Per raggiungere i propri ambiziosi obiettivi climatici l’Europa punta molto anche sullo sviluppo dell’energia da fonte eolica, in particolare offshore. Un auspicato e atteso incremento che tuttavia rischia di scontrarsi con la difficoltà dei produttori di torri eoliche di soddisfare la crescente domanda.
Questo lo scenario disegnato nello studio di Rystad Energy, società indipendente di analisi e consulenze nel settore energetico, che vede nel 2028 il punto di rottura tra domanda e capacità produttiva.
Un disallineamento non dovuto alla mancanza di acciaio, materiale con cui sono realizzate le torri, ma per l’insufficienza dei siti produttivi. In particolare, se nel 2028 si arriverà a un primo deficit tra domanda e offerta, nel 2029 la richiesta di acciaio per la costruzione di pali per l’eolico offshore supererà 1,7 milioni di tonnellate, a fronte di una capacità produttiva stimata non superiore a 1,3 milioni. La produzione potrà soddisfare solo il 70 per cento circa della domanda.
Per gli analisti è necessario realizzare nuovi siti produttivi entro i prossimi due anni, dal momento che ce ne vogliono circa tre per la costruzione di impianti aggiuntivi, che dovranno tener conto anche della necessità di costruire torri sempre più grandi per l’aumentare delle dimensioni dei rotori. Secondo Rystad Energy, infatti, il 50 per cento delle turbine che saranno installate tra il 2029 e il 2035 avrà capacità superiore a 14 MW, con alcuni impianti addirittura da 20 MW previsti all’inizio del 2030.
Attualmente Spagna e Danimarca sono leader in Europa per la fornitura di torri eoliche offshore, coprendo quasi il 90 per cento della produzione continentale.
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