L’aggressione contro l’enclave armena del Nagorno Karabakh ha aperto nuovi capitoli al già non semplice scenario geopolitico e al problema della sicurezza energetica. Intreccio dovuto al taglio degli approvvigionamenti dalla Russia e che vede ora l’Azerbaigian - uno dei fornitori di gas naturale della UE - colpevole di nuovi crimini verso la minoranza armena.
Sanzionare il governo di Baku o “piegarsi” alla realpolitik? Un’attenta analisi viene presentata da Giuseppe Gatti, editorialista di Nuova Energia. “Non c’è solo il ruolo giocato in questi mesi dal gas azero a pesare sulle valutazioni politiche in ordine alle misure da adottare a fronte della soluzione violenta con cui Baku cerca di chiudere il contenzioso con l’Armenia”.
Pesa non meno la prospettiva, segnata dal Memorandum of Understanding, firmato a luglio dello scorso anno tra UE e Azerbaigian, per il raddoppio al 2027 della capacità logistica e il passaggio delle forniture all’Europa a 20 miliardi di Smc. Bruxelles sembra infatti voler ripiegare su più morbide proteste diplomatiche, nella speranza di poter gestire una conciliazione tra le parti.
“Sull’altare della realpolitik - sottolinea Gatti - rischiamo così di sacrificare le ragioni fondanti dell’Europa, la legge morale che motiva e nutre la nostra Unione”.
Anche perché la preoccupazione di Bruxelles di non irritare Baku non pare avere un solido fondamento. “I 12 miliardi di metri cubi di gas che arrivano con il TAP sono sempre utili - conclude Gatti - ma non più indispensabili e l’Azerbaigian non può facilmente rinunciare a queste entrate dopo gli investimenti fatti”.
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