore della società nel lungo periodo.

  • IdrogeMO: anche Modena avrà la sua hydrogen valley

    Firmato da Hera e Snam il protocollo d’intesa per la creazione a Modena di un polo di produzione di idrogeno verde. Grazie al progetto IdrogeMO, la città emiliana diventerà uno degli esempi più completi di hydrogen valley in Italia. Secondo l’Hydrogen Roadmap Europe, in un percorso sostenibile per la transizione energetica europea l’idrogeno verde potrebbe coprire entro il 2050 fino al 24 per cento della domanda di energia del Vecchio Continente, permettendo di evitare l’emissione di 560 milioni di tonnellate di CO2. Ruolo determinante per la decarbonizzazione delle industrie, non solo quelle hard to abate, e dei trasporti pesanti e che trova conferma negli obiettivi strategici del nostro Paese, che punta ad avere 5 GW di capacità di elettrolisi al 2030. Per questo, la mission del PNRR Rivoluzione verde e transizione ecologica - componente energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile mette a disposizione 500 milioni di euro per lo sviluppo di 10 hydrogen valley attraverso la riqualificazione di aree industriali dismesse per la produzione di H2 per il trasporto locale e l’industria. Progetti che dovranno essere completati entro il 2026 e avere una capacità media tra 1 e 5 MW. A Modena, alla presenza del sindaco Gian Carlo Muzzarelli, il 12 dicembre 2023 è stato firmato il protocollo d’intesa per la creazione di un polo di produzione dell’idrogeno verde realizzato da Gruppo Hera e Snam fe che farà della città emiliana una degli esempi più completi di hydrogen valley in Italia. Il progetto IdrogeMO sarà sviluppato sul sito di una discarica esaurita, dove un parco fotovoltaico da 6 MW - di cui 1 MW di un innovativo impianto a pannelli galleggianti su uno specchio d’acqua - alimenterà un elettrolizzatore da 2,5 MW, supportato anche da una batteria. Una volta in funzione, potrà produrre ogni anno fino a 400 tonnellate di idrogeno verde. “Come multiutility - ha dichiarato Orazio Iacono, CEO del Gruppo Hera - siamo chiamati più di tutti a guidare il cambiamento nelle nostre città. Questo progetto, che sfrutta al meglio le risorse del PNRR  e non consuma suolo, rappresenta un vero ecosistema integrato”. L’H2 prodotto alimenterà 12 nuovi autobus dell’azienda di trasporto pubblico locale, oltre a essere fornito a imprese e industrie del territorio. “Non sappiamo quale sarà il mix energetico tra venti o trent’anni - ha sottolineato Iacono - ma l’idrogeno sarà senz’altro un protagonista della transizione energetica, anche del nostro Paese”. Il progetto, che prevede un investimento complessivo di 20,8 miliardi di euro, ha ricevuto un finanziamento di 19,5 milioni dalla Regione Emilia-Romagna, stanziato nell’ambito del PNRR, proprio per la sua rilevanza ai fini della decarbonizzazione del territorio. I lavori inizieranno nel 2024: il parco fotovoltaico sarà completato entro il 2025 e la hydrogen valley di Modena sarà pronta a dare il suo contributo al territorio nel 2026.

  • Transizione energetica, 75 milioni di dollari per Costa Rica e Isole Fiji

    L’obiettivo di un mondo carbon neutral necessità di ingenti risorse economiche. Per sostenere gli sforzi dei Paesi in via di sviluppo, il Climate Investment Fund (CIF) ha ora approvato due piani di investimento per oltre 75 milioni di dollari (68,7 milioni di euro) per l’adeguamento e lo sviluppo dei sistemi energetici di Costa Rica (45 milioni di dollari) e delle Isole Fiji (30,5 milioni di dollari). Lo stanziamento del CIF permetterà alla Costa Rica di potenziare la rete elettrica per consentire una maggiore flessibilità e di elettrificare i trasporti e l’industria. Grazie a questo contributo, il Paese centroamericano prevede di installare 724.000 contatori intelligenti, infrastrutture di ricarica che andranno a servire 185 autobus di linea e sostituire il 5 per cento delle 628 caldaie industriali attualmente alimentate a combustibili fossili. Interventi che permetteranno di evitare ogni anno l’emissione di 17.000 tonnellate di CO2 e una riduzione dei costi di servizio di 1,2 milioni di dollari l’anno. Il governo delle Isole Fiji utilizzerà il finanziamento per aumentare la capacità rinnovabile di 40 MW, in particolare con nuovi impianti fotovoltaici, per connettere alla rete elettrica 200.000 persone, compresi 7.000 abitanti delle isole più esterne, e per garantire l’accesso all’elettricità alle comunità rurali.  Azioni che dovrebbero consentire al piccolo Stato insulare - che ha l’ambizioso obiettivo di produrre il 100 per cento dell’energia da fonti rinnovabili entro il 2036 - di ridurre entro il 2026 le emissioni di CO2 di 50.000 tonnellate l’anno. Il Climate Investment Fund, attraverso i suoi Piani di finanziamento, punta a sviluppare 26 GW di nuova capacità rinnovabile nei Paesi in via di sviluppo, migliorare l’accesso all’energia per oltre 10 milioni di persone e fornire a 45 milioni di individui strumenti per meglio affrontare il cambiamento climatico.

