Dopo un anno in cui una infernale spirale al rialzo ha portato a quotazioni del gas insostenibili, abbiamo avuto un improvviso raffreddamento dei prezzi che, stando ai futures, sembrano stabilizzarsi nei prossimi mesi. Sarebbe tuttavia un errore pensare che la crisi energetica sia avviata a conclusione e che sia prossimo un ritorno alla normalità.
Un monito che arriva dalla sagace penna di Giuseppe Gatti, editorialista di Nuova Energia. “Dobbiamo rielaborare le nostre mappe mentali e saper guardare con occhi nuovi una realtà profondamente mutata nei suoi elementi strutturali, economici e geopolitici”.
Pur ridimensionati - spiega Gatti - i prezzi attesi per il 2023 e il 2024 non ci riportano comunque allo stato precedente alle due crisi vissute negli ultimi tre anni. È infatti difficile che nei prossimi anni i prezzi possano scendere sotto i 40 euro/MWh, a cui corrisponde un costo dell’energia elettrica sui 100 euro/MWh.
Ma questa è solo la prima conseguenza del cambiamento strutturale che le scelte di Putin hanno prodotto sui mercati dell’energia, e in particolare su quello del gas. L’Occidente ha infatti dovuto rendersi il più rapidamente possibile autonomo dalle forniture russe, che non riprenderanno nemmeno se la guerra in Ucraina avesse termine nel breve periodo.
“La sostituzione del gas russo richiede una nuova struttura della logistica: vi sono potenziamenti di gasdotti esistenti, fattibili ma con tempi non immediati, come nuove pipeline già in progetto per sfruttare i giacimenti nel Mediterraneo, tra Cipro e Israele. Nell’immediato, però, l’unica vera alternativa è il gas liquefatto: il GNL sarà per diversi anni il dominus del mercato del gas”.
Nonostante si continui a proclamare la priorità assoluta delle rinnovabili - conclude Gatti - la stabilità del sistema elettrico per diversi anni ancora rimarrà infatti affidata al termoelettrico, cioè oggi al gas.
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