Ospitiamo su Pausa Energia gli Spiegoni FEEM, una proposta informativa nata con l’intento di spiegare alcuni temi connessi alla transizione energetica - cambiamento climatico, decarbonizzazione dei trasporti, finanza sostenibile - in modo semplice e preciso, grazie ad agili testi accompagnati da brevi video. Al lettore il giudizio sulla riuscita dell’iniziativa.
Esistono numerosi legami tra cambiamento climatico, migrazioni e conflitti. Il movimento di persone in risposta ai cambiamenti ambientali non è un fenomeno nuovo: si è infatti verificato per secoli con il variare delle stagioni, o a causa di rapide mutazioni climatiche dovute a fenomeni naturali - come le grandi eruzioni vulcaniche - o lente, come quelle legate a processi geologici.
Tuttavia, è solo negli ultimi due decenni che la comunità internazionale ha iniziato a riconoscere le implicazioni più ampie dei cambiamenti climatici e ambientali per la mobilità umana. Già nel 1990, il Panel Intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) aveva avvertito dell’impatto potenzialmente significativo del cambiamento climatico sulla migrazione umana, prevedendo che milioni di persone sarebbero state sfollate a causa di fattori quali l’erosione costiera, le inondazioni e la grave siccità.
Come previsto, negli ultimi due decenni a causa del cambiamento climatico l’incidenza dei disastri naturali è più che raddoppiata e l’aumento delle temperature, insieme agli eventi meteorologici estremi e allo sconvolgimento degli ecosistemi stanno rendendo meno abitabili alcune regioni del mondo, causando degrado dei terreni agricoli, desertificazione, inquinamento delle acque e siccità̀.
Questi fattori stanno aumentando la pressione sui flussi migratori interni ed esterni: si stima che il 53 per cento dei 60 milioni di sfollati interni registrati nel 2022 siano dovuti a disastri naturali. I primi cinque Paesi con il maggior numero di nuovi sfollati interni sono stati Pakistan, Filippine, Cina, India e Nigeria, con il 98 per cento dei 32,6 milioni di nuovi sfollati interni dovuti a disastri attribuiti a rischi legati alle condizioni meteorologiche, come tempeste, inondazioni e siccità.
Non esiste ad oggi una definizione legale universalmente accettata di migranti climatici e di migrazione climatica. Davanti ai tentativi di definizione, viene infatti spesso sollevata l’obiezione che non esiste una relazione diretta tra i due fenomeni, poiché il cambiamento climatico di per sé non provoca direttamente lo spostarsi delle persone. L’opposizione esistente ad una definizione unanime di migranti climatici nasconde anche in sé un forte motivo politico: il riconoscimento dei rifugiati climatici, infatti, avrebbe ricadute sulla popolazione di cui i sistemi di accoglienza nazionali dovrebbero occuparsi.
L’assenza di una definizione legalmente valida di migranti climatici, però, lascia un vuoto normativo sullo status giuridico di coloro che fuggono dagli effetti negativi dei cambiamenti climatici. Negli scorsi anni, al fine di inserire nell’agenda politica questo fenomeno, l’IOM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) ha sostenuto che, sebbene il legame tra cambiamento climatico e migrazioni non sia diretto, il primo aggrava le vulnerabilità esistenti e rende più difficile la sopravvivenza nelle aree più esposte, costringendo le persone a spostarsi alla ricerca di condizioni più favorevoli.
Su questa base, ha proposto la seguente definizione di migranti ambientali: “persone o gruppi di persone che, a causa di un cambiamento improvviso o progressivo dell’ambiente che influisce negativamente sulle loro condizioni di vita, sono obbligati o scelgono di lasciare le loro residenze abituali, temporaneamente o permanentemente, e si spostano all’interno del loro Paese o all’estero”.
Inoltre, sebbene i ricercatori siano generalmente d’accordo sul fatto che il cambiamento climatico non porti direttamente ad un aumento dei conflitti armati, è ampiamente riconosciuto che potrebbe aumentarne il rischio indirettamente, intensificando la competizione per le risorse, riducendo la prosperità economica, aumentando i flussi migratori e creando sfide alla sicurezza. Inoltre, nelle aree già colpite da conflitti, i cambiamenti del clima possono esacerbare e prolungare la violenza, indebolendo le istituzioni e i meccanismi di adattamento della popolazione.
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