Avere una casa a Venezia è un sogno nel cassetto che presto, purtroppo, potrebbe diventare tale anche per i veneziani stessi. Ogni anno più di mille abitanti lasciano Venessia per lidi più stabili e meno lagunari, con una lenta ma decisa emorragia che si prevede porterà allo spopolamento completo in poco meno di 10 anni.
Risiedere su un’isola richiede un certo allenamento anche per gli autoctoni che ci abitano da generazioni. Nel caso di Venezia la conformazione geografica della città, che la rende così unica nel suo genere, porta con sé ulteriori difficoltà che toccano ogni aspetto della vita quotidiana. In una giornata qualunque andare dalla stazione ferroviaria a piazza San Marco richiede 45 minuti tra ponti, sottoporteghi gremiti di turisti, labirinti di strade e piazze. Il tutto rigorosamente a piedi e venendo accompagnati nelle diverse stagioni da pioggia, sole cocente, acqua alta, Carnevale e tanti tanti visitatori… Quindi gambe in spalla, o si potrebbe dire “gambe in calle”, come sono chiamate qui le strette stradine che serpeggiano in ogni direzione.
Venezia ha comunque un fascino intramontabile che richiama ogni anno milioni di persone che arrivano a visitare i sestrieri (i 6 quartieri in cui è suddivisa la città). Questo significa lunghe code, vaporetti strabordanti, calche nei negozi che si fanno sempre più turistici e meno di vicinato. Il turismo però porta bene, alimentando l’economia cittadina e assicurando agli abitanti un introito certo, una volta entrati a far parte del circolo degli affitti, Airbnb e affini. Chi trova un appartamento a Venezia trova un tesoro.
Tutto questo sembra ormai una lontana realtà, con la trasformazione della Serenissima in un deserto dei Tartari. L’alto costo della vita, i difficili spostamenti, l’importante numero di turisti ha fatto sì che nel tempo sempre più residenti si trasferissero in terra ferma.
Quest’anno i problemi si sono esasperati con la pandemia di Covid, che ha fortemente scoraggiato (per usare un eufemismo) il soggiorno di turisti e studenti universitari, e un clima poco climatico contraddistinto da un maltempo continuo e un’acqua alta straordinaria che già in condizioni normali avrebbe messo in crisi commercianti e albergatori (difficile tenere aperto con frigoriferi, scaffali e sedie brombi, bagnati fradici). Le polemiche sul MOSE - il sistema di dighe mobili pensato per proteggere dall’acqua alta stagionale - hanno inasprito una situazione che, è il caso di dirlo, fa acqua da tutte le parti.
Il 2030 si prospetta ancora più infausto del 2020, dato che potrebbe essere ricordato come l’anno del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione previsti dall’Europa, ma anche come quello del totale declino della popolazione veneziana previsto dagli studi demografici.
Sposiamo la speranza e confidiamo nei “venesiani, gran signori”: se sono riusciti a ricavare un gioiello di città da una laguna paludosa, hanno la tempra e lo spirito giusto per trasformarla in qualcosa di nuovo e uscire rinnovati da questa drammatica crisi.
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