  • Stati Uniti, dal DOE 1,3 miliardi di dollari per nuove reti

    Per sfruttare tutto il potenziale delle rinnovabili è fondamentale adeguare e sviluppare le infrastrutture di rete. Il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE) ha annunciato un finanziamento di 1,3 miliardi di dollari (quasi 1,2 miliardi di euro) a sostegno della realizzazione di nuove linee di trasmissione. Si tratta di tre progetti interregionali che si estenderanno su sei Stati e consentiranno di aggiungere quasi 3,5 GW di capacità alla rete. In particolare, la linea Cross-Tie da 1,5 GW collegherà i sistemi di trasmissione esistenti nello Utah e nel Nevada; la rete Southline, da 748 MW, collegherà la Contea di Hidalgo, nel New Messico, a quella di Pima, in Arizona consentendo lo sviluppo delle energie rinnovabili nel Sud del New Mexico e la fornitura di energia green ai mercati in crescita dell’Arizona. Infine, la linea Twin States Clean Energy Link da 1,2 GW, amplierà la capacità della rete del New England e consentirà l’esportazione di elettricità verso il Quebec, in Canada, in caso di surplus a seguito della prevista futura crescita dell’eolico offshore. È prevista una seconda tornata di finanziamenti per l’adeguamento delle infrastrutture di trasmissione nella prima metà del 2024. Il Dipartimento dell’Energia, che ha pubblicato uno studio sulle esigenze di trasmissione nazionale, stima che entro il 2035 il Paese dovrà più che raddoppiare la capacità di rete regionale esistente e quintuplicare quella interregionale, per consentire agli Stati Uniti il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2050.

  • Sostenibilità e PNRR: l’Italia è avanti (a sorpresa)

    La decarbonizzazione implicherà (anche) una profonda trasformazione del sistema elettrico, richiedendo non solo il rinnovo e l’ampliamento delle reti, ma anche una riflessione radicale sulla loro struttura. A livello mondiale, gli investimenti nelle infrastrutture di rete sono notevolmente inferiori rispetto a quanto necessario per raggiungere gli obiettivi di NetZero entro il 2050. La necessità di un cambiamento non solo quantitativo ma anche qualitativo dell’infrastruttura di rete è uno dei molteplici spunti emersi durante la presentazione del rapporto «Verso un’Italia sempre più sostenibile. Dal PNRR al PNIEC» realizzato dall’Istituto per la Competitività (I-Com), e curato dal direttore Area Sostenibilità Antonio Sileo nell’ambito dell’Osservatorio SostenibilItalia, l’iniziativa di monitoraggio promossa in partnership con A2A, Acea, Cobat, RWE e Unem sull’attuazione italiana del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Italia che sembra essere più avanti della media UE nell’esecuzione del PNRR: dei 191,5 miliardi di euro previsti, a novembre 2023 ha ricevuto circa 85,5 miliardi di euro, il 44,6 per cento delle risorse messe a disposizione. Le misure completate sono però meno di un terzo del totale, pari al 28 per cento; quota che scende al 26 per cento per i traguardi legati alla transizione verde. Ma in entrambi i casi - come detto, quasi a sorpresa - si tratta di valori superiori alla media di attuazione UE, pari al 13 e 12 per cento. Permangono, tuttavia, le difficoltà delle Amministrazioni pubbliche italiane nello spendere i fondi. E sebbene le fonti rinnovabili, l’elettrificazione dei consumi, l’autoconsumo, la mobilità elettrica e i sistemi di accumulo stiano assumendo un ruolo sempre più importante, richiedono tuttavia un’intensa interazione con la rete elettrica. Questo rimanda alla sfida delle smart grid, a cui il PNRR destina 3,61 miliardi di euro per il potenziamento e la digitalizzazione delle infrastrutture di rete, con una particolare attenzione alle regioni del Sud Italia e alle isole, dove negli ultimi anni si è verificato un aumento significativo delle richieste di connessione concentrate soprattutto nelle regioni a maggiore potenziale rinnovabile come Puglia e Sicilia. “L’incremento delle rinnovabili nella generazione elettrica, per quanto importante e impellente non riesce ad essere particolarmente rapido - ha sottolineato Antonio Sileo. Lentezze autorizzative, opposizioni locali e talvolta anche progetti inadeguati che ingolfano il sistema non permettono di fare miracoli”. Tra le nuove sfide per la rete rientra l’autoconsumo, visto come un’opportunità per rafforzare la resilienza del sistema elettrico, sia dal punto di vista della fornitura sia del prezzo. I dati mostrano un’espansione degli schemi di autoconsumo negli ultimi anni, con un aumento del numero di impianti e della potenza installata. Tuttavia, i ritmi non sono quelli sperati: le ragioni di questo collo di bottiglia sono legate a incertezze normative, difficoltà nell’accesso al finanziamento e alla poca familiarità dei cittadini rispetto all’autoproduzione energetica.

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