Fin dall’inizio dei lavori per sua costruzione, nel 2011, la Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD) è stata al centro di diverse diatribe tra i Paesi promotori del progetto: Egitto, Sudan ed Etiopia.
Ora, dopo gli accordi del 2015 che avevano temporaneamente risolto le controversie, sembra che gli attuali negoziati siano riusciti a portare alcuni importanti risultati tanto che, finalmente, si possa prevedere in tempi non lunghi il raggiungimento di un accordo vincolante.
La Grand Ethiopian Renaissance Dama è la più grande diga africana; lunga 1.800 metri, alta 170 m e con un volume complessivo di 10,4 milioni di m3, il progetto è stato affidato alla società italiana Salini e ha un costo stimato di 37 miliardi di euro. La diga ha due centrali elettriche con una potenza installata totale di 6.000 MW e una produzione stimata di 15.000 GWh all’anno, e contribuirà ad evitare l’emissione di 2 milioni di tonnellate di CO2 all’anno.
La disputa sulla GERD, il cui contenzioso principale riguarda la velocità di riempimento del bacino, è solo l’ultimo e più intenso confronto diplomatico sull’uso delle acque del fiume Nilo.
Sarà ora compito dell’Unione Africana cercare di prevenire futuri conflitti aiutando i Paesi in causa a raggiungere un accordo globale, a livello di bacino, sulla sua gestione e su un uso equo delle acque.
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