I problemi legati al cambiamento climatico hanno portato grande attenzione alle fonti rinnovabili, eolico e solare soprattutto. Non può dirsi altrettanto per la geotermia, almeno in Italia, nonostante le sue peculiarità strategiche, come la continuità e programmabilità e la varietà di applicazioni.
Un’analisi del potenziale geotermico italiano, anche alla luce della grande occasione che sembrano offrire le comunità energetiche, è proposta su Nuova Energia da Claudia Troise e Giuseppe De Natale, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Napoli.
“La geotermia - sottolineano i due ricercatori INGV - è stata praticamente trascurata. Un po’ perché se ne era ormai perso il ricordo e l’esperienza diffusa, un po’ perché circondata da un’aura di sospetto e di fake news catastrofiste”.
Il nostro Paese è stato leader assoluto della tecnologia geotermica per quasi 50 anni, lasciando poi la leadership agli USA, che superarono la produzione di Larderello-Amiata con i grandi impianti nell’area di The Geyser.
“Purtroppo negli ultimi decenni - spiegano Troise e De Natale - a fronte di un grande sviluppo da parte di molti Paesi, la geotermia italiana è rimasta confinata nell’area toscana e attualmente siamo solo settimi nel mondo per produzione elettrica da fonte geotermica”.
Tra le aree italiane più ricche di risorse geotermiche troviamo quelle vulcaniche napoletane, in particolare i Campi Flegrei e Ischia; due zone dove, secondo i calcoli dell’INGV, il potenziale geotermico totale è di almeno 17 GWt.
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