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Energia e clima: le parole di Trump hanno un impatto ambientale?

POLITICA ENERGETICA

Nell’era di Donald Trump, rieletto Presidente degli Stati Uniti d’America, le preoccupazioni per il clima e l’energia non sono mai state così accese. Noto per il suo scetticismo verso le iniziative green, già in campagna elettorale Trump aveva promesso di fermare gli incentivi previsti dall’Inflation Reduction Act (IRA). E appena eletto, ne ha subito sospeso l’applicazione. Ma quanto sarà pragmatico, considerando suoi principali alleati l’economia USA e il lavoro?

Trump energia clima

Lo stop agli incentivi per le fonti energetiche rinnovabili (FER) previsti dall’Inflation Reduction Act rappresenta però per il Presidente una sfida a più livelli. La misura dovrà infatti affrontare il necessario iter legale e amministrativo. Prima di tutto, bisognerà determinare quali incentivi possono essere effettivamente fermati e quali è sensato fermare.

 

Stop a progetti in gran parte già finanziati? O a quelli che hanno preso FID (Final Investment Decision, la fase più critica e cruciale nei grandi progetti energetici perché apre i finanziamenti per il progetto e ne inizia l’esecuzione) assegnando contratti e impegnando fornitori domestici? Per tacere delle cause legali che ne seguiranno… Tutto ciò richiederà un’analisi dettagliata dello status quo. E questo potrebbe notevolmente rallentare l’attuazione delle misure di Trump.

 

Ma il vero campo di battaglia sarà politico. Riuscirà Trump a mantenere il consenso degli elettori, soprattutto in un’epoca in cui le fonti rinnovabili - ovvero energia e clima - non sono più solo una questione ambientale, ma anche economica e sociale?

 

Nonostante l’avversione dichiarata per alcune attività, Trump potrebbe adottare un approccio più pragmatico. Se le iniziative sono economicamente sostenibili e generano posti di lavoro, fermarle completamente potrebbe rivelarsi controproducente. Insomma, pragmatismo green: un impasto equilibrato di sostenibilità e creazione di posti di lavoro.

 

Alcune aree chiave meritano infatti una considerazione particolare. Batterie e accumuli, per esempio, cruciali per la stabilità della rete elettrica e per l’integrazione delle rinnovabili. Queste tecnologie potrebbero vedere un’applicazione selettiva degli stop, evitandone un blocco totale. O le FER a grid parity: con il solare ormai competitivo con le fonti fossili, giustificare uno stop agli incentivi diventa difficile. Anche nel comparto automobilistico, con un mercato in crescita che rappresenta innovazione e posti di lavoro, fermare completamente gli incentivi alla mobilità elettrica potrebbe non essere pragmatico. L’economia parla chiaro.

 

C’è inoltre un paradosso nelle politiche dell’America First. Molte delle istanze dell’Amministrazione conservatrice, interessata a proteggere gli interessi nazionali, si rivelano coerenti con alcune delle iniziative promosse dall’IRA. L’incremento della produzione domestica di terre rare, la tutela dell’industria automobilistica (elettrica) e siderurgica (green), il mantenimento della leadership tecnologica per la produzione di combustibili di nuova generazione per lo spazio e per l’industria militare, sono tutte finalità perfettamente in linea con lo slogan trumpiano America First.

 

Dunque, non ci sarebbe da sorprendersi se, in questo contesto, molte delle iniziative dell’IRA potrebbero continuare a essere incentivate, non tanto per le loro finalità ambientali ma per il loro contributo allo sviluppo industriale e alla sicurezza nazionale. Il pragmatismo economico e la creazione di posti di lavoro potrebbero finire per sconsigliare un blocco tout court di queste misure, garantendo che gli obiettivi di Trump siano comunque raggiunti.

 

Conclusione: tempesta in un bicchier d’acqua? Le dichiarazioni di Trump hanno senz’altro generato preoccupazioni, ma l’effettiva implementazione delle sue politiche sarà arginata dagli ostacoli legali, amministrativi e politici. Il pragmatismo economico potrebbe portare a un’applicazione selettiva degli stop agli incentivi, mitigando gli effetti negativi sulle attività green. La tanto temuta traversata nel deserto potrebbe rivelarsi meno drammatica del previsto, con molte iniziative verdi che continueranno a prosperare.

 

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