Uno degli Stati più avanti nella strada verso la decarbonizzazione, anche grazie alle sue doti naturali, è l’Islanda, dove già ora l’85 per cento della fornitura di energia primaria e quasi l’intera produzione di elettricità proviene da fonti rinnovabili, soprattutto geotermiche e idroelettriche.
Nonostante questo, gli obiettivi della premier Katrin Jakobsdottir sono sempre più ambiziosi e puntano a ridurre le emissioni del 55 per cento entro il 2030 e a dare uno stop alle licenze per le esplorazioni petrolifere. Per raggiungerli, l’Islanda potrà ora fare affidamento su un nuovo prestito di 20 milioni di euro della Council of Europe Development Bank (CEB), destinato a investimenti per migliorare le condizioni di vita nelle aree urbane e rurali attraverso l’ammodernamento delle infrastrutture e dei servizi pubblici, compresi gli impianti di produzione e distribuzione di energia, e a investimenti per l’efficientamento energetico.
Inoltre, almeno il 50 per cento del prestito della CEB dovrà essere destinato a progetti che porteranno benefici ambientali, contribuendo così alla cosiddetta finanza verde.
“Tramite la componente riguardante la protezione dell’ambiente – ha dichiarato Rolf Wenze, governatore della CEB - il prestito sosterrà anche l’attuazione del Piano d’azione per il clima islandese emesso nel 2020”.
Istituita nel 1956, la Council of Europe Development Bank concede prestiti ai suoi Stati membri, alle istituzioni finanziarie e alle autorità locali per il finanziamento di progetti nel settore sociale e ambientale. Membro fondatore della CEB, l’Islanda ha già ricevuto fondi per 40 milioni di euro per la protezione dell’ambiente.
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