Le interviste FEEM alla COP28. Una proposta informativa interessante, per spiegare la transizione energetica in modo semplice, grazie ad agili testi accompagnati da brevi video. Valeria Zanini ha intervistato Avinash Persaud, Inviato Speciale per il Clima delle Barbados, consigliere del Primo Ministro Mia Mottley e una delle menti principali dietro la Bridgetown Initiative, la più importante iniziativa di riforma finanziaria climatica dentro l’UNFCCC.
Durante la COP28, il Global Stocktake (GST) - il primo bilancio globale dei progressi collettivi nella direzione del raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi del 2015 - ha concluso che l’azione climatica è ancora fortemente insufficiente a livello globale.
Una delle ragioni per cui globalmente non si fa abbastanza sia in termini di mitigazione sia di adattamento è la mancanza di finanziamenti. La trasformazione ecologica e l’aumento della resilienza ai cambiamenti climatici sono infatti attività ad alta intensità di capitale. Per questo, l’azione climatica ha visto fino ad oggi un’accelerazione molto più forte nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo, dove il costo del capitale è generalmente molto elevato.
Secondo Avinash Persaud - Inviato Speciale per il Clima delle Barbados, consigliere del Primo Ministro Mia Mottley e una delle menti principali dietro la Bridgetown Initiative, la più importante iniziativa di riforma finanziaria climatica dentro l’UNFCCC - per colmare il divario tra i fondi necessari per la transizione ecologica dei Paesi a basso reddito (stimati in 2,4 mila miliardi di dollari l’anno) e quelli attualmente stanziati globalmente (circa 200 miliardi) bisogna dividere gli investimenti climatici in tre gruppi: i progetti che generano entrate; quelli che non generano entrate, ma risparmi; e quelli che non generano né entrate né risparmi, ma implicano dei costi.
A coprire questi tre gruppi di investimenti devono essere attori diversi. Più della metà dei 2,4 mila miliardi di dollari annui necessari per la transizione genereranno entrate, e dovranno quindi essere mobilitati dal settore privato. Un’altra parte non genererà entrate, ma risparmi (nell’ordine di 1 a 7: per ogni dollaro speso oggi per l’adattamento climatico, se ne risparmieranno 7 in futuro) e andrà quindi presa in prestito dalle Banche Multilaterali di Sviluppo, usando i risparmi per pagare gli interessi. Della terza parte, in crescita, che comprende principalmente le spese per coprire le perdite e i danni che ammontano oggi a circa 150 miliardi di dollari l’anno, dovrà essere responsabile il settore pubblico, perché queste spese non genereranno entrate né risparmi.
Per arrivare alla giusta dimensione di investimenti privati sono necessari tre gruppi di riforme. Da un lato, incentivi e misure normative che guidino l’allineamento dei flussi finanziari privati con l’azione climatica, anche tramite sistemi che coprano il premio di rischio per gli investitori che portano i propri capitali nei Paesi in via di sviluppo per i progetti verdi.
Questo però non equivale a dire che tutta la finanza per lo sviluppo debba essere indirizzata verso progetti a basse emissioni di carbonio. I Paesi in via di sviluppo, infatti, sono i più esposti agli effetti del cambiamento climatico e hanno quindi bisogno di ingenti investimenti per progetti di adattamento, che spesso non sono a basso contenuto di carbonio.
In secondo luogo, è necessario che le Banche di sviluppo siano tre volte più grandi (triplicando i circa 100 miliardi di dollari che attualmente prestano). Metà dell’incremento dei fondi necessario dovrà venire da nuovo capitale che i governi dovranno versare nei prossimi dieci anni; l’altra metà, circa 100 miliardi, possono invece essere raccolti cambiando le modalità di prestito delle Banche di sviluppo, sostituendo i prestiti individuali con portafogli di prestiti e utilizzando in modi innovativi i Diritti Speciali di Prelievo (DSP) del Fondo Monetario Internazionale, al fine di massimizzare il loro impatto sul clima e mantenendo i propri vantaggi come fonte di liquidità priva di condizionalità e di debito.
Con questo fine, la Bridgetown Initiative spinge sulla ristrutturazione delle Banche Multilaterali di Sviluppo e sulla ristrutturazione intelligente del debito dei Paesi più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici, nell’ambito di un programma del Fondo Monetario Internazionale che sia legato alla decarbonizzazione e più favorevole verso i Paesi debitori.
Infine, per raggiungere la cifra necessaria nel settore pubblico, Persaud suggerisce che servono nuove forme di entrate, come ad esempio una tassa sulle emissioni del trasporto marittimo o una sull’aviazione.
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