Tecnologie e investimenti non mancano. Ma bisogna cambiare le regole se vogliamo che l’Italia non viaggi a una velocità diversa dal resto dell’Europa.
Le rivoluzioni, si sa, hanno sempre avuto inizio da crisi, che fossero sociali, politiche o economiche. Anche oggi, se i vari Fit for 55 e PNR nazionali stanno uscendo dalla forma di semplici propositi scritti e si assiste a una accelerazione nella presentazione e avvio di nuovi progetti per la generazione rinnovabile, lo si deve - purtroppo – alla crisi esplosa in tutta la sua forza con il conflitto russo-ucraino.
Il nostro Paese dopo anni di comitati del no, sindromi Nimby e Nimto (Not in my terms of office), necessita ancor di più di una spinta per mettere a terra tutto il potenziale rinnovabile e le nuove norme varate dal Governo per semplificare l’iter autorizzativo sono un primo importante passo per far tornare in Italia anche i tanti operatori stranieri pronti a investire.
Come BNZ, nuovo operatore fotovoltaico per il mercato del Sud Europa del fondo Glennmont (leader europeo nella gestione dei fondi per l’energia green), che per sviluppare i diversi progetti in cantiere nel nostro Paese ha pensato di costruire un modello di business ad hoc per il mercato italiano, proprio per adattarlo alla nostra complessità normativa. Modello che presuppone, tra l’altro, accordi con le varie parti per coordinare le attività e collaborare sulle connessioni di rete, per identificare i territori in cui stabilire queste connessioni e scegliere la squadra che implementerà le sottocentrali elettriche, che devono essere il più possibile connesse sul territorio.
“Diversi studi – ha dichiarato Francesco Filiberto, Head Solar Development di BNZ - hanno evidenziato come in Italia l’installazione di nuovi impianti rinnovabili sia rallentata a causa della burocrazia. Così, per trarre vantaggio dalle opportunità che si stanno delineando nel Paese, i player del settore delle FER devono adattare il più possibile il proprio modello di business sulla base delle specificità del mercato nazionale, anche a livello normativo”.
Non mancano aspetti positivi nel quadro normativo italiano rispetto ad altri Paesi dell’Europa meridionale, come la procedura di autorizzazione al TSO, ma sempre tanti (troppi) sono invece ancora i svariati ricorsi, causati proprio dalla complessità delle norme, che spesso causano ritardi nella realizzazione degli impianti.
“Un importante fattore di differenziazione all’interno del mercato italiano – continua Francesco Filiberto - rispetto agli altri Paesi del Sud Europa, è relativo al fatto che l’opinione dei singoli Comuni è largamente presa in considerazione all’interno del singolo processo di autorizzazione; per esempio, questo non accade in Portogallo, dove il Sindaco può direttamente decidere di autorizzare o meno un progetto. Il contesto italiano permette di creare comunità energetiche locali che comprendono diverse amministrazioni sul territorio: questo ci permetterebbe di contribuire all’economia locale, purché si possa arrivare a un accordo per avere l’autorizzazione con più facilità”.
Semplificazioni che potrebbero consentire un più rapido sviluppo di tutto il mercato energetico, a partire da un maggiore utilizzo dei Power Purchase Agreement (PPA), che sono in continua crescita in mercati avanzati come quello tedesco, britannico e spagnolo. O lo sviluppo dei cosiddetti impianti fotovoltaici ibridi, che integrati all’accumulo a batteria permettono interessanti soluzioni di stoccaggio consentendo di sfruttare al meglio l’energia prodotta supportando la stabilità della rete.
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