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Il carbone non si tocca: retromarcia della Bulgaria sulle emissioni

Nonostante il Piano nazionale di ripresa e resilienza abbia già avuto il benestare della Commissione europea, che ha messo a disposizione 6,3 miliardi di euro, il Parlamento bulgaro - quasi all’unanimità - ha votato un emendamento per far sì che il Governo intraprenda tutte le azioni necessarie per abbandonare l’obbligo di ridurre le emissioni derivanti dalla produzione di energia del 40 per cento entro il 2025.

Un’azione necessaria per mantenere in funzione le centrali a carbone che dovrebbero poter operare senza restrizioni per garantire la sicurezza energetica del Paese in un contesto di crisi su scala globale; impianti che ancora oggi producono circa il 50 per cento del fabbisogno elettrico della Bulgaria. Una scelta ribadita nella Strategia energetica al 2053 presentata dal Governo di Sofia, che prevede di mantenere in funzione le centrali a carbone fino al 2030 in concomitanza con lo sviluppo di progetti solari, eolici, idroelettrici e di storage, oltre all’incremento della produzione nucleare.


Il documento prevede infatti 7 GW di nuova capacità solare e 2 GW di eolico entro il 2030, a cui si sommano altri 12 GW di solare e 4 GW di capacità eolica entro il 2050. Sono inoltre previsti per il 2030 nuovi progetti idroelettrici per 870 MW (1,27 GW entro il 2050). Lato idrogeno, si punta a 1 GW di elettrolizzatori entro il 2030 e di 5 GW al 2050. Importante anche la prospettiva di sviluppo dell’energia nucleare, con 2 GW di nuova capacità nella centrale di Belene N entro il 2035 e altri 2 GW presso l’impianto di Kozloduy entro il 2045.


La Strategia al 2053 prevede inoltre l’ammodernamento delle linee di trasmissione esistenti e l’installazione di 1.000 stazioni di ricarica per veicoli elettrici entro il 2030. Rimane comunque difficile la rinegoziazione con la UE.

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